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[…]
In relazione alle seconde, la Cassazione ha affermato che, in presenza di una danno da emoderivati infetti, il Ministero può essere ritenuto responsabile, ricorrendo i presupposti previsti dall’art. 2043 cod. civ., per omessa vigilanza. La legge 25 febbraio 1992, n. 210 prevede la corresponsione da parte del Ministero della sanità di un «indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati». La Cassazione ha affermato che l’indennizzo corrisposto al danneggiato deve essere integralmente scomputato dalle somme corrisposte a titolo di risarcimento «posto che in caso contrario la vittima si avvantaggerebbe di un ingiustificato arricchimento, godendo, in relazione al fatto lesivo del medesimo interesse tutelato di due diverse attribuzioni patrimoniali dovute dallo stesso soggetto (il Ministero della salute) ed aventi causa dal medesimo fatto (trasfusione di sangue o somministrazione» (Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 584; nello stesso senso, tra le altre, Cass. civ., sez. III, 12 dicembre 2014, n. 26152).
6.3.3.- Questo esito interpretativo non è inciso dalle seguenti argomentazioni difensive della parte appellata.
In relazione alla espressa previsione da parte della normativa di settore sull’equo indennizzo dei fattori che sono idonei a ridurre l’indennità da corrispondere e che non ricomprenderebbero la somma corrisposta a titolo di risarcimento del danno (art. 50 del d.p.r. n. 686 del 1957), deve rilevarsi come non si possa ritenere che essi siano gli unici rilevanti. Ciò in quanto, alla luce dei principi generali che regolano la materia, sarebbe stata necessaria una esplicita previsione idonea ad assegnare carattere di esclusività ai divieti di cumulo.
In relazione alla impossibilità di applicare la regola della compensatio al danno non patrimoniale per la sua natura che escluderebbe la stessa astratta possibilità di una riparazione, in base a “criteri convenzionali”, dell’interesse personale leso, deve rilevarsi come anche tale voce di danno abbia una finalità compensativa e debbano essere previste modalità risarcitorie idonee ad evitare ingiustificati arricchimenti. La “non patrimonialità” del bene leso e soprattutto delle conseguenze derivanti dal fatto lesivo non esclude la possibilità che si proceda, in via equitativa e con l’ausilio di meccanismi tabellari da calare sempre nell’ambito di processi personalizzati che valorizzino le peculiarietà del caso concreto, ad una determinazione quantitativa degli effetti economici negativi subiti dal soggetto leso. In altri termini, la particolare natura del pregiudizio alla persona non esclude che si provveda ad una sua quantificazione.
In tale ottica, se si ammettesse la possibilità di cumulare somme dovute anche a titolo diverso la conseguenza sarebbe quella di assegnare una valenza punitiva al danno risarcibile in contrasto con la più volte enunciata regola della finalità compensativa in assenza di una espressa previsione legislativa.
7.- La decisione dell’intera controversia, ai sensi dell’art. 99, comma 4, comporta l’accoglimento dell’appello.
In via preliminare deve rilevarsi come la regola della compensatio, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte privata resistente, non può ritenersi applicabile soltanto a rapporti futuri e non anche a quelli in corso.
Gli enunciati giurisprudenziali hanno, infatti, natura formalmente dichiarativa. La diversa opinione «finisce per attribuire alla esegesi valore ed efficacia normativa in contrasto con la logica intrinseca della interpretazione e con il principio costituzionale della separazione dei poteri venendosi a porre in sostanza come una fonte di produzione» (Cons. Stato, Ad. Plen., 2 novembre 2015, n. 9).
Affinché un orientamento del giudice della nomofilachia possa avere efficacia solo per il futuro devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: «a) che si verta in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; b) che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso; c) che il suddetto overruling comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte» (così Cass. civ., 11 marzo 2013, n. 5962).
Nella fattispecie in esame non occorre applicare una norma processuale e nemmeno attinente al procedimento amministrativo, e, in ogni caso, non risulta che vi sia stato né un mutamento imprevedibile di orientamento in ragione anche degli indirizzi interpretativi seguiti nell’ambito della giurisprudenza della Corte di Cassazione né una incidenza negativa sul diritto di azione della parte appellata.
Chiarito ciò, nella specie il Tribunale amministrativo ha ritenuto, applicando la regola del cumulo, che il ricorrente avesse diritto ad aggiungere all’indennità già percepita il risarcimento del danno non patrimoniale.
La controversia in esame deve, invece, essere risolta, in applicazione dei principi sin qui esposti, mediante l’applicazione della regola del divieto di cumulo.
Occorra detrarre, pertanto, dall’ammontare della somma risarcitoria pari ad euro 85.180,00 la somma di euro 49.567,07 già corrisposta dall’amministrazione a titolo di indennizzo. L’amministrazione deve, pertanto, corrispondere alla parte appellata la somma di euro 35.612,93.
8.- Alla luce di quanto sin qui esposto occorre formulare il seguente principio di diritto limitatamente alla questione relativa al cumulo tra risarcimento e indennità dovute da enti pubblici e non anche, perché non rilevante, da assicuratori privati o sociali: “la presenza di un’unica condotta responsabile, che fa sorgere due obbligazioni da atto illecito in capo al medesimo soggetto derivanti da titoli diversi aventi la medesima finalità compensativa del pregiudizio subito dallo stesso bene giuridico protetto, determina la costituzione di un rapporto obbligatorio sostanzialmente unitario che giustifica, in applicazione della regola della causalità giuridica e in coerenza con la funzione compensativa e non punitiva della responsabilità, il divieto del cumulo con conseguente necessità di detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno contrattuale quella corrisposta a titolo indennitario”.
9.- Le spese del presente grado di giudizio, in ragione della complessità della questione risolta, giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, definitivamente pronunciando, enunciato il principio di diritto riportato al punto 8 del diritto:
a) accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna il Ministero della Giustizia a corrispondere alla parte appellata la somma di euro 35.613,07;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno – Presidente
Filippo Patroni Griffi – Presidente
Franco Frattini – Presidente
Giuseppe Severini – Presidente
Luigi Maruotti – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere
Fabio Taormina – Consigliere
Bernhard Lageder – Consigliere
Umberto Realfonzo – Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore
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