Corte di Cassazione, sezion terza penale, sentenza 30 gennaio 2018, n. 4203. In tema di esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto

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In ogni caso va ribadito che tema di esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, di cui all’articolo 131-bis c.p., quando la sentenza impugnata e’ anteriore all’entrata in vigore del Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, l’applicazione dell’istituto nel giudizio di legittimita’, che la Cassazione e’ chiamata ad effettuare di ufficio ex articolo 609 c.p.p., comma 2, trattandosi di legge sostanziale piu’ favorevole per l’imputato ex articolo 2 c.p., comma 4, presuppone che le condizioni di applicabilita’ dello stesso non siano state escluse dal giudice di merito, in termini espliciti o impliciti, nella ricostruzione della fattispecie e nelle valutazioni espresse in sentenza (Sez. 6, n. 51615 del 09/11/2016 – dep. 02/12/2016, Caboni, Rv. 268557). Riguardando, la non punibilita’, soltanto quei comportamenti (non abituali) che, sebbene non inoffensivi, in presenza dei presupposti normativamente indicati risultino di cosi’ modesto rilievo da non ritenersi meritevoli di ulteriore considerazione in sede penale, va rilevato che pur in presenza di una contravvenzione ricompresa fra i reati per i quali non sia prevista un pena detentiva, sola o congiunta a quella pecuniaria, superiore a cinque anni, tuttavia la pena pecuniaria nella specie inflitta all’imputato in misura superiore alla media edittale deve ritenersi di per se’ sufficiente ad escludere l’applicabilita’ dell’invocata esimente: invero il riferimento, contenuto nella motivazione relativa al trattamento sanzionatorio, all’articolo 133 c.p., senza distinzioni tra gravita’ del fatto e capacita’ a delinquere del reo, e’ di per se’ indice di una valutazione di riprovevolezza incompatibile con un giudizio di particolare tenuita’, configurandosi, percio’, l’esclusione di ogni possibile valutazione successiva in termini difformi. Come gia’ affermato da questa Corte, “fondandosi la rilevabilita’ di ufficio della sussistenza delle condizioni di applicabilita’ del predetto istituto su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata, allorquando in presenza di una contravvenzione punita con pena alternativa, sia stata inflitta l’ammenda in misura superiore al minimo edittale, l’entita’ della sanzione irrogata e’ di per se’ incompatibile con un giudizio di particolare tenuita’” (Sez. 3, n. 24358 del 14/05/2015 – dep. 08/06/2015, Ferretti, Rv. 264109).
Peraltro, la suddetta valutazione in termini di deplorevolezza della condotta incriminata trova ulteriore ed inequivoco riscontro nel diniego delle invocate attenuanti generiche che il Tribunale ha ritenuto inapplicabili in ragione non solo dei numerosi precedenti penali in capo all’imputato tali da delineare una personalita’ proclive al delitto, ma altresi’ delle modalita’ dei fatti e del contesto in cui gli stessi sono stati posti in essere, con esplicito richiamo degli stessi elementi di cui all’articolo 133 c.p., comma 1 costituenti il parametro di riferimento per la valutazione dell’esimente relativa alla particolare tenuita’ del fatto.
Segue all’esito del ricorso la condanna del ricorrente, a norma dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende

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