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sostiene di aver aderito all’accordo di ristrutturazione del debito della societa’ poi fallita senza esser stata a conoscenza della circostanza che il piano sottostante a tale accordo, successivamente depositato ai fini dell’omologazione, prevedesse la vendita del marchio anziche’ il suo conferimento nella nuova societa’; in ogni caso assume errata la decisione del tribunale in quanto le norme di interpretazione del contratto non consentivano di desumere dall’adesione all’accordo la rinunzia al diritto di richiedere la corresponsione della somma a titolo di penale;
col terzo motivo la ricorrente denunzia la violazione dell’articolo 111 Cost. e degli articoli 112 e 115 c.p.c., nonche’ l’omesso esame di fatto decisivo, poiche’ il tribunale avrebbe mancato di esaminare i documenti successivi all’accordo di ristrutturazione, nei quali la (OMISSIS) aveva ribadito ripetutamente la volonta’ di richiedere il pagamento della penale;
il secondo e il terzo motivo, suscettibili di unitario esame perche’ strettamente connessi, sono, nel senso che segue manifestamente fondati;
la clausola penale mira a determinare preventivamente il risarcimento dei danni in relazione alla ipotesi pattuita, che puo’ consistere nel ritardo nel compimento di una prestazione o nell’inadempimento (v. per tutte Cass. 23706-09, Cass. n. 23291-14);
una volta verificatosi l’inadempimento, il creditore ha diritto a ricevere la penale quale forma di risarcimento forfetario del danno preventivato al momento della stipulazione;
il creditore puo’ certamente rinunciare a tale suo diritto;
tuttavia la volonta’ di rinuncia, ove non espressamente manifestata, puo’ essere apprezzata tacitamente solo se derivi da un comportamento concludente teso a rivelare in modo univoco la effettiva e definitiva volonta’ abdicativa di quel diritto; e ne’ il silenzio ne’ l’inerzia possono essere interpretati come manifestazione tacita della volonta’ di rinunciare al diritto medesimo, poiche’ la rinuncia non puo’ essere oggetto di mere presunzioni (v. Cass. n. 2861-04; Cass. n. 8891-99; Cass. n. 7215-91);
la volonta’ abdicativa del diritto di credito, risultante da una serie di circostanze concludenti e non equivoche assolutamente incompatibili con la volonta’ di avvalersi del diritto stesso, deve poi avere come necessario oggetto proprio lo specifico “diritto” di cui si discorre, vale a dire, per quanto qui rileva, il diritto a ricevere la somma a titolo di penale quale risarcimento del danno nella misura forfetaria inizialmente pattuita;
non assume importanza, invece, la sorte del distinto diritto alla prestazione rimasta definitivamente inadempiuta, nel senso che la”- relativa rinuncia non comporta rinuncia anche al risarcimento del danno;
cio’ costituisce ovvio corollario del fatto che l’inadempimento comporta la nascita di un’obbligazione altra – risarcitoria e appunto per questo definita vicaria – in luogo di quella inadempiuta, per modo che dalla rinuncia all’adempimento dell’obbligazione originaria niente e’ dato desumere in ordine alla seconda;
alla luce di tali principi, la motivazione del tribunale poteva nel caso di specie astrattamente sorreggere solo la conclusione di avvenuta rinuncia del diritto di (OMISSIS) a ottenere la costituzione della nuova societa’ con il conferimento del marchio di (OMISSIS);
cio’ in dipendenza dell’adesione al piano di ristrutturazione previdente la vendita di quel marchio;
di contro non possiede base giuridica l’affermazione per cui la detta circostanza potesse rilevare anche come rinuncia tacita alla corresponsione della penale pattuita per l’inadempimento del patto parasociale;
in vero – e comunque – il provvedimento impugnato, a proposito dell’oggetto dell’adesione di (OMISSIS), indifferentemente utilizza i termini “accordo di ristrutturazione” e “piano di ristrutturazione”, quasi che siano sinonimi;
cosi’ non e’ in quanto, come correttamente osservato dalla ricorrente, ai sensi della L. Fall., articolo 182-bis l’adesione del creditore a una proposta di ristrutturazione del debito ordinariamente precede la predisposizione dell’apposito piano di ristrutturazione da depositare all’atto della domanda di omologazione; sicche’ e’ assertorio sostenere – niente altro emergendo dalla motivazione – che, per il sol fatto di aver aderito all’accordo presupponente la falcidia dei crediti esistenti, il creditore sia stato gia’ al corrente dei dettagli del piano in termini di consistenza e modalita’ liquidatoria dell’attivo, al punto da averlo accettato con volonta’ abdicativa di preesistenti diritti risarcitori;
il ricorso va dunque accolto con riferimento al secondo e’ al terzo motivo;
alla cassazione del decreto segue il rinvio al medesimo tribunale di Fermo, il quale, in diversa compotione, provvedera’ a nuovo esame;
il tribunale si uniformera’ ai principi di diritto sopra esposti e provvedera’ anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e il terzo, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al tribunale di Fermo.
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