Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 17 gennaio 2018, n. 1048. Il termine, dettato dall’articolo 83 del Dpr 1124/1965 per esercitare il diritto di revisione della rendita Inail

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A distanza di un ventennio circa anche Corte Cost. n. 358/1991 ha ribadito che con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 83, “..non e’ negato in modo assoluto o irrazionale il diritto alla revisione della rendita; ne’ e’ reso impossibile o difficoltoso l’esercizio di codesto diritto. C’e’ solo la previsione, ai fini dell’acquisto di esso da parte dell’infortunato, che le condizioni richieste si verifichino in un dato periodo di tempo. E cio’ rientra nei modi legittimi di esercizio della funzione legislativa. La fissazione di quel tempo in dieci anni dalla costituzione della rendita e non in un periodo diverso, non costituisce il risultato di una mera scelta, arbitraria o ingiustificata; oltre che rispondere al bisogno di certezza dei rapporti giuridici, ha riscontro nel dato di rilievo sanitario e statistico, secondo cui, nella grande maggioranza dei casi, entro il decennio dalla costituzione della rendita, le condizioni dell’infortunato si stabilizzano e la misura dell’inabilita’ raggiunge il piu’ alto livello”.

La Corte costituzionale, dunque, valuta positivamente l’esercizio della discrezionalita’ legislativa che collega a consolidate risultanze scientifiche ed al contempo sollecita il giudice a verificare il rispetto della garanzia costituzionale prevista dall’articolo 38 Cost., comma 2, in riferimento ai “sistema delle assicurazioni nel suo complesso” (Corte cost. n.80/1971 cit.).

10. In tempi piu’ recenti, il giudice delle leggi con la sentenza n. 46 del 2010, e’ tornato ad occuparsi della regola di stabilizzazione dei postumi da malattia professionale in relazione ad una fattispecie concreta estremamente significativa di ipoacusia professionale aggravatesi oltre il quindicennio a causa del mantenimento nel tempo delle stesse condizioni lavorative di rischio patogeno.

Il rigore della regola di stabilizzazione dei postumi, ad avviso del giudice remittente, mostrava in tale fattispecie la criticita’ della ricerca di un punto di equilibrio tra l’articolo 38 Cost., comma 2, e il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 137, laddove la possibilita’ di revisione della rendita per aggravamento derivante dalla malattia professionale incontra il limite temporale di quindici anni dalla sua costituzione.

La Corte costituzionale, in tale occasione, ha indicato al giudice in termini concreti in che modo il “sistema delle assicurazioni nel suo complesso” garantisce il rispetto del precetto costituzionale dell’articolo 38 Cost., comma 2, e cio’ ha fatto limitando l’ambito di operativita’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 137, alla ipotesi dell'”aggravamento eventuale e consequenziale dell’inabilita’ derivante dalla naturale evoluzione della malattia”, mentre ha collegato l’ipotesi del maggior grado di inabilita’ che dipenda dalla protrazione dell’esposizione al medesimo rischio patogeno alla disciplina del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articoli 80 e 132, che regolano l’ipotesi di “nuova” malattia.

11. La dottrina piu’ attenta ha colto il notevole rilievo sistematico della decisione interpretativa di rigetto, mettendo in evidenza che l’operazione di sussunzione della fattispecie di malattia, aggravatasi oltre il quindicennio e derivante da permanente esposizione allo stesso rischio patogeno, nell’articolo 80, piuttosto che nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 137, consentendo l’unificazione della rendita costituita con i nuovi postumi, fa salvo il principio della stabilizzazione dei postumi la cui legittimita’ costituzionale e’ stata ripetutamente affermata ed al contempo realizza il principio di totale copertura dell’intera complessiva inabilita’ patita dall’assicurato.

Anche la Corte di cassazione ha recepito le indicazioni di Corte costituzionale n. 46/2010 nelle sentenze nn. 5548 e 5550 del 2011.

12. Per evidente coerenza sistematica il medesimo principio deve trovare applicazione anche nell’ambito, contiguo rispetto a quello dell’evoluzione in peius della malattia professionale, delle proiezioni temporali dei danni derivati da infortunio, tenendo conto che seppure tra aggravamento dei postumi da infortunio ed aggravamento delle malattie professionali il discrimine e’ rappresentato dalla certezza del dies per la causa violenta uno actu dell’infortunio a fronte del carattere subdolo dell’evoluzione lenta della malattia (Corte cost. n. 351/1991), non vi e’ dubbio che tale differenza se puo’ giustificare una diversa durata dell’intervallo temporale al cui interno puo’ trovare conferma la presunzione di stabilizzazione dei postumi, non potrebbe di certo giustificare una soluzione interpretativa che obbligasse a sussumere nell’area di operativita’ dell’articolo 83 d.p.r. n. 1124/1965 anche il peggioramento delle condizioni di inabilita’ dovuto, non alla naturale evoluzione del processo morboso seguente all’infortunio, ma ad una concausa sopravvenuta originata pur sempre dall’infortunio oggetto di indennizzo.

13. Alla luce dei principi delineati dal giudice costituzionale, al fine di stabilire se applicare la regola della stabilizzazione dei postumi oppure no, occorre dunque accertare se il peggioramento delle condizioni di inabilita’, causalmente correlato a circostanze che originano sempre dall’originario infortunio, si inseriscano nella catena causale modificando la naturale evoluzione del processo morboso avviato dal medesimo infortunio oppure ne realizzino la naturale evoluzione.

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