Consiglio di Stato, sezione adunanza plenaria, sentenza 23 febbraio 2018, n. 2. L’articolo 99, comma 4 del cod. proc. amm. deve essere inteso nel senso di rimettere all’Adunanza plenaria la sola opzione fra l’integrale definizione della controversia e l’enunciazione di un principio di diritto

L’articolo 99, comma 4 del cod. proc. amm. deve essere inteso nel senso di rimettere all’Adunanza plenaria la sola opzione fra l’integrale definizione della controversia e l’enunciazione di un principio di diritto, mentre non è predicabile (per ragioni sia testuali, che sistematiche) l’ulteriore distinzione in princìpi di diritto di carattere astratto e princìpi maggiormente attinenti alle peculiarità del caso concreto.

Ai princìpi di diritto enunciati dall’Adunanza plenaria ai sensi dell’articolo 99, comma 4 del cod. proc. amm. non può essere riconosciuta l’autorità della cosa giudicata.

L’attività di contestualizzazione e di sussunzione del principio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria ai sensi dell’articolo 99, comma 4 del cod. proc. amm. in relazione alle peculiarità del caso concreto spetta alla Sezione cui è rimessa la decisione del ricorso.

Sentenza 23 febbraio 2018, n. 2
Data udienza 13 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Adunanza Plenaria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11 di A.P. del 2017, proposto dalla società Sa. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Ma. e Cl. De. Po., con domicilio eletto presso lo studio An. Ma. in Roma, via (…)

contro

Ma. Pi. & Figli S.p.a. in proprio e quale Mandataria di R.T.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Cl. Pi. e Gi. Pe., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Pe. in Roma, corso (…);

Rti So. Srl non costituita in giudizio

nei confronti di

Società Autostrade Valdostane – Sav S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Um. Gi., ed altri, con domicilio eletto presso lo studio Gi. Co. in Roma, via (…)

per la revocazione della sentenza della Sezione IV di questo Consiglio di Stato n. 1448/2016, resa tra le parti e concernente affidamento dei lavori per la sostituzione di barriera spartitraffico in un tratto dell’autostrada A5

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Ma. Pi. & Figli S.p.a. in proprio e quale Mandataria di R.T.I. e della Società Autostrade Valdostane – Sav S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2017 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Ma., De. Po., Pe., Gu., e Co.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Nell’ottobre del 2013 la S.A.V. – Società Autostrade Valdostane S.p.a. ha indetto una procedura ristretta con importo a base d’asta pari ad euro 8.213.115,39 avente a oggetto l’affidamento dei lavori di sostituzione della barriera architettonica spartitraffico tra il Km +816 e il Km +5 (tratto nr. 4.0) dell’autostrada A5 della Valle d’Aosta.

Alla gara, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso, hanno partecipato dieci concorrenti tra i quali, per quanto qui rileva, il raggruppamento temporaneo di imprese con capogruppo Ma. Pi. & Figli S.p.a. (d’ora in avanti, per brevità, Ma. S.p.a.) e Sa. S.r.l..

A seguito delle operazioni di gara, l’aggiudicazione definitiva è stata disposta a favore del R.T.I. Ma. s.p.a., mentre Sa. S.r.l. si è classificata seconda.

Avverso tale esito la seconda classificata ha proposto ricorso dinanzi al T.A.R. della Valle d’Aosta chiedendo l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’appalto al R.T.I. controinteressato, del quale ha dedotto – tra l’altro – l’illegittima ammissione alla gara, atteso che, pur avendo indicato di voler subappaltare completamente le opere appartenenti alla categoria dei lavori OS10 (lavori scorporabili a qualificazione obbligatoria), aveva omesso di indicare il nominativo del subappaltatore.

Il giudice adìto ha accolto il ricorso (sentenza n. 18 del 2015), aderendo, tra gli opposti orientamenti giurisprudenziali al tempo formatisi sull’argomento, a quello secondo il quale è doverosa l’esclusione da una gara pubblica dell’impresa la quale, non essendo in possesso dei requisiti di qualificazione per parte delle opere, abbia manifestato nell’offerta il proprio intento di fare ricorso al subappalto per l’esecuzione delle opere per cui non è qualificata, ma non abbia indicato il soggetto del quale si servirà a tal fine.

Ma. s.p.a. e So. S.r.l., rispettivamente mandataria e mandante del R.T.I. concorrente, hanno appellato tale decisione, della quale hanno chiesto la riforma previa sospensione cautelare, reiterando in primis l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione del bando di gara nella parte che qui rileva; in secondo luogo lamentando la violazione dell’articolo 46, comma 1-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici) in tema di soccorso istruttorio.

