Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 6 febbraio 2018, n. 5472. Lesioni colpose, delitto contro la salute pubblica e commercio di sostanze nocive per il titolare del catering se dopo il banchetto gli invitati finiscono al pronto soccorso

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Sotto altro profilo, la parte ha rilevato che, in ipotesi di commercio di alimenti nocivi, la prima indagine riguarda la verifica della causa dell’adulterazione/contaminazione/difformita’ del prodotto, difettata nel caso all’esame, in cui non sarebbe stata acquisita la prova della tossinfezione alimentare e neppure accertato quale, tra gli alimenti assunti, fosse nocivo, essendosi fatto un generico riferimento ai frutti di mare e, in qualche caso, alle ostriche.
Inoltre, la parte ha rilevato, con riferimento ai certificati medici, che i sanitari si sarebbero limitati a refertare disturbi di carattere soggettivo, non riscontrati, l’unico esame condotto avendo avuto esito negativo, altresi’ contestando la valutazione della prova dichiarativa e osservando che le dichiarazioni dei testi a carico sarebbero resistite da quelle dei testi a discarico, richiamate in ricorso.
Parte ricorrente ha inoltre rilevato che vi sarebbe stata una forzatura anche con riferimento al profilo soggettivo, sia perche’ non e’ stata contestata la violazione di una specifica regola cautelare, ma anche perche’ l’imputazione sarebbe conseguita ad un inaccettabile automatismo (in virtu’ del quale e’ stato ritenuto prevedibile, da parte dell’imputato, che i prodotti ittici e, in particolare, le ostriche crude, potessero causare tossinfezione alimentare), laddove, nel caso di specie, il (OMISSIS) aveva acquistato i prodotti ittici meno di 24 ore prima della loro somministrazione, elemento a favore dell’assoluta territoriale.
Con il secondo motivo, ha dedotto erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione, rilevando l’illegittima acquisizione dei certificati medici riguardanti soggetti che non hanno proposto querela, ne’ hanno deposto in giudizio come testimoni, in violazione del contraddittorio, non essendo stato consentito all’imputato di esaminare quelle persone in ordine a circostanze rilevanti, quali la loro presenza anche alla cena nuziale del medesimo giorno, al fine di dimostrare che il malore poteva esser stato conseguenza di una indigestione/iperalimentazione, o accertare quali alimenti fossero stati ingeriti e a quali esami si fossero sottoposti i soggetti refertati.
Quanto al contenuto di tali certificazioni, inoltre, la parte ribadisce la gia’ rilevata insussistente attitudine dimostrativa, essi riportando unicamente diagnosi fondate su indicazioni degli stessi soggetti che hanno fatto ricorso ai medici curanti, e non a quelli della struttura pubblica.
Con il terzo motivo, infine, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione, in relazione alla qualificazione giuridica della condotta quale ipotesi contravvenzionale di cui alla L. n. 283 del 1962, articolo 5, stante il difetto della prova diretta della tossinfezione e la scarsa attitudine probatoria dei certificati medici acquisiti, da cui deriverebbe il mancato accertamento di un pericolo concreto per la salute pubblica, con la conseguenza che, nel caso concreto, potrebbe al piu’ configurarsi l’ipotesi contravvenzionale, comunque estinta per prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va rigettato.
2. La Corte salentina ha ritenuto che l’ampia istruttoria dibattimentale avesse offerto una serie di elementi deponenti per la riconducibilita’ dei disturbi refertati a numerosi soggetti, tutti convitati al pranzo di nozze del querelante (OMISSIS), alla somministrazione dei prodotti ittici forniti dalla ditta dell’imputato in occasione di quel pranzo. In particolare, quel giudice ha richiamato l’apporto testimoniale del (OMISSIS) e di molti invitati non solo sui disturbi lamentati in prima persona, ma anche su quelli lamentati da soggetti, pur non escussi in qualita’ di testi/p.o., ma molto vicini ai dichiaranti.

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