La continuazione e la recidiva non sono incompatibili

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 26 ottobre 2018, n. 49092.

La massima estrapolata:

Non esiste incompatibilità tra gli istituti della continuazione e della recidiva essendo il primo finalizzato a riconoscere il minore disvalore della progressione criminosa che si esprime in esecuzione di un medesimo disegno criminoso; mentre la recidiva è funzionale a consentire la valorizzazione, nella determinazione della sanzione, della oggettiva crescente pericolosità attribuibile all’agente che reitera condotte penalmente rilevanti.

Sentenza 26 ottobre 2018, n. 49092

Data udienza 5 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente

Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere

Dott. DE SANTIS Anna Maria – Consigliere

Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
contro la sentenza della Corte di Appello di Genova del 15.11.2016;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Pierluigi Cianfrocca;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Elisabetta, che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Genova per nuovo giudizio.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) era stato tratto a giudizio (unitamente a numerosi altri) per rispondere dei delitti di ricettazione, detenzione di arma da guerra clandestina, detenzione di arma comune da fuoco, detenzione, finalizzata alla cessione a terzi, di sostanza stupefacente del tipo eroina (capi 17), 18), 19) e 21) della rubrica); il Tribunale di Sanremo, con sentenza del 23.5.2013, lo aveva riconosciuto responsabile dei delitti di cui ai capi 17) e 18) (riqualificato quest’ultimo ai sensi della L. n. 895 del 1967, articoli 1 e 7) e lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 6 di reclusione ed Euro 3.000 di multa; lo aveva riconosciuto altresi’ responsabile dei delitti di cui ai capi 19) e 21) e lo aveva condannato alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 2.000 di multa a titolo di aumento per la ritenuta continuazione con i fatti di reato giudicati con sentenza del GIP del Tribunale di Sanremo del 6.8.2010 divenuta irrevocabile in data 16.10.2010;
2. la Corte di Appello di Genova, con sentenza del 30.4.2014, aveva confermato quella del Tribunale nei confronti di tutti gli imputati ivi compreso l’odierno ricorrente il quale aveva proposto ricorso per Cassazione lamentando violazione di legge con riguardo alla disciplina in materia di armi ed al reato di ricettazione contestando la valenza probatoria delle conversazioni captate dagli investigatori nel corso della attivita’ di intercettazione; con un secondo motivo, aveva sottolineato la equivocita’ degli elementi che avevano portato alla condanna in relazione al capo 21) della rubrica; con il terzo motivo, infine, aveva dedotto il vizio di motivazione con riguardo, ancora, al tenore delle conversazioni intercettate; da ultimo, il ricorrente aveva lamentato vizio di motivazione della sentenza impugnata con riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche;
3. con sentenza del 12.11.2015 la VI Sezione Penale della Corte annullava la sentenza impugnata nei confronti del (OMISSIS) limitatamente alla recidiva contestata in relazione ai reati di cui ai capi 17) e 18) rinviando percio’ alla medesima Corte di Appello di Genova per un nuovo giudizio sul punto e rigettava il ricorso nel resto;
4. la Corte di Appello di Genova, con sentenza del 15.11.2016, pronunciando in sede di rinvio, ha confermato di nuovo quella resa dal Tribunale di Sanremo;
5. ricorre nuovamente per Cassazione, tramite il difensore, (OMISSIS) lamentando:
5.1 erronea applicazione dell’articolo 99 cod. pen.: richiamato il tenore della sentenza di annullamento, rileva che la Corte territoriale ha fatto malgoverno dei principi regolatori della materia laddove ha ribadito il riconoscimento della recidiva contestata sul capo 17) richiamando i precedenti penali del (OMISSIS) per traffico di stupefacenti e detenzione di armi; sottolinea, sul punto, di avere tuttavia segnalato che le cinque precedenti condanne si collocano in due periodi temporali molto distanti tra di loro (il primo tra il 2000 ed il 2005; il secondo nel 2010) e che le prime tre erano state ricomprese in un cumulo operato nel 2007 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sanremo per una pena complessiva di anni 5, mesi 2 e giorni 10 di reclusione, in parte coperta da indulto e per il resto espiata in regime di affidamento in prova ai servizi sociali, con conseguente loro estinzione pronunciata dal Tribunale di Sorveglianza di Genova in data 29.1.2009; ribadisce di aver segnalato come l’unico precedente in materia di armi risalisse al 2000 e che la sentenza del Tribunale aveva posto in continuazione gli episodi di violazione della legge in materia di stupefacenti con altra condanna, del 2010, valutabile quindi in maniera unitaria; ricordava di aver segnalato come la pena era stata espiata in regime di detenzione domiciliare con condotta immune da ogni censura; segnala, quindi, che di tali rilievi la Corte di Appello, in sede di rinvio, non ha tenuto conto in alcun modo non dandovi rilievo nella motivazione dove si e’ limitata ad un richiamo meramente formale ai precedenti penali risultanti dal casellario da cui traeva un “continuum” in realta’ insussistente;