Ciò in quanto, non essendo previsto dalla lex specialis che, in caso di subappalto c.d. “necessario”, il concorrente dovesse indicare in fase di gara il nominativo del subappaltatore, l’esclusione per tale omissione risulterebbe violativa del principio di tassatività delle clausole di esclusione.

L’appellante ha poi lamentato l’erroneità delle statuizioni rese dal primo Giudice per non aver considerato che la normativa di riferimento (articolo 118, comma 2 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e articoli 92 e 109 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207) non richiede in alcun modo l’indicazione del nominativo del subappaltatore.

Con ordinanza 6 giugno 2015, n. 2707 la Quarta Sezione di questo Consiglio ha sospeso il giudizio e ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione relativa alla sussistenza o meno dell’obbligo di indicazione nominativa del subappaltatore in sede di offerta in caso di subappalto c.d. necessario.

La Sezione ha inoltre rimesso all’Adunanza plenaria l’ulteriore questione “se, in relazione all’obbligo di indicazione in sede di offerta dei costi per gli oneri di sicurezza aziendale, affermato anche per gli appalti di lavori dalla sentenza nr. 3 del 2015, sia del pari possibile, per le procedure nelle quali la fase di presentazione delle offerte si sia esaurita anteriormente al ridetto pronunciamento, ovviare all’eventuale omissione attraverso il rimedio del c.d. soccorso istruttorio, e quindi invitando il concorrente interessato a integrare o precisare la dichiarazione carente”.

L’Adunanza plenaria, con la sentenza n. 9 del 2 novembre 2015:

a) ha escluso che la normativa vigente debba essere interpretata nel senso che, in caso di subappalto c.d. necessario, il concorrente sprovvisto dei requisiti sia tenuto in sede di offerta, oltre che a dichiarare di voler subappaltare le relative prestazioni, anche a indicare nominativamente il subappaltatore (o i subappaltatori);

b) ha dichiarato conseguentemente superato il secondo quesito, col quale si era posto il problema di individuare la valenza temporale dell’obbligo di indicare – a pena di esclusione – il nominativo del subappaltatore nel richiamato caso di subappalto necessario;

c) ha escluso, per quanto concerne l’obbligo di indicazione in sede di offerta degli oneri per la sicurezza cc.dd. interni o aziendali (già affermato in via generale con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 20 marzo 2015) che, per le procedure indette anteriormente a tale decisione, potesse farsi luogo al c.d. soccorso istruttorio per le imprese che avessero omesso tale indicazione.

Dopo la restituzione della causa alla Sezione remittente, le parti hanno affidato a memorie l’ulteriore svolgimento delle rispettive tesi.

Con la sentenza 13 aprile 2016, n. 1448 (oggetto del presente giudizio di revocazione) la Quarta Sezione ha respinto l’appello principale della Ma. s.p.a., ma con motivazione diversa rispetto a quella posta a fondamento della decisione di primo grado (frutto, a sua volta, di una diversa interpretazione del motivo dedotto dalla parte ricorrente) e – per quanto più rileva ai fini della presente decisione – ammettendo una nuova valutazione da parte della stazione appaltante dell’offerta della stessa Ma. s.p.a.

In particolare il Giudice di appello ha affermato “[che] la ricorrente in primo grado [Sa.] aveva stigmatizzato non già la mancata esclusione in via preliminare dell’offerta del R.T.I. controinteressato, a causa della mancata indicazione degli oneri della sicurezza, bensì l’inadeguatezza della verifica di anomalia dell’offerta risultata aggiudicataria provvisoria, a cagione della mancata considerazione dei predetti oneri fra le voci in tale sede esaminate”.

Conseguentemente, la sentenza di primo grado è stata confermata per non avere la stazione appaltante svolto la verifica di anomalia in relazione alle indicazioni fornite dalla Ma. s.p.a. in ordine agli oneri di sicurezza.

La sentenza ha altresì stabilito l’obbligo per la stazione appaltante, a seguito dell’annullamento, di rivalutare in concreto l’offerta della Ma. s.p.a..

Al contrario, il Giudice di appello ha escluso che la Ma. s.p.a. andasse esclusa per l’omessa indicazione in quanto tale degli oneri per la sicurezza cc.dd. interni o aziendali (e quindi, per le ragioni su cui si erano incentrate le sentenze di questa Adunanza plenaria numm. 3 e 9 del 2015).

Con la medesima sentenza è stato altresì respinto l’appello incidentale proposto dalla Sa. s.r.l..

Con il ricorso in epigrafe la Sa. s.r.l. ha chiesto che questo Consiglio di Stato disponga la revocazione della richiamata sentenza n. 1448 del 2016.

