Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 12 gennaio 2018, n. 645. Il diritto all’indennità, a seguito dell’esproprio, non è escluso dalla iniziale abusività dell’edificazione

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1. Con i primi due motivi del ricorso, il ricorrente lamenta che, con la sentenza non definitiva, la Corte territoriale ha negato l’indennizzo per i fabbricati oggetto di sanatoria, in violazione e falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, articolo 31 e segg., L. n. 2359 del 1865, articolo 39, e vizio di motivazione. 2. I motivi vanno accolti. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 38, dispone al comma 2 bis, (aggiunto dal Decreto Legislativo n. 302 del 2002, articolo 1, comma 1, lettera ff)), che: “Ove sia pendente una procedura finalizzata alla sanatoria della costruzione, l’autorita’ espropriante, sentito il comune, accerta la sanabilita’ ai soli fini della corresponsione delle indennita’”. Tale disposizione sta ad indicare che il diritto all’indennita’, a seguito dell’esproprio, non e’ escluso dalla iniziale abusivita’ dell’edificazione, se l’immobile, alla data in cui interviene l’esproprio, e’ stato fatto oggetto di una domanda di sanatoria che la pubblica amministrazione non abbia ancora scrutinato: in tale ipotesi occorre cioe’ che l’amministrazione, per i fini del riconoscimento dell’indennita’, effettui una valutazione prognostica circa la formazione del silenzio assenso o circa la sua condonabilita’, il cui esito, se positivo, impone di tener conto di esso nella quantificazione di quella indennita’, altrimenti restando la stessa rapportata non gia’ alle caratteristiche oggettive del bene sottoposto ad esproprio, ma ad una circostanza del tutto casuale ed insignificante, quale l’avere la P.A. deciso o meno sull’istanza di condono, anche se per ipotesi – in violazione dei termini all’uopo previsti (cfr. Cass. 23/9/2016 n. 18694, relativa ad un’area interessata dalla realizzazione del medesimo SDO – Sistema Direzionale Orientale – e Cass. 27/4/2017 n. 10458). 3. L’impugnata sentenza, che ha affermato un principio diverso, va, quindi, cassata, dovendo aggiungersi che la giurisprudenza richiamata in seno alla sentenza (Cass. n. 26260 del 2007) riguarda un caso di esclusione della possibilita’ di condono riferito ad una costruzione abusiva posta nella fascia di rispetto stradale (per l’impossibilita’ di conseguire il parere favorevole dell’amministrazione preposta alla tutela di detto vincolo), in cui e’ stato, in concreto, adottato proprio il procedimento che, nella vicenda in esame, conduce invece all’accoglimento della censura, senza dire che, nella specie, la questione della condonabilita’ dei fabbricati pare esser superata dalla circostanza che gli immobili insistenti sul fondo espropriato sono stati interessati dal rilascio di concessioni in sanatoria di condono (cfr. pag. 4 della sentenza) sebbene ad esproprio intervenuto, sicche’ il richiamato, e condivisibile, principio secondo cui non possono indennizzarsi le costruzioni abusive, nella specie non appare pertinente.

5. Ogni altra questione resta assorbita, cosi’ come i motivi terzo, quarto e quinto, coi quali il ricorrente ha, rispettivamente, dedotto: la violazione della L. n. 2359 del 1865, articolo 39, e vizio di motivazione, per l’omessa valutazione a fini indennitari dell’area di sedime dei fabbricati; il vizio di motivazione relativo alla stima dell’area riferito, tra l’altro, al rapporto tra superficie edificata e superficie libera; la violazione dell’articolo 1224 c.c., in relazione agli accessori del credito.

6. Col proposto ricorso incidentale, Roma Capitale lamenta che la sentenza definitiva e’ incorsa nella violazione della L. n. 2359 del 1865, articolo 39, ed e’ affetta da vizio di motivazione, laddove ha considerato la particolo 179 come estesa complessivi mq. 947,53, invece che mq. 660.

7. Premesso che, nonostante la formale deduzione della violazione di legge, il motivo e’ volto a contestare non gia’ il criterio legale di determinazione dell’indennita’, ma i predetti dati fattuali, sicche’ lo stesso va apprezzato, solo, sotto il profilo del vizio di motivazione, la doglianza, cosi’ qualificata, e’ inammissibile: essa, infatti, impinge nel merito, laddove deduce che in tale determinazione i giudici a quo non avrebbero valutato “le risultanze istruttorie”, senza neppure specificarle, ed invita questa Corte a riscontrare, direttamente, l’asserita discrepanza sulla scorta delle risultanze catastali, alle quali rinvia tout court la stessa CTP, nel bravo trascritto in seno al ricorso incidentale.

8. Il sesto motivo del ricorso principale, relativo al regolamento delle spese, resta assorbito, dovendo a cio’ provvedere il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie i primi due motivi del ricorso principale, assorbiti gli altri, rigetta il ricorso incidentale, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

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