Consiglio di Stato
sezione VI
sentenza 9 marzo 2016, n. 953
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9243 del 2015, proposto da:
Er. Ag. ed altri, rappresentati e difesi dagli avv. Vi. De Mi., Se. Ga., con domicilio eletto presso Se. Ga. in Roma, Via (…);
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via (…);
nei confronti di
Ambito Territoriale per la Provincia di Agrigento ed altri;
per la riforma
della sentenza non definitiva del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III n. 10636/2015, resa tra le parti, concernente aggiornamento graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo triennio scolastico 2014/2015 – 2015/2016 e 2016/2017 – parziale difetto di giurisdizione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2016 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati St. Vi. per delega di Ga. e dello Stato Fi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con l’appellata sentenza il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla impugnazione delle Graduatorie ad esaurimento, evidenziando che “Per quanto riguarda…le Graduatorie ad esaurimento impugnate con i motivi aggiunti e riferite a numerosi Ambiti Scolastici Territoriali, siccome ricompresi negli Uffici Scolastici Regionali italiani che hanno provveduto ad approvarle e senza ricomprendervi i ricorrenti, come meglio nell’epigrafe dei motivi aggiunti indicate, deve essere ritenuto il difetto di giurisdizione”.
Essa ha richiamato la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 27991 del 16-12-2013, così motivando: “La Suprema Corte ha infatti chiarito che quando è contestata dai ricorrenti la legittimità della regolamentazione, con disposizioni generali ed astratte, delle graduatorie ad esaurimento al fine di ottenere l’annullamento di tale regolamentazione in parte qua…la giurisdizione è del giudice amministrativo. Non così quando oggetto del giudizio sia la singola collocazione del docente in una determinata graduatoria, che va sottoposta al giudice ordinario del quale dunque permane il potere di disapplicazione degli atti amministrativi presupposti anche eventualmente di natura normativa sub primaria…..E d’altra parte una differente interpretazione delle norme in tema di giurisdizione per i docenti ed il personale ATA, quando dinanzi al giudice amministrativo siano impugnate le graduatorie ad esaurimento finisce per contrastare macroscopicamente con il riparto di giurisdizione stabilito dal d.lgs. 31 marzo 2001, n. 165 che affida appunto al giudice ordinario gli atti di gestione del rapporto di lavoro privatizzato, come sono oramai pacificamente definite le graduatorie ad esaurimento dal Supremo Organo della giurisdizione. Nel caso in esame, pertanto, laddove permane la giurisdizione del giudice amministrativo avverso l’atto generale proposto, sulla domanda instata avverso le GAE definitive nella parte in cui non inseriscono i ricorrenti…va declinata la giurisdizione del giudicante in favore di quella del giudice ordinario….”.
Avverso la prefata sentenza i docenti in epigrafe indicati hanno proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendone la riforma nella parte in cui “nei confronti di tutti i ricorrenti, dichiara i motivi aggiunti inammissibili per difetto di giurisdizione e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario per tale controversia”.
Con articolata prospettazione hanno dedotto che, vertendo la controversia in materia di regole ordinatorie poste a presidio dell’ingresso in graduatoria, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, evidenziando di avere impugnato il d.m. 235/2014 nella parte in cui tale atto regolamentare non aveva dato corretta attuazione alla normativa di cui all’art. 1, comma 1 bis, del d.l. n. 97/2004, mentre le graduatorie erano state impugnate in quanto affette da illegittimità in via derivata, ossia quali atti meramente applicativi del censurato criterio di formazione delle graduatorie.
L’appello è fondato.
Ritiene, invero, la Sezione che sussista in materia la giurisdizione del giudice amministrativo e tanto sulla base delle considerazioni che di seguito si espongono.
Vanno preliminarmente richiamati i principi affermati dalla giurisprudenza (cfr., ex multis, Cass.civ., sez. un., 16-12-2013, n. 27991; Cons. Stato, A.P., 12-7-2011, n. 11) in materia di giurisdizione, relativamente a controversie concernenti le graduatorie permanenti e ad esaurimento.