Per quanto riguarda la fase rescindente, la Sa. ha lamentato che la sentenza di appello sia viziata:

a) da errori di fatto revocatori (rilevanti ai sensi degli articoli 106 cod. proc. amm. e 395, n. 4) c.p.c.) per travisamento della materia del contendere, per errore di fatto processuale, per errore sull’oggetto del ricorso di primo grado e sul contenuto della memoria di riproposizione dei motivi già articolati in primo grado;

b) da errore di fatto revocatorio (rilevante ai sensi degli articoli 106 cod. proc. amm. e 395, n. 5) c.p.c.) per contrarietà della sentenza con altra resa tra le stesse parti (e, in particolare, per contrarietà con le statuizioni rese da questa Adunanza plenaria con la sentenza n. 9 del 2015).

Tanto richiesto in fase rescindente, in sede rescissoria la ricorrente ha chiesto che, in accoglimento del secondo motivo di ricorso proposto da Sa. s.r.l. al T.A.R. (e riproposto nel giudizio di appello), sia confermata integralmente la citata sentenza del T.A.R. Valle d’Aosta, accertando che il R.T.I. Ma. – Sogeco avrebbe dovuto essere escluso per mancata indicazione degli oneri di sicurezza in sede di offerta.

La ricorrente ha altresì chiesto che sia accertato il proprio diritto ad ottenere l’aggiudicazione della gara.

Nell’ambito del giudizio per revocazione si è costituita la SAV s.p.a. la quale ha concluso nel senso dell’inammissibilità o dell’infondatezza del ricorso.

Si è altresì costituita la Ma. s.p.a. la quale ha a propria volta concluso nel senso dell’inammissibilità o dell’infondatezza del ricorso per revocazione.

Con ordinanza 31 luglio 2017, n. 3805 la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha nuovamente sospeso il giudizio e ha rimesso a questa Adunanza plenaria alcune questioni interpretative inerenti la richiamata decisione del 2015 e che si ritiene qui di riportare de extenso:

“(…) 10.1. In primo luogo, il Collegio ritiene opportuno che l’Adunanza plenaria affermi se, ed in quale misura, ai principi da essa enunciati possa applicarsi l’”autorità di cosa giudicata”, e, dunque, in quale misura con riferimento a detto principio, possa ricorrere l’ipotesi revocatoria, di cui all’art. 395 n. 5 c.p.c., una volta che lo stesso risultasse “non applicato” dalla Sezione, che non ha invece disposto ai sensi dell’art. 99, co. 3, Cpa.

Allo steso tempo (ed in eventuale connessione con l’affermazione innanzi sollecitata), il Collegio reputa opportuno che l’Adunanza plenaria affermi, in via generale, se l’interpretazione del principio di diritto da essa enunciato, ove ne sia in discussione la “portata” competa alla medesima Adunanza plenaria, cui il giudice remittente, ove abbia perplessità (ex officio o a ciò sollecitato dalle parti), è tenuto a rimettere la questione, ovvero se tale interpretazione possa essere svolta dalla stessa Sezione cui è assegnato il ricorso, esulando tale fattispecie dall’obbligo di cui all’art. 99, co. 3, Cpa.

A favore della prima conclusione, milita la considerazione che, diversamente opinando, la interpretazione resa “a valle” dalla Sezione semplice potrebbe incidere sul contenuto precettivo e nomofilattico del principio enunciato dall’Adunanza plenaria.

A favore della seconda conclusione, militano considerazioni volte ad evitare un eccessivo “ingessamento” del rapporto tra Adunanza plenaria e Sezione semplice, che comporterebbe sia una incisione sensibile dei normali poteri di interpretazione del giudice di rinvio, sia la possibilità di appesantimenti processuali, dovuta a reiterate “navette” tra Sezione ed Adunanza Plenaria.

10.2. In secondo luogo, e con riferimento al caso concreto, il Collegio ritiene che l’Adunanza plenaria possa chiarire se, con l’affermazione del secondo principio di diritto di cui alla propria sentenza n. 3/2015 ed alla luce della formulazione dell’ordinanza di rimessione, abbia inteso definire il motivo di ricorso di Sa., da questa riproposto in appello (relativo alla mancata indicazione degli oneri di sicurezza aziendale), ovvero abbia inteso enunciare un “principio di diritto”, ai sensi dell’art. 99, co. 4, Cpa.

Il che comporta definire:

– se l’Adunanza Plenaria, nell’enunciare il principio di diritto in esame, lo abbia inteso applicabile al motivo di ricorso Sa., intendendolo già esaminato (interpretato) e conseguentemente prospettato dal giudice remittente, il che – una volta enunciato il principio – non renderebbe possibile alcuna ulteriore attività interpretativa del motivo da parte della Sezione semplice (come invece avvenuto con la sentenza n. 1448/2016);

– ovvero se l’Adunanza Plenaria abbia ritenuto di enunciare solo un “astratto” principio di diritto, lasciando poi al giudice remittente (cui il giudizio è restituito) ogni interpretazione in concreto del motivo di ricorso, cui tuttavia applicare il principio da essa enunciato”.

