Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 30 novembre 2015, n. 5418

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE SESTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8357 del 2015, proposto da:

Ma.Ga.,ed altri rappresentati e difesi dagli avvocati Gu.Ma. e Gu.Gr., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, (…);

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza in forma semplificata 25 maggio 2015, n. 7458 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione III-bis.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2015 il Cons. Vincenzo Lopilato e udito per l’appellante l’avvocato dello Stato D.

FATTO e DIRITTO

1.- I soggetti indicati in epigrafe hanno impugnato, innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il decreto ministeriale 25 marzo, n. 81, nella parte in cui dispone che i soggetti in possesso di un titolo di abilitazione conseguito all’esito della partecipazione a corsi abilitanti speciali, non possano essere inseriti nelle graduatorie ad esaurimento.

2.- Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con sentenza 25 maggio 2015, n. 7458, ha ritenuto che la controversia in esame, involgendo diritti soggettivi afferenti alla gestione del rapporto di lavorio, spetterebbe al giudice ordinario.

3.- I ricorrenti in primo grado hanno proposto appello, ritenendo che la giurisdizione sia del giudice amministrativo.

3.1.- Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, chiedendo il rigetto dell’appello.

4.- La causa è stata decisa all’esito della camera di consiglio del 3 novembre 2015.

5.- L’appello è fondato.

6.- La risoluzione della controversia presuppone che si ricostruisca il quadro normativo rilevante e gli orientamenti giurisprudenziali che si sono formati in relazione ad esso.

7.- Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) ha sottoposto il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione al regime privatistico e pubblicistico.

Le regole di diritto privato si applicano alle “determinazioni per l’organizzazione degli uffici” e alle “misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro”, le quali “sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro” (artt. 2, comma 3, e 5, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001).

Le regole di diritto pubblico attengono alla fase amministrativa che “precede” la stipula del contratto di lavoro, nonché alle regole di macro-organizzazione che stanno “al di sopra” del rapporto di lavoro, con le quali le amministrazione pubbliche “definiscono (…) le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive” (art. 2, comma 1, del citato decreto).

La natura pubblica o privata delle regole di disciplina incide sulla definizione dei criteri di riparto di giurisdizione.

L’art. 63, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 prevede che:

– sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, “ancorché vengono in rilievo atti amministrativi presupposti” (comma 1, primo inciso);

– “quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi” (comma 1, secondo inciso);

– “rimangono attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, quelle relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico” (comma 4).

Ne consegue che la giurisdizione spetta, in via generale al giudice ordinario, e, in presenza di controversie afferenti a procedure concorsuali ovvero ad atti di macro-organizzazione, al giudice amministrativo.

7.1.- L’art. 399 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado) dispone che l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti.

Il suddetto doppio binario è regolato dagli artt. 400 e 401.

L’art. 401 disciplina le graduatorie permanenti, prevedendo che “le graduatorie relative ai concorsi per soli titoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, sono trasformate in graduatorie permanenti da utilizzare per le suddette assunzioni in ruolo”.

L’art. 400 disciplina i “Concorsi per titoli ed esami”.

8.- La disciplina delle graduatorie permanenti comprende regole di diritto privato e regole di diritto pubblico, con conseguente necessità di stabilire come si riparte la giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo.

La giurisprudenza, amministrativa e ordinaria, è concorde nel ritenere che la fase relativa all’inserimento, formazione e aggiornamento delle graduatorie non integra una fase amministrativa assimilabile ad una procedura concorsuale, in quanto vengono in rilievo soggetti che “sono in possesso di determinati requisiti, anche sulla base della partecipazione a concorso” (Cons. Stato, ad. plen., 12 luglio 2011, n. 11 del 2011; Cass. civ., sez. un., 8 febbraio 2011, n. 3032). La giurisdizione, in relazione a tale tipologia di controversie, appartiene al giudice ordinario.

La questione controversa attiene alla giurisdizione in ordine agli atti regolamentari che definiscono le modalità generali di accesso alle graduatorie.

Un primo orientamento ritiene che, in relazione a tali atti, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto gli stessi vengono in rilievo in via incidentale e pertanto possono essere disapplicati dallo stesso giudice ordinario (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 8 luglio 2015, n. 3413).

Un secondo orientamento, cui la Sezione aderisce, ritiene, invece, che in questi casi la giurisdizione spetti al giudice amministrativo, venendo in rilievo “la stessa regola ordinatoria posta a presidio dell’ingresso in graduatoria” (Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1406; Id., 2 aprile 2012, n. 1953).

La ragione della preferenza per questa seconda tesi risiede nel fatto che oggetto di contestazione sono atti di macro-organizzazione. La pubblica amministrazione, infatti, con l’adozione dei provvedimenti in esame, a prescindere dalla loro natura di atti normativi o amministrativi generali, definisce le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, determinando anche le dotazione organiche complessive. La giurisdizione compete, pertanto, al giudice amministrativo. Né, in senso contrario, potrebbe rilevare la questione relativa all’incidenza “diretta” o “indiretta” di tali provvedimenti sui singoli rapporti di lavoro, trattandosi di un profilo che non ne muta la intrinseca natura e dunque le regole di riparto della giurisdizione. Questo aspetto può, al più, assumere rilevanza ai fini della individuazione dell’ambito del potere disapplicativo del giudice ordinario e se cioè esso può essere esercitato soltanto quando il provvedimento amministrativo di macro-organizzazione rilevi in via “indiretta” ai fini della risoluzione della controversia in linea con la regola generale posta dall’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, ovvero anche quando esso venga in rilievo quale fonte “diretta” della lesione della posizione soggettiva individuale fatta valere in giudizio (nel qual caso, peraltro, risolvendosi la disapplicazione in una cognizione diretta, e con incidentale, del provvedimento amministrativo).

9.- Alla luce di quanto esposto deve, pertanto, essere annullata la sentenza impugnata, con rimessione della causa al primo giudice affinché decida la presente controversia, tenendo conto che la giurisprudenza di questo Consiglio è costante nel ritenere che, in ogni caso, i ricorrenti non possono vantare una pretesa all’inserimento nel già predisposto piano straordinario di assunzioni (si veda decreto monocratico 9 ottobre 2015, n. 4639 di questa Sezione, adottato in relazione alla causa in esame).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) accoglie, nei sensi di cui in motivazione, l’appello proposto con ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, con rimessione della causa al primo giudice;

b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi – Presidente

Claudio Contessa – Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore

Marco Buricelli – Consigliere

Depositata in Segreteria il 30 novembre 2015.

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