Tali principi possono così riassumersi:
– le procedure relative alla formazione e all’aggiornamento delle graduatorie non sono procedure concorsuali, onde non può ritenersi la giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’articolo 63 del d.lgs. n. 165/2001;
– trattasi di atti che non possono che restare ricompresi tra le determinazioni assunte con la capacità ed i poteri del datore di lavoro privato ex art. 5, comma 2, del richiamato decreto legislativo, a fronte dei quali sussistono solo posizioni di diritto soggettivo, poiché le pretesa consiste solo nella conformità o difformità a legge degli atti inerenti al rapporto già instaurato e, dunque, di gestione della graduatoria;
– diversa è la fattispecie quando oggetto del giudizio sia la regolamentazione stessa della graduatoria, in quanto in tal caso è contestata la legittimità della regolamentazione con disposizioni generali al fine di ottenere l’annullamento di tale regolamentazione;
– pertanto, la giurisdizione del giudice ordinario è recessiva nel caso di impugnazione di atti organizzativi a contenuto generale con cui le pubbliche amministrazioni definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici;
– di conseguenza, appartiene alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo la controversia nella quale la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti normativi in senso lato, attraverso cui le p.a. definiscono le linee fondamentali della organizzazione; appartiene, invece, alla giurisdizione del giudice ordinario la contestazione che investa esclusivamente i singoli atti di conferimento degli incarichi.
Richiamati i principi enunciati dalla giurisprudenza per il riparto della giurisdizione in materia, ritiene la Sezione che la corretta applicazione di essi alla vicenda in esame non possa prescindere da una considerazione unitaria dell’oggetto del giudizio di primo grado.
Va, invero, considerato che i signori in epigrafe indicati, attraverso il ricorso principale, hanno in primis impugnato il decreto ministeriale n. 235/2014, cioè l’atto generale di organizzazione, contestando i criteri generali ed astratti predisposti dall’amministrazione per la formazione e l’aggiornamento delle graduatorie; materia in relazione alla quale è pacifica la giurisdizione del giudice amministrativo.
E’ vero, poi, che sono state impugnate anche le graduatorie definitive, nella parte in cui i ricorrenti non sono stati in esse inseriti.
Va, peraltro, evidenziato che le stesse sono state gravate nel medesimo giudizio con atto di motivi aggiunti e che, in disparte il dato della collocazione dell’impugnativa nel medesimo ambito processuale, la loro contestazione viene effettuata con esclusivo riferimento al fatto che esse costituiscono conseguenza della illegittima regolazione generale operata dall’amministrazione, già prospettata in sede di ricorso originario attraverso l’impugnativa, in via principale, del citato decreto ministeriale.
Di tanto dà atto la stessa sentenza appellata, laddove evidenzia che avverso le graduatorie definitive, oggetto di motivi aggiunti, sono stati dedotti vizi di illegittimità derivata.
Osserva, pertanto, la Sezione che le suddette graduatorie non vengono in rilievo, nell’instaurato giudizio in sede giurisdizionale amministrativa, quali atti di gestione in sé, ma sono contestate con riferimento alla illegittima regolamentazione dei criteri generali di formazione delle stesse e per le medesime ragioni per le quali si è impugnato il decreto ministeriale, oggetto del ricorso originario e della impugnativa principale. Dunque, la posizione giuridico-soggettiva fatta valere è sempre quella di interesse legittimo e non anche di diritto soggettivo, atteso che la contestazione è sempre diretta alla legittima determinazione dei criteri generali.
