Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 17 gennaio 2018, n. 1904. Non e’ dubitabile che, in linea di principio in merito al legittimo impedimento a comparire del difensore, l’omessa valutazione dell’istanza di rinvio dell’udienza determini il difetto di assistenza dell’imputato

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1.2.3 Nel caso in esame, in cui sussiste attestazione della cancelleria della Corte di appello e del suo Presidente circa l’avvenuto rinvenimento della richiesta del difensore del ricorrente soltanto in un momento successivo alla conclusione dell’udienza, per quanto sia stata offerta rituale dimostrazione documentale dell’invio dell’istanza, delle giustificazioni dell’impedimento improvviso che aveva colpito il legale di fiducia e della sua ricezione da parte dell’ufficio destinatario, cio’ nonostante nulla e’ stato provato per ritenere che dopo l’inoltro ci si fosse assicurati dell’effettivo recapito al giudice procedente. Pertanto, deve concludersi che la scelta di un mezzo di trasmissione della richiesta diverso da quello prescritto per legge e la mancata verifica della effettivita’ della ricezione non comporti la nullita’ della sentenza, essendosi il difensore accollato il rischio della mancata conoscenza da parte della Corte di appello, che legittimamente ha trattato il procedimento senza sia ravvisabile la denunciata lesione del diritto di difesa.

2. Anche il terzo motivo non ha fondamento. Non puo’ essere dedotta soltanto col ricorso per cassazioneall’odierno esame e nei termini effettuati l’illegittimita’ della declaratoria d’irreperibilita’ dell’imputato, pronunciata con decreto del 22/12/2011, a ragione della conduzione delle ricerche nei confronti di un soggetto diverso dal ricorrente, ossia tale (OMISSIS), non (OMISSIS), ed in luoghi non individuati con certezza.

2.1 Dal verbale dell’udienza del 24/4/2014, consultabile direttamente da parte di questa Corte per la natura processuale della questione sollevata che le ha conferito poteri di giudice del fatto, emerge che il Tribunale, cui la stessa era stata gia’ proposta, aveva dato atto “che sono state svolte le ricerche nel nome dell’imputato e non vi e’ dubbio che lo stesso sia (OMISSIS) con l’accento”. A fronte di tali rilievi la difesa con l’atto di appello non ha mosso alcuna contestazione per denunciarne l’erroneita’ e l’illegalita’, avendovi provveduto per la prima volta col ricorso, il che, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 3, comporta l’inammissibilita’ del motivo per la tardiva deduzione.

2.2 In ogni caso, va rilevato che l’impugnazione sul punto e’ priva di autosufficienza, poiche’ non specifica e non allega gli atti relativi alle ricerche condotte per reperire l’imputato in modo da consentire a questa Corte di valutare la fondatezza delle censure articolate. Ne’ puo’ trovare accoglimento la sollecitazione all'”acquisizione degli atti istruttori inerenti le vane ricerche dell’imputato”, non rientrando nei poteri cognitivi del giudice di legittimita’ condurre approfondimenti istruttori ed essendo rimesso alla diligenza della parte impugnante corredare il proprio atto con i necessari riferimenti documentali.

2.3 Quanto alle circostanze addotte in ricorso delreperimento dell’imputato soltanto dopo la redazione dei motivi di appello, trattasi di inconveniente conseguente ad un vizio di nullita’ che non e’ stato adeguatamente dimostrato nei presupposti di fatto.

3. Col quarto motivo vengono sollevate questioni afferenti alla conferma del giudizio di responsabilita’ sotto il profilo della mancata conoscenza da parte del ricorrente dell’utilizzo della procura notarile rilasciata al delegato (OMISSIS) e della copia della propria carta d’identita’; la censura risulta inammissibile siccome non previamente prospettata con i motivi di appello, laddove si era lamentato soltanto la mancata assoluzione dal reato ascritto, nonostante la mancata personale presentazione presso gli uffici della Prefettura per perfezionare le pratiche di emersione del rapporto di lavoro relativo al lavoratore straniero, indicato nell’imputazione, ossia un tema in punto di fatto ben diverso da quello inerente all’elemento soggettivo del dolo.

4. Infine, in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed al mancato contenimento della pena entro il minimo edittale la sentenza in esame ha rassegnato congrua giustificazione, incentrata sulla lunga serie di precedenti penali dell’imputato, riportati per la commissione di reati contro la persona, il patrimonio ed altri beni giuridici e sull’omessa rappresentazione di alcun elemento positivo di valutazione, anche riferito al periodo successivo all’illecito giudicato.

Per contrastare rilievi contrassegnati da effettiva capacita’ esplicativa della decisione la difesa oppone un argomento giuridicamente inconsistente, ossia la non consentita valutazione dei precedenti penali, che, in simmetria con l’incensuratezza, sfuggirebbe al vaglio giudiziale da condurre per applicare le circostanze attenuanti generiche. In realta’, e’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il relativo giudizio puo’ fondarsi anche su un solo elemento negativo di risolutiva valenza, che puo’ essere costituito dalla commissione di precedenti reati (Cass., sez. 6, n. 38780 del 17/06/2014, Morabito, rv. 260460; sez. 5, n. 39473 del 13/06/2013, Paderni, rv. 257200; sez. 2, n. 106 del 04/11/2009, Marotta e altri, rv. 246045).

Per le considerazioni svolte il ricorso, infondato in tutte le sue deduzioni, va respinto con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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