Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 5 febbraio 2018, n. 5343. La posizione del terzo sia in ipotesi di sequestro che di confisca

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Assume che nel caso in esame, al di la’ della mancata menzione nel contratto di cessione dei crediti, ci si trovava di fronte ad un vero e proprio pegno irregolare in quanto era stato costituito un deposito di denaro vincolato a scopo di garanzia e detto denaro era nella piena ed incondizionata disponibilita’ del creditore pignoratizio (OMISSIS) che, in qualsiasi momento ed incondizionatamente, poteva incamerarlo, (OMISSIS) che aveva autorizzato la banca incaricata, depositaria per suo conto della somma vincolata, a retrocedere con cadenza periodica ad (OMISSIS) s.r.l. che aveva rilasciato il pegno, le somme eccedenti l’ammontare del credito garantito.

Osserva che la violazione di legge da parte dei giudici di merito era plurima in quanto sul conto in questione il creditore cedente e mandatario all’incasso (OMISSIS) non aveva alcuna operativita’, non potendo ne’ trarre assegni ne’ effettuare prelievi ne’ effettuare operazioni comportanti addebito di somme, potendo solo avanzare richieste alla banca incaricata di retrocessione delle somme non richieste dal creditore cessionario e che l’ordinanza era errata laddove aveva ritenuto che il pegno irregolare e’ ravvisabile solo caso in cui la somma vincolata sia consegnata materialmente al creditore, non ravvisandosi ex lege una simile preclusione.

5. Il Sostituto Procuratore Generale Dott. Di Leo Giovanni, con memoria del 02/08/2017, nel rilevare che l’ordinanza impugnata era motivata e conforme a diritto tenuto conto della natura eminentemente sanzionatoria del sequestro in questione, ha chiesto dichiararsi la inammissibilita’ del ricorso.

6. Con provvedimento del 27/09/2017 veniva disposta l’acquisizione dell’istanza di revoca con relativi allegati non rinvenuta in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile per le ragioni appresso specificate.

2. Osserva il collegio che dall’atto pubblico inter partes si evince chiaramente che fra la societa’ (OMISSIS) s.r.l. e la banca odierna ricorrente (OMISSIS) S.p.A. e’ intervenuta, nell’ottobre 2012, una vera e propria cessione di crediti in favore della banca da ultimo indicata, con contestuale conferimento di un mandato alla cedente tenuta a fare confluire dette somme sul conto corrente n. (OMISSIS) acceso presso (OMISSIS) S.p.A. su espressa indicazione del creditore cessionario.

Emerge, ancora, in punto di fatto che il suindicato conto corrente, sebbene intestato ad (OMISSIS), non era disponibile da parte della predetta societa’ atteso che sullo stesso non potevano essere accreditate somme diverse da quelle provenienti dal (OMISSIS), non potevano essere tratti assegni, non potevano essere prelevate somme in contanti, non potevano essere effettuate operazioni comportanti addebiti di somme di denaro: le somme in contestazione sono confluite, quindi, su detto conto per effetto di un credito gia’ maturato in favore della cessionaria all’epoca del disposto sequestro (09/06/2016) e non gia’ in relazione ad un credito futuro e non ancora maturato.

3. Orbene in tema di cessione dei crediti di cui all’articolo 1260 c.c., e segg. va richiamato il principio giurisprudenziale secondo cui il contratto di cessione di credito ha natura consensuale e, percio’, il suo perfezionamento consegue al solo scambio del consenso tra cedente e cessionario, il quale attribuisce a quest’ultimo la veste di creditore esclusivo, unico legittimato a pretendere la prestazione – anche in via esecutiva, (come nella specie) – pur se sia mancata la notificazione prevista dall’articolo 1264 cod. civ.; questa, a sua volta, e’ necessaria al solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziche’ al cessionario, nonche’, in caso di cessioni diacroniche del medesimo credito, per risolvere il conflitto tra piu’ cessionari, trovando applicazione in tal caso il principio della priorita’ temporale riconosciuta al primo notificante. (Sez. 3, Sentenza n. 23463 del 05/11/2009, Rv. 610757).

3.1. Ne discende che le somme accreditate sul menzionato conto corrente dedicato devono ritenersi, per effetto della detta cessione, somme divenute di proprieta’ della banca cessionaria ( (OMISSIS) S.p.A.) a prescindere dalla formale intestazione del conto corrente sul quale dette somme sono confluite.

4. Invero il meccanismo in forza del quale il credito ceduto e’ confluito nel conto corrente riferibile alla parte cedente in virtu’ di un rapporto di mandato, come avvenuto nella specie, non puo’ in alcun modo invalidare il naturale ed immediato effetto traslativo proprio della cessione “pro solvendo” quale quella in esame.

Puo’, quindi, coesistere un mandato anche irrevocabile all’incasso, esplicandosi pero’ in via di fatto, atteso che il mandatario, seppur eserciti al momento della riscossione del credito la legittimazione del mandante, viene a disporre delle somme incassate in vista di una finalita’ solutoria, nel suo precipuo interesse.

