Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 5 febbraio 2018, n. 2755. Non vi è alcun diritto “assoluto” alla inviolabilità del domicilio, derivante dalla decisioni della Cedu, tale da eludere l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo.

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Costituitasi in giudizio, la societa’ convenuta eccepiva la prescrizione dell’azione di garanzia, in quanto proposta decorso un anno dalla consegna degli immobili, oltre alla decadenza per la mancata denuncia dei vizi entro il termine di otto giorni dalla consegna, ovvero dalla loro successiva scoperta, nonche’ l’infondatezza della domanda, essendo i pregiudizi lamentati dipendenti da omessa manutenzione piuttosto che da vizi costruttivi. La convenuta era inoltre autorizzata a chiamare in causa (OMISSIS) che aveva eseguito le opere di impermeabilizzazione e di posa della pavimentazione industriale, al fine di essere garantita nell’ipotesi di accoglimento della domanda.

Espletata consulenza tecnica d’ufficio e prova per testi, con sentenza depositata il 27 agosto 2007, il Tribunale di Trani respingeva la domanda ritenendo che gli attori non avessero fornito la prova di aver denunciato i vizi entro gli otto giorni dalla scoperta e che fosse decorso l’anno dall’acquisto o dalla consegna e, quindi, dalla presa di possesso degli immobili (articoli 1494 – 1495 c.c.). Quanto all’azione di responsabilita’ extracontrattuale ai sensi dell’articolo 1669 c.c., la stessa doveva considerarsi nuova rispetto a quella inizialmente formulata di natura contrattuale e, pertanto, tardivamente proposta in sede di comparsa conclusionale. Compensava integralmente tra le parti le spese di giudizio.

2. – Avverso tale pronuncia proponevano appello gli attori con l’eccezione di (OMISSIS) e la partecipazione, al posto di quest’ultimo, di (OMISSIS) nella qualita’ di successore a titolo particolare, avendone acquistato l’immobile.

Si costituiva la (OMISSIS) S.r.l. chiedendo il rigetto dell’appello.

Il (OMISSIS) restava contumace.

Con sentenza depositata il 22 agosto 2013, la Corte d’appello di Bari ha accolto il gravame, condannando la (OMISSIS) S.r.l. al risarcimento dei danni in favore degli appellanti nella misura indicata in dispositivo. La corte ha ritenuto tempestiva la denuncia dei vizi, specificando che la denunzia era stata fatta a seguito della piena consapevolezza dei vizi riscontrati da parte degli acquirenti, acquisita solo a seguito della consulenza tecnica di parte, e che, nel caso di specie, era applicabile anche l’articolo 1495 c.c., comma 2, in quanto la ditta ricorrente aveva riconosciuto l’esistenza dei vizi lamentati con lettera del legale rappresentante. Accolto il profilo della responsabilita’ contrattuale, si riteneva assorbito l’esame della domanda introdotta ai sensi dell’articolo 1669 c.c., ponendo a carico della societa’ il pagamento dei danni in favore di ciascun proprietario e le spese dei due gradi di giudizio.

3. – Per la cassazione della decisione della corte d’appello ha proposto ricorso la (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione sulla base di cinque motivi.

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

In prossimita’ dell’udienza, le parti hanno depositato memoria difensiva ai sensi dell’articolo 378 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso si denuncia la nullita’ dell’atto di citazione introduttivo del primo grado di giudizio e di tutti gli atti conseguenti ai sensi dell’articolo 164 c.c., comma 4, e articolo 159 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Secondo parte ricorrente, l’azione proposta in primo grado era caratterizzata da una situazione di litisconsorzio facoltativo improprio tra acquirenti diversi di unita’ immobiliari costruite e vendute dalla (OMISSIS) S.r.l., i quali avevano agito in un solo processo nei confronti della predetta societa’, pur vantando nei confronti della medesima ragioni creditorie distinte, ma connesse per titolo, trattandosi di vizi costruttivi di un unico fabbricato. Ciascuno degli attori, con l’atto introduttivo del giudizio, avrebbe dunque dovuto definire quale fosse il bene giuridico individualmente domandato, distinguendo la pretesa dell’uno da quella dell’altro, non essendo consentito cumulare le diverse e plurime domande risarcitorie in una cifra indefinita e complessiva in cui non si distinguesse quanto richiesto singolarmente da ciascuno di essi, ne’ quanto oggetto di eventuale richiesta congiunta. La lettura dell’atto di citazione introduttivo del primo grado evidenziava, invece, che tutti gli attori avevano denunciato vizi immobiliari che riguardavano sia parti comuni sia porzioni individuali, avanzando per tutti la richiesta complessiva e indistinta della somma di Lire 146.000.000 e quella aggiuntiva di Lire 60.200.000 per la sola attrice (OMISSIS), oltre ad IVA e onorari tecnici. L’assoluta incertezza delle somme richieste da ognuno degli attori, nelle distinte cause connesse solo cumulativamente proposte, comporterebbe la nullita’ della citazione per indeterminatezza dell’oggetto, ai sensi dell’articolo 164 c.p.c., comma 4.

