Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 15 gennaio 2018, n. 1456. Non integra il delitto di l’infedele attestazione la condotta del privato che attesti falsamente, con dichiarazione diretta al sindaco, l’inizio o l’ultimazione dei lavori di un fabbricato, considerato che tale dichiarazione non è destinata a confluire in un atto pubblico

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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va premesso punto, che le Sezioni Unite di questa Corte hanno ritenuto configurabile il delitto di falsita’ ideologica commessa da privato in atto pubblico (articolo 483 c.p.) solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all’atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, cosi’ collegando l’efficacia probatoria dell’atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero (cosi’ S. U, n. 28 del 15/12/1999, Gabrielli, Rv. 215413; Conf. S.U.n. 29/2000 del 15 dicembre 1999, Fanciulli e S.U. n. 30/2000 del 15 dicembre 1999,PM in proc. Bertin, non mass.). Piu’ di recente, e’ stato ribadito che la fattispecie di cui all’articolo 483 c.p., sussiste qualora l’atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato e’ trasfusa, sia destinato a provare la verita’ dei fatti attestati e, cioe’, quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all’atto-documento nel quale la dichiarazione e’ inserita dal pubblico ufficiale ricevente (cfr. Sez.5, n. 18279 del 2/4/2014, Scalici, Rv. 259883). Infatti e’ orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimita’, in tema di falsita’ documentale, quello in base al quale va escluso che una scrittura privata o un altro documento “ah origine” non costituente atto pubblico possa essere considerato tale in virtu’ del solo suo collegamento funzionale ad un atto amministrativo, per effetto dell’inserimento di esso nella relativa pratica dell’iter consequenziale occorrente per il provvedimento finale.
2. Il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico contestato sussiste, cioe’, quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all’atto-documento nel quale la sua dichiarazione e’ stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente (in tal senso: Sez. 2, n. 4970 del 12/01/2012, Yu, Rv. 251815). Mentre e’ stato escluso che integri tale delitto la condotta del privato (nella specie proprietario e costruttore di un edificio) che attesti falsamente, con dichiarazione diretta al sindaco, l’ultimazione dei lavori di un fabbricato, considerato che tale dichiarazione non e’ destinata a confluire in un atto pubblico e, quindi, a provare la verita’ dei fatti in essa attestati, mentre la fattispecie criminosa di cui all’articolo 483 c.p., e’ configurabile solo nel caso in cui una specifica norma giuridica attribuisca all’atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale (cosi’, ex multiis, Sez. 5, n. 19361 del 13/02/2006, Caccuri, Rv. 234538).
3. Nel caso di specie la comunicazione di inizio attivita’ non era destinata ad essere incorporata in alcun atto redatto da un pubblico ufficiale che avrebbe avuto tale valenza. A tale proposito va anzi osservato che le comunicazioni di inizio e fine lavori hanno lo scopo di agevolare l’accertamento, da parte dell’amministrazione comunale, dell’inizio e del completamento dell’intervento edilizio nei termini e consentire una tempestiva verifica sull’attivita’ posta in essere e non rappresentano, quindi, una semplice formalita’ amministrativa, bensi’ di un adempimento strettamente connesso ai contenuti ed alle finalita’ del permesso di costruire ed agli obblighi di vigilanza imposti dall’articolo 27 e segg. del Testo Unico dell’edilizia (si veda, sul punto: Sez. 3, n. 19110 del 9/4/2013, Vani, non mass.).

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