Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 23 novembre 2016, n. 4925

Nel settore paesaggistico, la motivazione può ritenersi adeguata quando risponde ad un modello che contempli, in modo dettagliato, la descrizione: i) dell’edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati; ii) del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni; iii) del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l’indicazione dell’impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio

 

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 23 novembre 2016, n. 4925

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7744 del 2015, proposto da:

Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato presso gli uffici di quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Be. Ho. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati It. Lu. Fe. ed altri, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via (…);

Comune di (omissis), non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza 13 febbraio 2015, n. 264, del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, Sezione I.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio di Be. Ho. s.r.l.;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2016 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato Fa. To. dell’Avvocatura generale dello Stato e l’avvocato Gi. Al..

FATTO e DIRITTO

1.- La Be. Ho. s.r.l. (d’ora innanzi anche solo società), al fine di realizzare un annesso con nuove camere al servizio del proprio albergo sul terreno sito lungo la s.s. 45 bis Gardesana e distinto al catasto al (omissis), ha realizzato senza titoli abilitativi un intervento di risanamento conservativo su un vecchio edificio in prossimità dell’albergo stesso, denominato “(omissis)” ovvero “(omissis)”, già adibito a residenza estiva per membri del clero e poi abbandonato e lesionato da successivi eventi sismici.

In particolare, la società ha realizzato: i) all’interno del corpo di fabbrica una serie di alloggi bilocale, pensati per le famiglie in vacanza; ii) all’esterno, sul lato nord ha costruito un vano scale ed ascensore, finalizzati a consentire un accesso più agevole e a costituire una via di fuga in caso di emergenza.

Essendo l’area sottoposta a vincolo, ai sensi del decreto ministeriale 15 marzo 1985, n. 65, la società ha presentato domanda di sanatoria, anche paesaggistica.

La Soprintendenza, con atto 18 ottobre 2011, ha espresso parere sfavorevole, così motivato: «(…) realizzazione di un corpo ascensore e scala esterni che ne modificano sostanzialmente la percezione dalla strada con cui (attraverso il piccolo ponticello) questa tipologia di edifici si relaziona strettamente – inserimento di aperture arcuate (prospetto nord) che non trova alcun riscontro con i caratteri architettonici di Villa (omissis) che, sebbene non presenti elementi originali (…)appartiene tuttavia ad una chiara tipologia edilizia sita storicamente tra le due guerre – la sostanziale trasformazione dei rapporti tra edificio, aperture e balconi sul prospetto sud».

L’amministrazione comunale, con atto 7 luglio 2014, n. 144, ha, implicitamente, rigettato la domanda di sanatoria e ordinato la rimozione delle opere in esame, preavvertendo della possibilità, in caso di inottemperanza, di acquisire i beni oggetto dell’ordinanza e la relativa area al patrimonio pubblico.

2.- La società ha impugnato tali atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, che, con sentenza 13 febbraio 2015, n. 264, ha accolto il ricorso, rilevando l’illegittimità del parere della Soprintendenza sia perché adottato senza la comunicazione del preavviso di rigetto sia perché privo di adeguata motivazione. In particolare, in relazione a quest’ultimo aspetto, si è affermato che in presenza di un vincolo paesaggistico e non monumentale sull’edificio «la compatibilità di un intervento va allora valutata dal punto di vista di chi osserva da lontano, e non è esclusa per il solo fatto che le innovazioni siano visibili su questa scala più ampia; viene infatti meno quando le stesse, oltre che visibili, siano oggettivamente percepibili come un’indebita intrusione, avuto riguardo alle forme, ai colori, alle dimensioni e alla funzione dei nuovi manufatti, da apprezzare comparando l’interesse pubblico alla conservazione con quello privato alla fruizione del territorio».

3.- L’amministrazione ha proposto appello rilevando che: i) l’omesso contraddittorio si giustificherebbe in ragione del fatto che la Soprintendenza, con parere 6 maggio 2010, aveva già espresso parere negativo; ii) gli interventi in esame sarebbe incompatibili con il quadro di insieme che il vincolo ambientale intende tutelare, atteso che di esso «fanno parte integrante proprio quelle ville e villini tra i quali rientra anche l’immobile interessato dall’intervento, con la conseguenza che, stravolgendone le precipue caratteristiche, l’intera prospettiva sottoposta a tutela viene ad essere snaturata». Si aggiunge che il primo giudice avrebbe invaso in modo indebito sfera di azione propria dell’amministrazione.

3.1.- Si è costituita in giudizio la società, ricorrente in primo grado, chiedendo il rigetto dell’appello e riproponendo i motivi non esaminati dal Tribunale amministrativo.

3.2. La Sezione, con ordinanza 21 ottobre 2015, n. 4792, ha sospeso l’efficacia della sentenza impugnata ad eccezione della parte in cui la stessa aveva privato di effetti l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi.

3.3.- La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 13 ottobre 2016.

4.- L’appello non è fondato.

5.- Con un primo motivo, l’appellante deduce che l’omesso contraddittorio si giustificherebbe in ragione del fatto che l’amministrazione, con parere 6 maggio 2010, aveva già espresso parere negativo.

Il motivo non è fondato.

L’art. 146, comma 8, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) dispone che il Soprintendente, in caso di parere negativo, deve comunicare agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990.

Nella fattispecie in esame la Soprintendenza non ha rispettato quanto previsto dalla suddetta norma, non avendo comunicato il preavviso di rigetto. Tale omissione non può ritenersi, come sostiene l’appellante, giustificata dall’esistenza di un precedente parere negativo, in quanto si tratta di vicende amministrative non completamente sovrapponibili, con la conseguenza che l’amministrazione avrebbe dovuto assicurare, anche in relazione al procedimento in esame, una previa interlocuzione con il privato.

6.- Con un secondo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto non congrua la motivazione del parere, in quanto gli interventi in esame sarebbe incompatibili con il quadro di insieme che il vincolo ambientale intende tutelare, atteso che di esso «fanno parte integrante proprio quelle ville e villini tra i quali rientra anche l’immobile interessato dall’intervento, con la conseguenza che, stravolgendone le precipue caratteristiche, l’intera prospettiva sottoposta a tutela viene ad essere snaturata». Si aggiunge che il primo giudice avrebbe invaso in modo indebito la sfera di azione propria dell’amministrazione.

Il motivo non è fondato.

Questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che, nel settore paesaggistico, la motivazione può ritenersi adeguata quando risponde ad un modello che contempli, in modo dettagliato, la descrizione: i) dell’edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati; ii) del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni; iii) del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l’indicazione dell’impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio (Cons. Stato, sez. VI, 23 dicembre 2013, n. 6223; Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4899; Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2535).

Nella fattispecie in esame, costituisce dato non contestato che viene in rilievo un edificio che non è tutelato in sé. La rilevanza paesaggistica dell’intervento deriva, pertanto, dal suo inserimento in un’area da tutelare.

La motivazione, adottata dalla Soprintendenza, sopra riportata, non risulta, come correttamente messo in rilievo dal primo giudice, conforme al paradigma sopra indicato, in quanto manca una adeguata descrizione del contesto paesaggistico e soprattutto del rapporto tra gli interventi che si intendono realizzare e il contesto stesso.

7.- Il rigetto di tale motivo esime il Collegio dall’esaminare i motivi riproposti in appello dalla ricorrente in primo grado

8.- La particolare natura della controversia e le ragioni poste a base della decisione giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale,

Sezione Sesta,

definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;

b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere

Dante D’Alessio – Consigliere

Andrea Pannone – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estens

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