L’accertamento di concreti fatti materiali di concorrenza sleale comporta, ai sensi dell’art. 2600 cod. civ., una presunzione di colpa che pone a carico dell’autore l’onere di dimostrare l’assenza dell’elemento soggettivo, ai fini dell’esclusione della sua responsabilità, ma non dispensa il danneggiato da quello di provare il pregiudizio subito: quest’ultimo, infatti, non può considerarsi in re ipsa ma, quale conseguenza diversa ed ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della concorrenza, necessita di prova secondo i principi generali che regolano il risarcimento da fatto illecito, con la conseguenza che solo la dimostrazione della sua esistenza consente l’utilizzo del criterio equitativo per la relativa liquidazione.
Ordinanza 19 gennaio 2018, n. 1430
Data udienza 11 luglio 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14502/2013 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), e (OMISSIS), in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), rappresentate e difese dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e
(OMISSIS) S.R.L. in liquidazione, (OMISSIS) S.R.L. e (OMISSIS) S.R.L.;
– intimate –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, Sezione specializzata in materia d’impresa, n. 710/13 depositata il 12 febbraio 2013.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11 luglio 2017 dal Consigliere Guido Mercolino.
FATTI DI CAUSA
1. La (OMISSIS) S.r.l. e la (OMISSIS) convennero in giudizio l’ (OMISSIS) S.r.l., l’ (OMISSIS) S.r.l., la (OMISSIS) S.r.l. e la (OMISSIS) S.r.l., per sentirle condannare al risarcimento dei danni da loro subiti in conseguenza di atti di concorrenza sleale posti in essere dalle predette societa’, e consistenti nell’accaparramento di servizi funebri presso alcune strutture ospedaliere e cliniche private site nella Provincia di Milano, attraverso l’attivita’ di promozione svolta dall’ILT in qualita’ di affidataria della gestione delle camere mortuarie.
Si costituirono le convenute, e resistettero alla domanda, chiedendo in via riconvenzionale la condanna delle attrici al risarcimento del danno alla immagine da loro subito a causa della divulgazione, in occasione di una conferenza stampa, di un provvedimento cautelare emesso nei loro confronti nell’ambito di un procedimento svoltosi prima dell’instaurazione del giudizio di merito, nonostante la rinunzia delle attrici alla pubblicazione di tale provvedimento, contestuale alla rinunzia di esse convenute alla proposizione del reclamo.
1.1. Con sentenza del 21 febbraio 2011, il Tribunale di Monza accerto’ l’avvenuto compimento degli atti di concorrenza sleale a decorrere dal mese di gennaio 2006, ma rigetto’ la domanda di risarcimento dei danni proposta dalle attrici e la domanda riconvenzionale proposta dalle convenute.
2. L’impugnazione proposta dalla COF e dalla (OMISSIS) e’ stata parzialmente accolta dalla Corte d’appello di Milano, che con sentenza del 12 febbraio 2013 ha accertato l’avvenuto compimento degli atti di concorrenza sleale a decorrere dal 1999, confermando il rigetto della domanda di risarcimento dei danni, rigettando l’appello incidentale proposto dall’ (OMISSIS), e dichiarando compensate tra le parti le spese del giudizio di secondo grado.
A fondamento della decisione, la Corte ha innanzitutto escluso che la rinunzia delle attrici ad un ricorso cautelare proposto in corso di causa avesse comportato anche la rinunzia all’acquisizione dei documenti prodotti, osservando che tale dichiarazione si riferiva all’acquisizione di copie autentiche dei documenti relativi al procedimento penale svoltosi nei confronti degli amministratori delle societa’ convenute, le cui copie fotostatiche dovevano ritenersi ritualmente acquisite, non essendone stata tempestivamente contestata la conformita’ agli originali, ed aggiungendo che la permanenza delle stesse nel fascicolo del giudizio di merito confermava la volonta’ delle attrici di avvalersene. Ha confermato inoltre la possibilita’ di avvalersi nel giudizio civile delle prove assunte in sede penale e della sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. nei confronti degli amministratori delle societa’ convenute, procedendo al diretto esame delle stesse per desumerne elementi di valutazione. Ha infine riconosciuto la valenza meramente indiziaria dei documenti prodotti in un altro procedimento cautelare svoltosi in corso di causa e dichiarato estinto per rinunzia a seguito della prestazione di una fideiussione da parte delle convenute, affermando invece che gli atti dell’istruttoria penale, se compiuti dal Pubblico Ministero e dalla Polizia Giudiziaria, costituivano piena prova della provenienza dal pubblico ufficiale che li aveva formati e dei fatti avvenuti in sua presenza.
La Corte ha poi confermato l’avvenuta commissione di atti di concorrenza sleale ai sensi dell’articolo 2598 c.c., n. 3, osservando che per il periodo successivo al 2006 il compimento degli stessi emergeva incontrovertibilmente, oltre che dagli atti dei procedimenti cautelari e del procedimento penale, dalla documentazione acquisita, che confermava la sussistenza delle gravi condotte evidenziate dal Giudice penale nella sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.c.. Ha ritenuto irrilevante, a tal fine, la perdita di una quota di mercato subi’ta dalle convenute in epoca successiva, avendo le stesse dovuto tenere un profilo piu’ basso a seguito del giudizio promosso nei loro confronti, nonche’ ricorrere ad artifizi per far apparire inferiore a quello reale il numero dei servizi da loro effettuati. Premesso che era stato confermato il ruolo ausiliario rivestito dall’ILT nella commissione degli atti anticoncorrenziali, ha rilevato che, come emerso dagl’interrogatori resi in sede penale, tali atti avevano avuto inizio ben prima dell’ingresso della predetta societa’ nelle camere mortuarie, ovverosia dal 1998/1999, mediante la collusione tra le imprese di onoranze funebri ed il personale degli ospedali.
La Corte ha ritenuto invece non provato il danno lamentato dalle attrici, escludendo anche la possibilita’ di una liquidazione in via equitativa, in quanto i calcoli allegati dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) non costituivano un valido parametro di riferimento, perche’ basati in parte su considerazioni apodittiche, in parte su schemi logici agevolmente confutabili. Ha aggiunto che la c.t.u. disposta dal Giudice di primo grado era risultata infruttuosa, a causa della mancata produzione dei necessari documenti contabili da parte delle attrici, escludendo anche l’utilita’ di un’eventuale rinnovazione, in considerazione della correttezza del metodo di analisi e di ricerca adottato.
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