6. Il ricorso e’ fondato nei termini di cui appresso.
6.1 Con la sentenza di annullamento, la VI Sezione di questa Corte aveva in primo luogo ritenuto infondati i primi quattro motivi del ricorso con cui, sotto il profilo della violazione di legge ovvero del difetto di motivazione, era stato segnalato il tenore equivoco della fonte probatoria offerta dai dati provenienti dalle intercettazioni.
La Corte, invece, aveva ritenuto di dover annullare la sentenza in relazione al trattamento sanzionatorio sia pure per ragioni diverse da quelle prospettate dalla difesa del ricorrente (che aveva lamentato l’omessa motivazione in punto di doglianza relativa al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche) e su di un profilo rilevabile di ufficio: aveva infatti osservato che mentre “sulle generiche… il ricorso deve ritenersi inammissibile perche’ difetta della puntuale indicazione degli elementi positivi, addotti con l’appello, trascurati dalla Corte distrettuale nel negare le rivendicate attenuanti, tanto da dare corpo al lamentato difetto di motivazione” aveva ritenuto invece condivisibile il rilievo della Procura Generale che aveva sollecitato l’annullamento della sentenza in punto al trattamento sanzionatorio in ragione della recidiva applicata con riferimento ai capi 17) e 18) e che “il Tribunale prima e implicitamente la Corte di Appello poi hanno ritenuto di obbligatoria applicazione (si veda pagina 45 della sentenza di primo grado) ai sensi del comma V dell’articolo 99, rientrando i reati di cui ai citati capi nella previsione di cui all’articolo 407 c.p.p., comma 2, lettera a)”; faceva presente, infatti, che “con sentenza nr 185/2015 del Giudice delle leggi e’ stata dichiarata incostituzionale ed espunta dal dato normativo di riferimento l’obbligatorieta’ imposta dall’articolo 99 c.p., comma 5” con conseguente annullamento con rinvio per nuovo giudizio sul punto.
Nella sentenza pronunciata in sede di rinvio, la Corte di Appello ha in primo luogo ricostruito l’assetto normativo della recidiva conseguente alla entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 e, successivamente, alla sentenza della Corte Costituzionale del 2015 che, per l’appunto, e’ intervenuta sull’articolo 99 c.p., comma 5 ricordando, quindi, come sia ormai sempre compito del giudice quello di verificare, in concreto, se la reiterazione dell’illecito sia effettivamente espressione di una piu’ accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosita’ del reo tenendo conto della natura dei reati, del tipo di devianza di cui essi siano manifestazione, della qualita’ dei comportamenti, del margine di offensivita’ delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneita’ esistente tra loro, dell’eventuale occasionalita’ della ricaduta, con motivazione che deve essere sul punto specifica e che non puo’ risolversi nel mero riscontro formale rappresentato della rassegna dei precedenti penali risultanti dal certificato del casellario giudiziale.
Fatta questa premessa, la Corte di Genova ha fatto presente che, tuttavia, proprio la considerazione di tali indici portava a confermare la decisione del Tribunale in punto di riconoscimento della contestata recidiva sui delitti di cui ai capi 17) (detenzione di arma clandestina) e 18) (detenzione e cessione a terzi di arma comune da sparo).
Ha richiamato, in tal senso, il contenuto di alcune conversazioni telefoniche intercettate dagli inquirenti dalle quali, a suo avviso, emergeva che i fatti di cui al capo di imputazione non potevano ritenersi meramente episodici e che, anzi, si inserivano nell’ambito di una attivita’ ed in un contesto nel quale il prevenuto veniva giudicato come particolarmente “affidabile” dai suoi interlocutori tanto da farne un elemento di collegamento con il mondo del traffico internazionale di armi.
Di qui, dunque, a parere della Corte, il collegamento “qualificato” tra i fatti oggetto della verifica giudiziale ed i precedenti episodi per i quali era intervenuta condanna potendosi a suo avviso ritenere che gli episodi contestati fossero sicuro indice di una maggiore pericolosita’ dell’imputato protrattasi per un lasso di tempo non indifferente.
6.2 Fatte queste premesse, nel caso di specie al Mignoli era stata contestata, sui capi 17), 18) e 19) la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale che, in sede di rinvio, la Corte di Appello ha confermato prendendo in considerazione “la presenza di numerosissimi precedenti penali, in un arco temporale che va dal 2000 al 2010, fra i quali spiccano diverse condanne per traffico di stupefacenti, oltre ad un significativo (seppure risalente)precedente per ricettazione e detenzione di armi” (cfr., pag. 9 della sentenza in verifica).
