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(OMISSIS), la (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS), la (OMISSIS) s.p.a. resistono con controricorso.

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato autonomi controricorsi contenenti anche ricorso incidentale (articolato in cinque motivi per il (OMISSIS), in quattro motivi per il (OMISSIS)) nonche’ memorie illustrative ex articolo 378 c.p.c..

I ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) a loro volta hanno depositato controricorso per resistere al ricorso incidentale avversario.

Altresi’ i controricorrenti. (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a. hanno depositato controricorso in relazione al ricorso incidentale dei dott. (OMISSIS) e (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale dei fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS).

1.a. Ammissibilita’ del ricorso. Il ricorso principale e’ caratterizzato da una tecnica espositiva piuttosto confusa e ripetitiva, in cui si esprime una critica complessiva (dalla quale va esente la sola sentenza di questa Corte, n. 9927 del 2012) alla intera vicenda giudiziaria che, a distanza ormai di diciotto anni, non ha consentito ai ricorrenti, nella loro ricostruzione, di essere integralmente risarciti dei patimenti che la vicenda, indubbiamente traumatica, che ha segnato le loro vite portando a morte precoce la madre ha causato loro.

In un ricorso di ben 137 complessive pagine, ad una esposizione sommaria dei fatti che si dipana per 34 pagine fanno seguito dodici pagine di critica complessiva alla sentenza impugnata, quindi i motivi di ricorso, ciascuno dei quali contiene la denuncia di molteplici violazioni, la cui intrecciata e ripetuta denuncia non facilita l’individuazione immediata delle questioni sottoposte all’attenzione della Corte.

Data l’obiettiva complessita’ della vicenda (a fronte della quale anche l’esposizione in fatto contenuta nella presente sentenza e’ particolarmente dettagliata, per consentire di coglierne con chiarezza l’articolazione, dalla quale poter poi trarre le questioni residue), il ricorso nel suo complesso e nonostante la segnalata, non lineare tecnica redazionale, supera il vaglio di ammissibilita’.

1.b. I primi quattro motivi. I primi quattro motivi di ricorso contengono la denuncia di plurime violazioni: degli articoli 40, 41 e 384 c.p., nonche’ di numerosi articoli della Costituzione e degli articoli 2697, 2827 e 2829 c.c.; essi denunciano altresi’ che il giudice di rinvio non si sia attenuto al principio di diritto indicato dalla sentenza di cassazione n. 9927 del 2012, ed anche che non abbia adeguatamente valorizzato la sentenza della cassazione penale, n. 37880 del 2009 che, pur assolvendo i medici dal reato di omicidio colposo, riteneva pacifico e coperto di giudicato il rapporto di causa ed effetto tra gli omessi accertamenti diagnostici e di terapia e la morte della paziente.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, criticano principalmente la sentenza impugnata laddove, pur senza negare la rilevanza causale del negligente ed imprudente operato dei medici, ha qualificato l’incidenza causale di tale apporto soltanto sotto il piu’ modesto profilo della perdita di chances, escludendone il diretto apporto concausale nella morte della signora (OMISSIS), madre dei ricorrenti, per AIDS, verificatasi a pochi mesi di distanza dai fatti.

Addebitano anche alla sentenza di non aver approfondito l’esistenza di studi e statistiche consolidati sulla efficacia delle terapie praticate fin dal 1991 per la cura dell’HIV, che avrebbero dato alla vittima probabilita’ elevate di una permanenza di vita nonostante la malattia (e non mera sopravvivenza) di ben 25 o 30 anni.

Sostengono che, essendo l’HIV dal quale – per cause rimaste ignote – si e’ ricostruito che fosse gia’ affetta la (OMISSIS) al momento degli esami ematici preliminari all’operazione, ad uno stadio ancora silente, se esso fosse stato chiaramente diagnosticato, a mezzo di approfondimenti diagnostici che sarebbero stati indispensabili a fronte dell’emergere di valori ematici alterati nel particolare modo risultante dagli esami, e se fosse stata evitata l’operazione, l’HIV non si sarebbe rapidamente e catastroficamente evoluto in AIDS conclamato, e la madre avrebbe potuto fruire delle terapie antiretrovirali gia’ esistenti e in tal modo tenere sotto controllo la malattia convivendoci per anni, garantendosi un prolungamento delle aspettative di vita in condizioni piu’ che accettabili per oltre vent’anni, anziche’ morire tra atroci sofferenze da li’ a pochi mesi.

All’interno del primo gruppo di motivi, i ricorrenti segnalano anche che la sentenza impugnata non si sarebbe attenuta alle prescrizioni della Cassazione che, avendo accolto i primi due motivi di ricorso, aveva imposto al giudice di merito non soltanto di riesaminare la sussistenza o meno del nesso causale applicando la regola del piu’ probabile che non e non quella della ragionevole certezza, ma gli avrebbe imposto anche di tenere in conto le sentenze emesse sullo stesso caso in sede penale, che, benche’ soggette ad una regola probatoria piu’ severa, avevano dato atto della sussistenza del nesso causale nel senso indicato dai ricorrenti.

I primi quattro motivi sono complessivamente inammissibili.

Quanto al primo ordine di rilievi in essi piu’ volte riproposto, con esso i fratelli (OMISSIS) contestano, sotto l’apparenza della censura di violazione di legge, l’affermazione in fatto, contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale la madre era gia’ in uno stadio terminale, sebbene fino a quel momento silente, della malattia, esplosa a seguito della sconsiderata esecuzione dell’operazione, gia’ al momento immediatamente precedente il prelievo per autotrasfusione e l’operazione stessa, e che quindi il comportamento colposo dei medici non possa aver inciso che sotto il profilo della perdita di chances. Si tratta di un giudizio in fatto che conclude la complessiva valutazione delle istanze istruttorie, non in questa sede rinnovabile.

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