Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 15 febbraio 2018, n. 982. Una clausola estensiva in tanto possa essere ammessa, in quanto soddisfi i requisiti, in primis di determinatezza, prescritti per i soggetti e l’oggetto della procedura cui essa accede

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Il T.A.R. quindi, individuato quale presupposto legittimante della fattispecie di “estensione integrativa” oggetto di giudizio “l’identità dell’oggetto dei due contratti o, comunque, che le prestazioni acquisite attraverso l’estensione siano determinabili in base a criteri trasparenti che possano evincersi dalla stessa lex specialis in modo che nessuna incertezza possa sussistere al riguardo”, ed evidenziato che “appare incompatibile con il modulo della adesione una rinegoziazione delle condizioni contrattuali operata sulla base di scelte discrezionali della stazione appaltante che non siano state oggetto di un previo confronto concorrenziale aperto a tutte le imprese in possesso dei necessari requisiti”, ha sottolineato che “tali affermazioni trovano, peraltro, supporto anche nella disciplina dell’accordo quadro (che come si è detto può costituire l’unico paradigma normativo di riferimento in cui inquadrare la fattispecie della adesione) nella quale è chiaramente previsto che il contenuto dei contratti esecutivi può essere specificato in una fase successiva ma solo se e nella parte in cui ciò sia espressamente previsto e consentito nei documenti di gara relativi all’aggiudicazione dell’accordo base”.
Con i motivi di appello proposti da Se. Ri. s.p.a., al fine di conseguire la riforma della sentenza suindicata, viene essenzialmente dedotto che il carattere accessorio dei servizi aggiuntivi rispetto a quelli costituenti oggetto del contratto-base (i quali rappresentavano il 3,8% del valore del contratto originario e l’1,9% del valore del contratto esteso, in ogni caso al di sotto del limite del 5% del valore del contratto) ne dimostra la compatibilità con la previsione di cui all’art 311 D.P.R. n. 207/2010, la cui applicabilità alla fattispecie de qua discende dal rinvio operato dalla disciplina regolatrice del contratto oggetto di estensione al d.lvo n. 163/2006.
Avverso la sentenza suindicata ha altresì proposto appello incidentale, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.a., in relazione all’art. 333 c.p.c., ESTAR, il quale, a sostegno della conformità a legge del proprio operato, evidenzia che ricorrevano nella specie i presupposti applicativi dell’art. 311 d.P.R. n. 207/2010, essendo l’integrazione apportata al contratto originario funzionale ad adeguarlo alle esigenze sopravvenute ed imprevedibili rappresentate dalla A.S.L. Toscana Sud Est.
Allega inoltre la parte appellante incidentale che rientra nella discrezionalità della stazione appaltante la decisione di procedere all’estensione contrattuale così come l’individuazione del contratto da estendere, una volta verificato, come nella specie, che ve ne sia più di uno potenzialmente idoneo a soddisfare le necessità dell’Amministrazione: sì che essa non ha fatto altro che “procedimentalizzare”, in una logica di trasparenza, la propria scelta discrezionale tra i due contratti potenzialmente “estensibili”, in modo da individuare quello maggiormente conveniente.
Deduce inoltre che entrambi i contratti di ristorazione presi in considerazione, mancando soltanto di talune prestazioni marginali, risultavano entrambi estensibili di per sé, senza alcuna necessità di ampliarne l’oggetto: infatti, l’interesse della A.S.L. Toscana Sud Est sarebbe stato soddisfatto dall’adesione ad uno qualsiasi di tali contratti di ristorazione, che avrebbe potuto essere integrato in qualunque momento, in corso di esecuzione, ex art. 311 del D.P.R. n. 207/2010.
ESTAR quindi, prosegue l’appello incidentale, non ha fatto altro che chiedere in via preventiva il prezzo delle prestazioni accessorie alle imprese titolari dei due contratti di ristorazione, onde comparare il costo di ciascuna delle due estensioni e scegliere quella più conveniente: ciò perché, data la sostanziale equivalenza economica dei due contratti “base”, conoscere il costo delle prestazioni accessorie era, nella specie, fondamentale per individuare l’estensione contrattuale più conveniente.
Infine, l’appellante incidentale deduce che il suo operato trova “copertura” normativa anche nella disciplina dell’accordo-quadro, atteso che, ai sensi dell’art. 59 del d.lgs. n. 163/2006, sono consentite le modifiche “non sostanziali” nell’ambito dell’attuazione degli accordi-quadro, mentre, solo qualora le particolari esigenze di servizio dell’ente che dovrebbe aderire al contratto richiedano lo svolgimento di prestazioni per un valore superiore al modesto limite di cui all’art. 311 d.P.R. n. 207/2010, l’estensione non potrà avvenire e la stazione appaltante dovrà procedere all’indizione di una gara ad hoc.