6.3 Nel ricorso la difesa ha evidenziato che, tra le molteplici condanne risultanti a carico del (OMISSIS), alcune di esse erano state oggetto di un cumulo di pena parzialmente coperto da indulto e, per il resto, espiata in regime di affidamento in prova con esito positivo (sancito dal Tribunale di Sorveglianza di Genova in data 29.1.2009) e gli effetti estintivi che non ne avrebbero consentito la valutazione ai fini della recidiva; ha aggiunto che, pertanto, l’unico precedente in materia di armi risaliva allora al 2010 e che la sentenza di primo grado aveva posto in continuazione gli episodi di violazione della legge in materia di stupefacenti con altra condanna, del 2010, che pertanto non poteva essere considerata ai fini della recidiva.
6.3 Il rilievo circa l’effetto estintivo dell’esito positivo dell’affidamento in prova e’ corretto; piu’ volte questa Corte, anche nella sua massima espressione nomofilattica, ha infatti ribadito che l’estinzione di ogni effetto penale determinata dall’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale, ai sensi dell’articolo 47 O.P., comma 12, comporta che delle relative condanne non possa tenersi conto agli effetti della recidiva (cfr., Cass. SS.UU., 27.10.2011 n. 5.859, Marciano’; Cass. Pen., 3, 4.7.2017 n. 39.550, Mauri).
6.4. Diversamente deve concludersi, invece, quanto alla affermazione secondo cui il riconoscimento del vincolo della continuazione con il fatto oggetto della condanna irrogata nel 2010 impedirebbe di considerare quest’ultima ai fini della recidiva.
Il collegio, infatti, condivide la tesi secondo cui non c’e’ alcuna incompatibilita’ fra gli istituti della recidiva e della continuazione, potendo quest’ultima essere riconosciuta anche fra un reato gia’ oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente alla formazione di detto giudicato (cfr., Cass. Pen., 2, 20.4.2016 n. 19.477, Calise; Cass. pen., 4, 22.3.2018 n. 21.043, B.; Cass. Pen., 4, 21.6.2013 n. 37.759, Lopreste; Cass. Pen., 6, 24.11.2011 n. 19.541, Bisesi).
Rispetto alla tesi sostenuta dalla difesa del ricorrente si deve infatti osservare che, nel caso di reato commesso dopo il passaggio in giudicato di sentenze di condanna per reati in precedenza consumati, il riconoscimento della recidiva non e’ di ostacolo al contestuale riconoscimento della continuazione, ove si accerti la permanenza dell’identico disegno criminoso.
La recidiva opera, infatti, soltanto relativamente ai reati commessi dopo una sentenza irrevocabile di condanna e il fatto che l’agente abbia persistito nella condotta criminosa nonostante la controspinta psicologica costituita dalla precedente condanna e’ conciliabile con il permanere dell’originario disegno criminoso.
Si e’ dunque correttamente fatto presente che siffatta interpretazione consente, ai fini del riconoscimento della recidiva, di ritenere i reati precedentemente unificati dal vincolo, comunque espressivi di quella crescente, concreta ed allarmante pericolosita’ che e’ alla base del riconoscimento dell’aggravante.
Ed infatti, una cosa e’ ritenere che singole condotte criminose siano state eseguite in esecuzione di una medesima ideazione, il che ne consente una valutazione unitaria ai fini del mitigamento del trattamento sanzionatorio conseguente al peculiare atteggiamento soggettivo del reo che ponga in essere piu’ condotte in esecuzione di un medesimo disegno criminoso; altra cosa e’, invece, e’ valutare la concreta e crescente pericolosita’ dell’imputato che si esprime per l’appunto proprio mediante la reiterazione di condotte penalmente rilevanti, indipendentemente dal fatto che le stesse possano ritenersi unificate dal vincolo della continuazione in considerazione del riconoscimento del particolare atteggiamento soggettivo dell’agente.
Si e’ chiarito, in definitiva, e va qui ribadito, che non esiste incompatibilita’ tra gli istituti della continuazione e della recidiva essendo il primo finalizzato a riconoscere il minore disvalore della progressione criminosa che si esprime in esecuzione di un medesimo progetto; mentre la recidiva e’ funzionale a consentire la valorizzazione, nella determinazione della sanzione, della oggettiva crescente pericolosita’ attribuibile all’agente che reitera condotte penalmente rilevanti.
6.5 La Corte di Appello, nel ribadire la sussistenza dei presupposti della contestata recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, ha genericamente richiamato i numerosissimi precedenti penali senza approfondire la “sorte” di questi ultimi nei termini prospettati dalla difesa.
La sentenza impugnata va dunque annullata sul punto specifico e, involgendo la questione proposta nel ricorso accertamenti di fatto che sono preclusi in questa sede, va disposto il rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello che dovra’ riesaminare l’esistenza dei presupposti fattuali per ritenere la recidiva contestata, alla luce dei principi di diritto sopra richiamati.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata quanto alla recidiva e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Genova.

Avv. Renato D’Isa

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