Vuole in buona sostanza affermarsi che – a prescindere dalla natura dell’atto – anche in sede di impugnativa delle graduatorie definitive i ricorrenti non fanno questione della singola collocazione del docente in una determinata graduatoria, ma pur sempre del legittimo esercizio del potere generale di regolamentazione, che, all’interno dello stesso giudizio, è il medesimo oggetto della contestazione sia con riferimento all’atto generale che ha esercitato tale potere (impugnato in via principale con il ricorso originario) sia con riferimento all’atto successivo che del primo ha fatto applicazione (gravato mediante motivi aggiunti).
Dunque, anche attraverso la domanda di annullamento delle graduatorie, la controversia verte sempre e comunque sul corretto esercizio del potere generale di regolamentazione delle stesse e finisce per coinvolgere posizioni di interesse legittimo.
In tale situazione, pertanto, al fine della individuazione della giurisdizione, la graduatoria non rileva come atto di gestione in sé, ma come proiezione applicativa di un non corretto esercizio del potere di organizzazione, il quale rimane pur sempre l’oggetto del giudizio e della contestazione del privato.
Quest’ultimo, infatti, pur quando aggredisce le graduatorie definitive, non contesta la (e, dunque, non fa questione della) propria specifica collocazione nelle stesse, ma pur sempre il (del) corretto esercizio del potere generale di regolamentazione.
Sicché l’oggetto del giudizio, unitariamente considerato, e, dunque, la natura delle posizioni giuridico-soggettive coinvolte non mutano per effetto della mera qualificazione e denominazione dell’atto oggetto di impugnativa (graduatoria).
L’oggetto della controversia (involgente posizioni giuridico-soggettive di interesse legittimo, a fronte dell’impugnazione del decreto ministeriale che detta le regole generali di formazione delle stesse) non viene modificato dalla sopravvenuta impugnazione delle graduatorie che di esso hanno fatto applicazione, in quanto l’intermediazione di tali atti – che sono ordinariamente atti di gestione- non vale di per sé a mutare la natura delle situazioni giuridico-soggettive coinvolte e che sono fatte oggetto di tutela giurisdizionale, in quanto nello stesso giudizio la contestazione è svolta in via principale sull’atto espressione del potere regolamentare e ciò che si contesta anche nei motivi aggiunti è pur sempre il corretto esercizio di quest’ultimo.
Le considerazioni tutte sopra svolte consentono di affermare – contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado – la giurisdizione in materia del giudice amministrativo, confermandosi, peraltro, l’orientamento già espresso dalla Sezione in materia, laddove si è ritenuto che “la stretta correlazione tra le domande azionate non consente una ripartizione della potestas iudicandi tra giudice ordinario e giudice amministrativo, essendo concentrata dinanzi a quest’ultimo la tutela invocata da parte ricorrente” (sent. n. 4485/2015 del 24-9-2015) ed affermandosi, altresì, che nella specie sono comunque rilevabili “contestazioni che investano direttamente il potere governativo o ministeriale, ovvero la potestà di emanare atti amministrativi generali di natura non regolamentare”, atteso che “nella situazione in esame si censurano infatti non le modalità di valutazione delle singole posizioni soggettive, ma in via principale le determinazioni espresse dal MIUR nel decreto n. 235 in data 1 aprile 2014 (aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento per il triennio 2014-2017), per profili organizzativi di carattere generale, inerenti a titoli che, ad avviso degli appellanti, consentirebbero una parziale riapertura delle graduatorie stesse” (ordinanza n. 364/2016 del 29-1-2016).
In conclusione, dunque, l’appello deve essere accolto e dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo, con conseguente annullamento della sentenza gravata nella parte in cui ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e rimessione al primo giudice ex art. 105 c.p.a.
La peculiare configurazione del giudizio di primo grado, in relazione agli atti oggetto di impugnativa, costituisce eccezionale ragione per disporre la compensazione delle spese del presente grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza del Tribunale Amministrativo per il Lazio n. 10636/2015 del 4-8-2015 nella parte in cui ha declinato la giurisdizione, con rinvio al primo giudice.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Bernhard Lageder – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 09 marzo 2016.
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