Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2664. L’interrogatorio di garanzia reso dopo l’esecuzione di una misura coercitiva e la documentazione in possesso dell’indagato non rientrano tra gli atti di cui deve essere disposta la trasmissione al Tribunale del riesame, a pena della perdita di efficacia della misura cautelare

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Pertanto, l’interrogatorio di garanzia reso dopo l’esecuzione di una misura coercitiva e la documentazione in possesso dell’indagato non rientrano tra gli atti di cui deve essere disposta la trasmissione al Tribunale del riesame, a pena della perdita di efficacia della misura cautelare (Sez. 3, n. 50061 del 01/12/2015, Caputo, Rv. 265968; Sez. 2, n. 12532 del 04/12/2013, Carotenuto, Rv. 259421; Sez. 2, n. 25985 del 03/05/2007, Cacciola, Rv. 237157).
Il Tribunale, peraltro, ha anche evidenziato che le uniche dichiarazioni rese dall’indagato sull’autovettura ricettata hanno consentito alla P.G. di verificare che la stessa si trovava nella disponibilita’ della cognata e che la documentazione prodotta in sede di interrogatorio, nuovamente depositata all’udienza camerale, in larga parte non riguardava l’unico fatto addebitato a (OMISSIS), inerente la ricettazione dell’autovettura “Fiat 500”, contestata al capo 17.B dell’imputazione provvisoria.
4. Il terzo motivo di ricorso, in tema di gravita’ indiziaria, omette totalmente di confrontarsi con quelli che, secondo una logica e adeguata motivazione del Tribunale, integrano i gravi indizi di colpevolezza a carico di (OMISSIS), costituiti dalle risultanze di conversazioni intercettate il giorno del furto dell’autovettura ((OMISSIS)), nel corso delle quali due dei tre autori (che poi avrebbero reso ampia confessione) fanno chiari ed inequivocabili riferimenti all’indagato (” (OMISSIS)”) quale destinatario dell’autovettura rubata, successivamente rinvenuta presso l’abitazione del fratello. L’attivita’ di ricettatore non occasionale di autovetture emergeva poi da altra conversazione svoltasi il 4/6/2016 fra gli stessi due interlocutori, facenti parte dell’associazione per delinquere.
La insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex articolo 273 c.p.p., peraltro, e’ rilevabile in Cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicita’ della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, vizio certamente non riscontrabile nel caso di specie.
Il controllo di legittimita’, in particolare, non puo’ riguardare ne’ la ricostruzione dei fatti ne’ l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilita’ delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, spettando alla Corte di Cassazione solo il compito di verificare se il decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno indotto ad affermare la gravita’ del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884; Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, Berlingeri, Rv. 266939; Sez. F, n. 47748 dell’11/08/2014, Rv. Contarini, Rv. 261400; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178).
5. Anche l’ultimo motivo, estremamente generico, e’ privo di pregio.
Il Tribunale, aderendo sul punto alle valutazioni del G.i.p., ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari, avuto riguardo al pericolo di recidiva, evidenziando per un verso il precedente specifico (tentato furto in concorso) del quale egli e’ gravato e, per altro verso, la non occasionalita’ della condotta, desumibile dalla ricordata intercettazione (“Devi prendere modelli piu’ vecchi a Rocco (…) se prendiamo (rubiamo) a noleggio, modelli nuovi sono”), alla luce della quale, con logica deduzione, nell’ordinanza impugnata si e’ ritenuto provato “il coinvolgimento dell’odierno ricorrente nell’attivita’ di ricettazione svolta “a valle” dei furti di automobili perpetrati con cadenza pressoche’ quotidiana dal sodalizio oggetto di indagine, sebbene a (OMISSIS) non venga contestato il delitto associativo”.
6. Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento nonche’, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, al versamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro 2.000, cosi’ equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila alla cassa delle ammende

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