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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza del 26 febbraio 2014, n. 4518

 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6725/2007 proposto da:
S. S.R.L. (P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 27, presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
-RICORRENTE –
contro
BANCA S.P.A.;
– INTIMATA –
sul ricorso 9451/2007 proposto da:
BANCA S.P.A. (C.F./P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 44, presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE –
contro
S.S.R.L. (P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 27, presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso principale;
– CONTRORICORRENTE AL RICORSO INCIDENTALE –
avverso la sentenza n. 89/2007 del TRIBUNALE di LUCCA, depositata il 20/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2013 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS)., con delega avv. (OMISSIS), che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale, ricorso incidentale inammissibile.
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Lucca, in riforma della pronuncia del giudice di pace, accoglieva la domanda di ripetizione degli interessi anatocistici e delle somme versate a titolo di commissione di massimo scoperto richiesta dalla s.r.l. S.alla Banca in ordine al contro corrente ordinario acceso “per anticipazioni salvo buon fine” in tale istituto fino al giorno 11 aprile 1995.
A sostegno della decisione il Tribunale affermava:
La sentenza delle S.U. n. 21095 del 2004 aveva definitivamente stabilito l’illegittimità delle clausole negoziali contenenti la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi anche nei contratti in corso prima del mutamento d’indirizzo giurisprudenziale in ordine all’esclusione della natura normativa dell’uso in questione;
Alla declaratoria d’invalidità della clausola consegue l’esclusione di ogni capitalizzazione;
In ordine alla decorrenza del termine di prescrizione, esso deve essere ancorato non alla chiusura del conto ma con riferimento a ciascun addebito trimestrale in quanto l’indebito predetto si perfeziona con l’annotazione degli interessi anatocistici e da tale annotazione decorre il rispettivo termine prescrizionale. Con riferimento alla fattispecie, di conseguenza il debito è prescritto per tutti gli interessi anatocistici addebitati prima dei dieci anni dalla data del 12/7/05 (notifica della citazione introduttiva del primo grado di giudizio), dovendo essere addebitati invece quelli relativi al periodo 12/7/95 – 31/8/96, data di chiusura del conto;
Devono essere ripetute le somme relative alla commissione di massimo scoperto in quanto non risulta una previsione contrattuale al riguardo nè è configurabile alcuna clausola d’uso.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. S.affidato ad un unico motivo. Ha resistito con controricorso l’istituto bancario, con impugnazione incidentale. La parte ricorrente ha depositato proprio controricorso avverso il ricorso incidentale e memoria ex art. 378 c.p.c..
Nell’unico motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli artt. 1283, 1842, 2033 e 2935 c.c., per non avere il Tribunale di Lucca ritenuto che la prescrizione decorresse dalla chiusura del conto. In tal modo, secondo il ricorrente, sono stati disattesi quegli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, secondo i quali il contratto di conto corrente è un contratto di durata, unitario che da luogo ad un unico rapporto giuridico articolato in una pluralità di atti esecutivi, cosicchè le singole operazioni di addebito ed accredito costituiscono esclusivamente esecuzioni frazionate della medesima obbligazione dovendo, conseguentemente, essere considerate nel loro complesso. Soltanto con il saldo finale si stabiliscono definitivamente i crediti ed i debiti tra le parti. Anche sotto il profilo tecnico pratico soltanto con la chiusura del conto è possibile stabilire con chiarezza e certezza i rapporti di dare ed avere. Il motivo si chiude con rituale quesito di diritto.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale la parte contro ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033, 2935 e 2946 c.c., in ordine all’omessa statuizione sull’intervenuta prescrizione anche degli importi da ripetere a titolo d’illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto. Al riguardo viene evidenziato che l’eccezione di prescrizione era stata formulata in ordine a tutte le somme richieste come precisato nelle conclusioni del giudizio di primo grado. Anche per la commissione di massimo scoperto il termine di prescrizione deve essere ancorato alla data di ciascun addebito e non alla chiusura del conto. La medesima censura viene formulata sotto il profilo del vizio di motivazione.
L’unico motivo del ricorso principale deve essere scrutinato alla luce della recente sentenza delle S.U. di questa Corte n. 24428 del 2010, così massimata: “L’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacchè il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'”accipiens”.
Deve osservarsi, al riguardo, che i versamenti eseguiti su conto corrente, in corso di rapporto hanno normalmente funzione ripristinatoria della provvista e non determinano uno spostamento patrimoniale dal solvens all’accipiens.
Tale funzione corrisponde allo schema causale tipico del contratto.
Una diversa finalizzazione dei singoli versamenti (o di alcuni di essi) deve essere in concreto provata da parte di chi intende far decorrere la prescrizione dalle singole annotazioni delle poste relative agli interessi passivi anatocistici.
Nella specie non è stato mai nè dedotta nè allegata tale diversa destinazione dei versamenti in deroga all’ordinaria utilizzazione dello strumento contrattuale.
Anche il ricorso incidentale merita accoglimento nei limiti che seguono. Effettivamente nella pronuncia impugnata risulta del tutto omessa l’applicazione del regime della prescrizione, alle poste diverse dagli interessi anatocistici ed, in particolare, alla commissione di massimo scoperto, nonostante l’eccezione fosse stata prospettata in ordine all’azione di ripetizione, della quale non poteva non far parte, incontestatamente, anche il dedotto illegittimo pagamento della predetta commissione.
Al riguardo, è irrilevante che lo svolgimento argomentativo dell’eccezione sia stato incentrato solo sugli interessi anatocistici, come indica il ricorrente principale, dal momento che l’eccezione investiva l’intera azione d’indebito. Il regime applicabile è, tuttavia, quello, indicato nell’accoglimento del primo motivo, dal momento che la natura e la funzione della commissione non si discosta da quella degli interessi anatocistici, essendo entrambi destinati a remunerare la banca dei finanziamenti erogati.
In conclusione, il ricorso principale ed incidentale devono essere accolti, la sentenza cassata con rinvio al giudice del merito perchè applichi all’indebito accertato, in ordine alla decorrenza della prescrizione, il principio elaborato dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n.24418 del 2010.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso principale e per quanto di ragione quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Lucca in diversa persona.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2014

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