Alla camera di consiglio del 13 dicembre 2017 le Parti costituite hanno rassegnato le proprie conclusioni e il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione di questa Adunanza plenaria il ricorso proposto dalla Sa. s.r.l. (la quale aveva partecipato alla gara di appalto indetta dalla Società Autostrade Valdostane – SAV s.p.a. per la realizzazione di alcuni lavori e, classificatasi al secondo posto, aveva impugnato dinanzi al T.A.R. della Valle d’Aosta l’aggiudicazione in favore del R.T.I. Ma., ottenendone l’annullamento) ai fini della revocazione (per errore di fatto revocatorio e per contrasto con altra sentenza definitiva resa fra le parti) della sentenza di questo Consiglio di Stato n. 1448/2016 con cui è stato respinto l’appello proposto dalla stessa Ma. s.p.a., ma con una motivazione diversa (e meno satisfattiva) per la ricorrente in revocazione.

2. Il Collegio rileva in primo luogo che i due quesiti formulati dalla Sezione remittente possono essere compendiati in quattro interrogativi, i quali possono essere così sinteticamente descritti.

2.1. In primo luogo è stato chiesto di stabilire se alla richiamata sentenza n. 9 del 2015 e- più in generale – ai princìpi di diritto sanciti da questa Adunanza plenaria possa essere riconosciuta l’autorità della cosa giudicata in relazione alla controversia nel cui ambito sono stati resi.

2.2. In secondo luogo è stato chiesto di chiarire se l’interpretazione di un principio di diritto reso da questa Adunanza plenaria, ove ne sia in discussione la stessa portata, spetti alla medesima Adunanza ovvero se tale attività interpretativa possa essere rimessa alla Sezione cui è assegnato il ricorso, esulando tale fattispecie dagli obblighi di ulteriore rimessione di cui è menzione all’articolo 99, comma 3 del cod. proc. amm.

2.3. In terzo luogo è stato chiesto di chiarire se, nell’enunciare il secondo principio di diritto di cui alla sentenza n. 9 del 2015, (relativo all’ammissibilità del soccorso istruttorio per mancata indicazione degli oneri per la sicurezza laddove la presentazione delle offerte in gara sia avvenuta prima della pubblicazione della sentenza n. 3 del 2015), questa Adunanza plenaria abbia inteso definire con valenza di giudicato il relativo motivo proposto dalla Sa. s.r.l., ovvero se “abbia inteso enunciare un’principio di dirittò, ai sensi dell’art. 99, co. 4, Cpa”.

2.4. In quarto luogo è stato chiesto a questa Adunanza plenaria di chiarire se, nel rendere il secondo dei princìpi di diritto di cui alla sentenza n. 9 del 2015 (dinanzi richiamato sub 2.3), “lo abbia ritenuto applicabile al motivo di ricorso Sa. (…) ovvero se l’Adunanza Plenaria abbia ritenuto di enunciare solo un “astratto” principio di diritto, lasciando poi al giudice remittente (cui il giudizio è restituito) ogni interpretazione in concreto del motivo di ricorso, cui tuttavia applicare il principio da essa enunciato”.

3. Il Collegio ritiene che ragioni di ordine logico e di corretta tassonomia delle questioni oggetto di decisione inducano a riconoscere priorità di esame al quesito dinanzi richiamato sub 2.3.

E’ evidente al riguardo che laddove si ritenesse che la sentenza di questa Adunanza plenaria n. 9 del 2015 abbia definito in parte qua il giudizio (e non si sia invece limitata alla sola enunciazione di un principio di diritto ai sensi dell’articolo 99, comma 4 del cod. proc. amm.), neppure vi sarebbe un’effettiva ragione per esaminare gli ulteriori quesiti articolati dal Giudice remittente (quesiti i quali, a ben vedere, presuppongono tutti che tale decisione si sia appunto limitata all’enunciazione di un principio senza assumere una valenza definitivamente decisoria sul punto controverso).

3.1. Il Collegio osserva al riguardo che il quesito deve essere certamente risolto nel senso che la statuizione resa con la sentenza di questa Adunanza plenaria n. 9 del 2015 in ordine all’esperibilità del soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione degli oneri per la sicurezza cc.dd. interni o aziendali rappresenti soltanto l’enunciazione di un principio di diritto ai sensi dell’articolo 99, comma 4 del cod. proc. amm.

Al riguardo è dirimente l’esame testuale della stessa decisione la quale, al punto 5, afferma espressamente che la statuizione ivi recata sub b) rappresenti – appunto – l’enunciazione di un principio di diritto (in quanto tale inidonea a definire in parte qua il giudizio).

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