Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 31 gennaio 2018, n. 2334. In riferimento alla responsabilita’ ex articolo 2048, comma 2

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Osserva altresi’ la ricorrente che all’articolo 2048 c.c., comma 2, a differenza del suo comma 1, non menziona “minori”, per cui disciplina una responsabilita’ che concerne anche la condotta di alunni maggiorenni; d’altronde, autori del fatto illecito sarebbero stati i compagni della ricorrente che l’avevano spinta, e nella quinta superiore non tutti gli alunni sono gia’ maggiorenni, per cui gli autori del fatto illecito non potevano essere ritenuti tutti maggiorenni soltanto perche’ lo erano gia’ la ricorrente e i testimoni. Sussisterebbe pertanto la responsabilita’ per culpa in vigilando dell’insegnante ex articolo 2048 c.c., comma 2, che dovrebbe ricadere sul Ministero.
Inoltre il giudice d’appello argomenta sulla differenza tra l’articolo 2047, e l’articolo 2048 c.c., laddove nel caso in esame il danno non fu causato dalla ricorrente a se stessa.
Ancora, rileva la ricorrente che il giudice d’appello non avrebbe tenuto in conto che, quale insegnante, la professoressa (OMISSIS) avrebbe dovuto rispettare, indipendentemente dall’eta’ degli alunni, il Regio Decreto n. 1924 del 1965, articolo 39, comma 2, (per cui i professori devono assistere all’ingresso e all’uscita degli alunni) e L. n. 312 del 1980, articolo 61, (per cui il Ministero si surroga ai docenti per la responsabilita’ civile relativa ai danni arrecati in connessione ai comportamenti degli alunni durante la loro permanenza a scuola): norme, queste, che dovrebbero porsi in combinato disposto con l’articolo 2048 c.c., comma 2. E la giurisprudenza richiamata dalla corte territoriale (Cass. 7387/2001) sarebbe isolata e superata, essendo stato invece successivamente ribadito che il Ministero dell’istruzione e’ responsabile anche per i danni cagionati da un maggiorenne durante l’orario scolastico.
2.2 Il secondo motivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denuncia nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., per omessa decisione del giudice d’appello in ordine all’omessa motivazione della sentenza di primo grado relativa alle ragioni di adesione alla c.t.u. e all’omessa considerazione delle risultanze della consulenza tecnica di parte, non raffrontata con quella d’ufficio.
2.3 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullita’ della sentenza per omessa decisione del giudice d’appello sull’errata quantificazione del danno morale.
2.4 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullita’ della sentenza per omessa decisione del giudice d’appello sulla domanda riguardante il mancato riconoscimento degli interessi compensativi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso e’ parzialmente fondato.
3.1 Per meglio comprendere il contenuto del primo ricorso, e’ il caso di prendere le mosse da una completa illustrazione del contenuto della decisione del giudice d’appello nella sua parte centrale e dirimente, ovvero quella relativa all’applicabilita’ – negata – dell’articolo 2048 c.c., comma 2.
Afferma il giudice d’appello che quest’ultima norma “si riferisce unicamente ai danni provocati dal minore sottoposto alla vigilanza dell’insegnante e non a quelli procurati dall’allievo maggiorenne”, non apparendo “dubitabile che la responsabilita’ dei precettori e degli insegnanti, al pari di quella dei genitori, cessi con il raggiungimento della maggiore eta’ degli allievi, in quanto da tale momento non vi e’ piu’ ragione che l’insegnante eserciti la vigilanza su persone ormai dotate di piena maturita’ e capacita’ di discernimento”: pertanto “la responsabilita’ dell’insegnante e quindi dell’istituzione scolastica” derivera’, se ne ricorrono i presupposti, dall’articolo 2043, o dall’articolo 2051 c.c..
Secondo la corte territoriale, infatti, l’articolo 2048, “postula l’esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere”, in relazione al quale soltanto sono configurabili la “culpa in educando” e la “culpa in vigilando” rispettivamente previste dal primo e dal comma 2, per cui la responsabilita’ dei genitori o tutori viene “a concorrere con la responsabilita’ del minore, mentre entrambe restano escluse nell’ipotesi di caso fortuito che come tale elimina l’ingiustizia del danno”. Dopo alcune ulteriori argomentazioni, di palese irrilevanza, relative all’articolo 2047 c.c., richiamate S.U. 27 giugno 2002 n. 9346 – per cui l’articolo 2048, comma 2, si applica solo per il danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell’allievo e non per il danno che l’allievo abbia procurato a se stesso -, la corte territoriale osserva che tale intervento nomofilattico condivide in sostanza una dottrina che vede nell’articolo 2048, una norma di “propagazione” della responsabilita’ ai genitori, ai tutori, ai precettori e maestri d’arte per il fatto illecito cagionato dal minore a terzi: e pertanto non dovrebbe dubitarsi che l’articolo 2048 c.c., “non si applica ai casi in cui il danno sia stato procurato da soggetti maggiori di eta’”. Sulla scorta, poi, di Cass. sez. 3, 15 gennaio 1980 n. 369 – per cui il contenuto dell’obbligo di vigilanza e’ inversamente proporzionale al grado di maturita’ degli alunni, onde con l’avvicinarsi di questi all’eta’ del pieno discernimento il dovere di vigilanza dei precettori richiede in minor misura la loro continua presenza -, nella quale gia’ si sarebbe riconosciuto che, con l’acquisizione del “pieno discernimento” coincidente con il raggiungimento della maggiore eta’, cessa l’obbligo di vigilanza ex articolo 2048, comma 2, in linea alla cessazione di responsabilita’ dei genitori secondo il primo comma per culpa in educando, il giudice d’appello invoca in modo piu’ specifico Cass. sez. 3, 30 maggio 2001 n. 7387 (non massimata), che ha effettivamente attribuito all’articolo 2048, secondo comma, quale presupposto l’eta’ minorenne dell’allievo, dovendosi presumere che non sia stato riservato “ai precettori e maestri d’arte un trattamento deteriore rispetto a quello dei genitori di cui al primo comma, irrazionalmente dilatando, oltre quel limite temporale, la loro responsabilita’”.
3.2 Questa interpretazione restrittiva dell’articolo 2048 c.c., comma 2, e’, come sopra si e’ visto, l’oggetto precipuo di censura nel primo motivo del ricorso.
L’impostazione della corte territoriale, pur sostenuta anche da richiami giurisprudenziali, peraltro abbastanza risalenti, si fonda, a ben guardare, su una sorta di correzione integrativa che la corte ritiene inevitabilmente logica – operata dalla corte sul dettato letterale dell’articolo 2048 c.c., che nel primo comma prevede la responsabilita’ dei genitori o del tutore per il danno causato dal fatto illecito “dei figli minori non emancipati” o delle persone soggette alla tutela che abitano con loro, mentre nel comma 2, attribuisce responsabilita’ a “precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte” per il danno causato dal fatto illecito “dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”.
Tale equiparazione, gia’ a livello letterale, non corrisponde peraltro all’evidente contenuto delle due norme affiancate nell’articolo 2048, commi 1 e 2.

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