1.1. – Il motivo e’ infondato.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, l’eventuale nullita’, non sanata, dell’atto introduttivo, carente dei requisiti prescritti dall’articolo 163 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4) – cui fa riferimento l’articolo 164 c.p.c., comma 4, – risolvendosi in motivo di nullita’ della sentenza conclusiva del giudizio di primo grado, ove non sia fatta valere nel giudizio di appello ne’ dal soccombente ne’ dal vincitore, assolto dalla domanda di merito proposta nei suoi confronti, non puo’ essere dedotta per la prima volta nella fase di cassazione, a causa della intervenuta preclusione derivante dal principio, affermato dall’articolo 161 c.p.c., di conversione dei motivi di nullita’ della sentenza in motivi d’impugnazione (Cass. 3 novembre 2000, n. 14348; Cass. 15 novembre 1995, n. 11827).

La nullita’ avrebbe dovuto quindi essere sollevata in primo grado. Il profilo dedotto, peraltro, non ha impedito alla (OMISSIS) S.r.l. di difendersi in giudizio, per cui non risulta essere stato menomato il suo diritto di difesa.

2. – Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la nullita’ della sentenza ex articolo 112 c.p.c. per la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Parte ricorrente evidenza che quand’anche si ritenesse non sussistere il vizio denunciato di nullita’ della citazione per indeterminatezza dell’oggetto, la richiesta di una somma risarcitoria unitaria e complessiva per tutti, ove consentita, avrebbe dovuto precludere alla corte territoriale l’attribuzione a ciascuno degli appellanti di importi individuali, da essi non richiesti. La corte d’appello nell’attribuire a ciascun proprietario, in via individuale, delle somme distinte per ognuno di essi avrebbe violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato poiche’ con l’atto introduttivo del giudizio, con la sola eccezione della pretesa individuale avanzata da (OMISSIS), era stata richiesta cumulativamente solo una somma unitaria.

2.1. – Il motivo e’ infondato.

Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fissato dall’articolo 112 c.p.c. – che implica il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (petitum e causa petendi), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum, rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta a impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, puo’ essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (causa petendi) nuovo e diverso da quello’ enunciato dalla parte a sostegno della domanda (Cass. 22 marzo 2007, n. 6945; Cass. 11 dicembre 2003. n. 18991; Cass. 3 febbraio 1999, n. 919).

Gli attori, nel caso di specie, hanno chiesto il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni subiti a causa dei vizi o dei difetti costruttivi accertati nel corso del giudizio, indicando la somma complessiva richiesta e facendo riferimento, in subordine, alla diversa somma maggiore o minore determinata nel corso del giudizio. La ripartizione delle somme dovute a titolo di risarcimento in favore dei singoli proprietari non ha violato quindi la corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, avendo la corte d’appello semplicemente specificato la quota spettante a ciascun attore, riconducibile alla richiesta complessiva di risarcimento dei danni avanzata nell’atto di citazione e che afferiva, in tutta evidenza, ai danni subiti da ciascuna unita’ abitativa acquistata dagli attori e facente parte dell’unico complesso condominiale e quindi, in definitiva, ricompresa nel petitum.

3. – Con il terzo motivo si deduce la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 102, 111 e 331 c.p.c. a causa del difetto di integrita’ del contraddittorio (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per avere la corte d’appello totalmente trascurato di considerare che il gravame era stato proposto anche da (OMISSIS), qualificatosi successore a titolo particolare dell’attore (OMISSIS), mentre tale dante causa non risultava partecipare al secondo grado del giudizio. Se l’articolo 111 c.p.c. sancisce il principio secondo cui, qaulora nel corso del processo il diritto controverso si trasferisca per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie, il successore a titolo particolare puo’ intervenire o essere chiamato nel processo e anche impugnare la sentenza intervenuta in confronto del suo dante causa, con la precisazione che l’alienante, in tali casi, puo’ essere estromesso dal giudizio solo se le altre parti vi consentono.

3.1. – Il motivo e’ infondato.

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