Assolve, quindi, alla sua finalita’ in ogni caso tanto se il credito venga ceduto e, quindi sia riscosso nel proprio nome e nel proprio interesse dal cessionario, divenutone il titolare in forza dell’effetto traslativo tipico della cessione, quanto se venga incassato dal mandatario, che riceve il pagamento a nome del mandante ma nel proprio interesse.

5. L’ordinanza impugnata deve, dunque, ritenersi errata laddove afferma che la (OMISSIS) s.r.l. oltre che rivestire la qualita’ formale di intestataria di tali somme (quale creditrice di (OMISSIS)) e di tale conto (quale correntista di (OMISSIS) S.p.A.) aveva la vera e propria titolarita’ sostanziale di entrambi siffatti rapporti “divenendo proprietaria delle prime e titolare del secondo: in entrambi i casi con i caratteri della pienezza e della esclusivita’”.

5.1. Proprio in ragione degli effetti traslativi immediati del contratto di cessione del credito sopra richiamato e considerato che la societa’ cedente (OMISSIS) s.r.l. ha incamerato le somme in questione quale mero mandatario all’incasso e non gia’ quale titolare delle stesse, le somme oggetto del sequestro preventivo de quo risultano, in effetti, di pertinenza della banca odierna ricorrente, trattandosi di somme in relazione alle quali la suindicata societa’ cedente aveva perso qualunque potere dispositivo; quindi, sotto tale profilo, le conclusioni cui sono pervenuti i giudici del merito cautelare non appaiono conformi a diritto.

6. Occorre osservare, quindi, che la Suprema Corte (v. SU n. 9/1999, RV 316511) ha avuto modo di chiarire come “e’ stato precisato che la confisca, compresa quella regolata dall’articolo 240 cod. pen. da’ luogo “ad un acquisto a favore dello Stato, in relazione al bene confiscato, non altrimenti definibile che come derivativo proprio in quanto esso non prescinde dal rapporto gia’ esistente fra quel bene e il precedente titolare, ma anzi un tale rapporto presuppone ed e’ volto a far venir meno, per ragioni di prevenzione e/o di politica criminale, con l’attuare il trasferimento del diritto dal privato (condannato o indiziato di appartenenza ad associazioni mafiose) allo Stato” (Cass. civ., Sez. 1, 3 luglio 1997, n. 5988). Del resto, anche a voler tenere ferma l’opinione tradizionale che riconduce la confisca nella categoria dei modi di acquisto a titolo originario, deve, comunque, escludersi che tale classificazione possa far derivare dalla misura di sicurezza patrimoniale l’effetto di determinare l’estinzione degli “iura in re aliena” dei quali siano titolari soggetti diversi da quello nei cui confronti e’ esercitata la pretesa punitiva, con la conseguenza che il sequestro finalizzato alla confisca non puo’ ovviamente pregiudicare i diritti reali dei terzi estranei al reato”.

6.1. Se il carattere sanzionatorio della misura non puo’, quindi, valere, di per se’, a sacrificare i diritti dei terzi titolari di posizioni giuridiche soggettive, quali (OMISSIS) S.p.A., come prospettato dalla Procura Generale nelle menzionate conclusioni, tuttavia vanno ravvisati, ab origine, profili di inammissibilita’ dell’istanza di restituzione e del correlativo appello cautelare proposti dalla suddetta banca (inammissibilita’ rilevabile in questa sede ai sensi dell’articolo 591 cod. proc. pen., u.c. ed aventi ricadute sulla stessa ammissibilita’ dell’odierno ricorso) risultando la domanda formulata dalla banca del tutto carente sotto il profilo dell’indefettibile presupposto della buona fede dell’avente diritto.

6.2. Vertendosi in ipotesi di sequestro preventivo del profitto del reato finalizzato alla confisca bisogna richiamare l’articolo 240 cod. pen., u.c. che esclude la possibilita’ di procedere alla confisca nell’ipotesi in cui la cosa “appartiene” a persona “estranea al reato”. Ogniqualvolta, quindi, il terzo fa valere un proprio diritto incompatibile con quello che lo Stato intende conseguire attraverso il sequestro e, poi, la confisca un determinato bene, il contrasto d’interessi puo’ essere risolto immediatamente ed a prescindere dall’esito del processo penale, in quanto se si dovesse accertare che il bene e’ di proprieta’ del terzo, in buona fede e non coinvolto nell’attivita’ illecita, il sequestro o la confisca dovrebbero essere revocati.

In altri termini, la devoluzione del bene allo Stato non comporta, di per se’, l’automatica estinzione dei diritti del terzo sull’oggetto, a condizione che il terzo dimostri in concreto la sua posizione di “buona fede” e di “affidamento incolpevole” nei momenti essenziali della intervenuta vicenda contrattuale.

7. Osserva questo collegio che sin dalla citata pronuncia n. 9 del 28/04/1999 le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno sostenuto che il terzo titolare di un diritto di proprieta’ ovvero di un diritto di credito assistito da garanzia reale non puo’ essere pregiudicato dalla confisca penale eseguita su quei beni ma a condizione che il terzo possa dimostrare, avendo l’onere della relativa prova, la titolarita’ del diritto di proprieta’ ovvero di garanzia sorti anteriormente al sequestro o alla confisca e la propria condizione di buona fede.

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