Si è costituita in giudizio, in funzione antagonista rispetto alle parti appellanti, CA. soc. coop. a r.l., il cui ricorso di primo grado è stato accolto con la sentenza appellata.
Si è parimenti costituita in giudizio la controinteressata Co. It. di Ri. s.c. – CI. FO., quale società incorporante di Al. s.r.l., destinataria della notifica degli appelli, per opporsi al loro accoglimento e riproporre, “nei limiti della motivazione” della decisione appellata, i motivi da essa formulati e non esaminati dal T.A.R. in conseguenza della declaratoria di improcedibilità del ricorso da essa proposto.
Gli appelli quindi, all’esito dell’udienza di discussione e dopo lo scambio di ulteriori memorie tra le parti, sono stati trattenuti dal collegio per la decisione di merito.
DIRITTO
Costituisce oggetto di controversia, nel suo nucleo essenziale, la possibilità per una Amministrazione – negata dal T.A.R. con la sentenza appellata e sostenuta invece dalle parti appellanti – di utilizzare la cd. clausola di estensione o adesione, apposta ad un contratto-base in essere con altra stazione appaltante, al fine di ottenere la fornitura del servizio oggetto del precedente affidamento mediante l'”integrazione” con altri servizi, funzionali alle sue specifiche esigenze, che nel primo non erano presenti ma che l’impresa affidataria sia disposta ad erogare, a titolo oneroso, all’Amministrazione aderente.
E’ infatti accaduto, come più ampiamente si evince dall’esposizione in fatto che precede, che la centrale di committenza regionale per la Regione Toscana (ESTAR), al fine di fare fronte alle esigenze della ASL Toscana Sud Est (con particolare riferimento alle realtà territoriali, da essa amministrate, della ex Azienda USL n. 7 di Siena e della ex Azienda USL n. 9 di Grosseto), comprensive, insieme al servizio di ristorazione, dei servizi di distribuzione e ritiro dei vassoi al letto del paziente e di prenotazione dei pasti con sistema informatizzato (più esattamente, di entrambi per la ex USL n. 9, solo del secondo per la ex USL n. 7), rilevato che i due contratti corredati della cd. clausola di adesione e suscettibili di estensione (anche all’esito delle valutazioni di compatibilità condotte dalla ASL Toscana Sud Est), in essere tra la Se. Ri. s.p.a. e la ex Azienda USL n. 6 di Livorno, da un lato, e tra Al. s.r.l. e la ex Azienda USL n. 5, dall’altro, erano carenti dei suddetti servizi ulteriori, ha richiesto alle due imprese già fornitrici, ai sensi dell’art. 311 d.P.R. 207/2010, di formulare un’offerta economica ad essi riferita, acquisita la quale, e sommato il prezzo indicato al costo del servizio di ristorazione fornito sulla scorta dei contratti già in essere, giudicava più conveniente l’offerta di Se. Ri. s.p.a., cui veniva quindi affidata “in estensione” la fornitura del servizio alla ASL Toscana Sud Est.
Tanto premesso, gli appelli devono essere respinti, meritando la sentenza appellata di essere pienamente confermata.
Va evidenziato, in via preliminare, che il meccanismo di affidamento incentrato sull’applicazione della cd. clausola di adesione non costituisce oggetto di una disciplina legislativa espressa, in particolare di fonte statale (attesa l’inerenza della materia alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ex art. 117, comma 2, lett. e) Cost.), che ne sancisca l’ammissibilità e ne preveda presupposti e limiti applicativi.
La legittimità della figura, insieme alla sua compatibilità con la normativa nazionale ed euro-unitaria in materia di tutela della concorrenza, è stata infatti affermata dalla giurisprudenza in un’ottica interpretativa di carattere non strettamente letterale, rinvenendone cioè le radici genetiche nell’orientamento normativo favorevole all’utilizzo di forme di acquisizione centralizzata ed aggregata di beni e servizi occorrenti al funzionamento della P.A. (il quale trova una delle sue manifestazioni-cardine nell’istituto della centrale di committenza) (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, n. 442 del 4 febbraio 2016), ovvero assimilandola tout court alla fattispecie dell’accordo-quadro (sebbene rinviando pregiudizialmente alla Corte di Giustizia la questione di compatibilità con l’ordinamento europeo dei profili di difformità dell’istituto, così come concretamente applicato, rispetto allo schema-tipo) (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1690 dell’11 aprile 2017).
Al di là delle questioni di inquadramento, l’assenza di una normativa espressamente rivolta a disciplinare la cd. clausola di adesione ha posto, all’Amministrazione, il compito di modularne l’applicazione in vista, prioritariamente, del rispetto dei canoni inderogabili di trasparenza, pubblicità e salvaguardia della concorrenza, ed al giudice, quello di verificare la coerenza tra le soluzioni concretamente adottate e le suindicate finalità.

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