Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 23 novembre 2016, n. 4927

È illegittima la negazione alla proposta della promozione alla qualifica superiore (di Vice Questore) per meriti straordinari, di un Commissario di Polizia che aveva concluso positivamente una rischiosa operazione di polizia. La sentenza ha stabilito che la determinazione dell’Amministrazione della Polizia che aveva ritenuto che vi fossero soltanto i presupposti per l’attribuzione dell'”encomio solenne”, era carente di motivazione, e non era stato sufficientemente considerato il fatto del grave pericolo cui si era esposto il Commissario di polizia

 

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 23 novembre 2016, n. 4927

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4274 del 2015, proposto da:

Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi 12;

contro

An. Li. Mu., rappresentato e difeso dall’avvocato Pi. Po., con domicilio eletto presso St. Tr. in Roma, Piazzale (…);

per la riforma

della sentenza semplificata del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO: SEZIONE I n. 00557/2015, resa tra le parti, concernente rigetto proposta di promozione alla qualifica superiore dell’appellato, commissario capo, per merito straordinario, di cui al decreto del Capo della Polizia 12 agosto 2013

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di An. Li. Mu.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 novembre 2015 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti gli avvocati Pi. Po. e l’avvocato dello Stato Gi. Ga.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. In data 16 giugno 2009 a (omissis) (MI), dove dirigeva il locale Commissariato di P.S., il dott. Mu. condusse a buon fine, cioè senza spargimento di sangue, una rischiosa operazione di polizia nel cortile di uno stabile di edilizia popolare (in cui alcune unità immobiliari erano occupate abusivamente), affrontando disarmato uno squilibrato (occupante abusivo), che, nel caldo pomeriggio estivo,in preda ad un evidente stato di delirante esagitazione (dovuto probabilmente all’uso di sostanze eccitanti), teneva inginocchiato per terra in ostaggio l’anziano portiere del condominio e lo minacciava di morte con due lunghi coltelli da macelleria, urlando che, se qualcuno si fosse avvicinato, lo avrebbe ucciso e che avrebbe ucciso anche qualcuno degli agenti di P.S., che si tenevano a distanza per non mettere a rischio l’incolumità dell’ostaggio, ma erano pronti ad intervenire; contemporaneamente con i suoi stessi coltelli, preso da raptus di autolesionismo, si procurava molti tagli sulle braccia e sul torace che sanguinavano copiosamente, aumentando il clima drammatico e l’impressione tra i presenti.

Grazie alle abili e coraggiose manovre diversive compiute dal Commissario capo, dopo circa tre ore, l’ostaggio veniva liberato e, quindi, lo squilibrato veniva arrestato all’esito di una violenta colluttazione nel corso della quale, comunque, lo stesso Commissario capo e tre degli agenti presenti venivano anche feriti dall’aggressore, che, pur se bloccato a terra, riusciva a mettere a segno nei loro confronti alcuni colpi di coltello.

1.1. Con sentenza 12 marzo 2010 il Tribunale Penale di Monza condannò l’autore dell’aggressione alla pena della reclusione di anni 6 per tentato omicidio nei confronti di tre degli agenti di P.S che avevano partecipato alla operazione e per lesioni e resistenza nei confronti del Commissario capo nonché per sequestro di persona nei confronti del portiere.

1.2. Dopo l’operazione il Questore di Milano proponeva il funzionario e gli altri quattro agenti per la promozione alla qualifica superiore (Vice Questore) per meriti straordinari, a norma del citato art. 74.del DPR.n. 335/1982, ma la proposta fu respinta con decreto 16 aprile 2010 dal Capo della Polizia, su conforme parere dell’apposita Commissione centrale per le ricompense del personale di polizia, che, nella seduta del 25 marzo 2010, aveva ritenuto sussistenti i presupposti per l’attribuzione di un “encomio solenne”, ma non per una promozione per meriti straordinari secondo la disciplina dettata dal D.P.R. n. 335/1982.

1.3.L’interessato propose ricorso al T.A.R. Lombardia (r.g. 2435/2010), che con la sentenza n. 273/2012 (non appellata) annullò i provvedimenti impugnati per difetto di motivazione.

1.4. Quindi, dando ottemperanza alla prima sentenza TAR, la Commissione centrale ricompense nella seduta del 20 giugno 2012 riesaminava la proposta di promozione formulata dal Questore di Milano a favore del dott. Mu., confermando, peraltro la valutazione difforme già precedentemente espressa, e parere parimenti negativo esprimeva il Consiglio di Amministrazione nella seduta del 28 giugno 2013.

Pertanto il Capo della Polizia, in conformità ai suddetti pareri negativi, con decreto 12 agosto 2013 nuovamente respingeva la proposta di promozione del Commissario capo per meriti straordinari,.

1.5. Il funzionario proponeva un nuovo ricorso al T.A.R. Lombardia (r.g. 2621/2013), che con sentenza semplificata n. 557/2015 annullava per difetto di motivazione anche questo secondo decreto del 2013.

1.6. In particolare la sentenza osserva che, pure considerando l’ampia discrezionalità di cui gode l’Amministrazione in materia di riconoscimento di merito straordinario di servizio, tuttavia il provvedimento negativo, comunque, risulta sindacabile in caso di travisamento della realtà.

Tale travisamento, ad avviso del TAR, sarebbe avvenuto nel caso di specie, in quanto il Ministero asserisce che nell’episodio in questione mancherebbe l’elemento del “grave ed effettivo pericolo di vita”; ragione, quindi, sufficiente per negare a favore del Commissario di P.S. la concessione del beneficio di carriera proposto dal Questore di Milano.

Il TAR, analizzando le risultanze di fatto (come ricostruite anche dalla sentenza di condanna dell’aggressore),giunge alla conclusione che il funzionario ha realmente e volontariamente affrontato un “grave ed effettivo pericolo di vita”, sfidando disarmato l’aggressore. armato di due coltelli da macelleria, e riportando anche lesioni personali, pur se non gravi, unitamente a tre degli agenti, che partecipavano all’operazione.

1.7. Contro la sentenza del T.A.R. ha proposto appello l’Amministrazione dell’Interno, la quale sostiene la correttezza degli argomenti con i quali il provvedimento ministeriale aveva escluso che il funzionario avesse corso un “grave ed effettivo pericolo di vita”.

L’appellato/originario ricorrente chiede il rigetto dell’appello con ampie difese scritte.

La domanda cautelare annessa all’appello è stata riunita al merito.

Alla pubblica udienza meglio indicata in epigrafe la causa, sentiti i difensori presenti, è passata in decisione.

2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la presente controversia riguarda l’applicazione dell’art. 74 del D.P.R. n. 335/1982, che detta l’ordinamento del personale della Polizia di Stato con funzioni di polizia.

In particolare l’art. 74 concerne la promozione per merito straordinario dei funzionari del ruolo dei commissari e dei dirigenti e dispone che tale promozione può essere conferita anche ai funzionari «che nell’esercizio delle loro funzioni, al fine di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica, abbiano corso grave ed effettivo pericolo di vita ovvero, nel portare a compimento operazioni di servizio di eccezionale rilevanza, abbiano messo in luce eccezionali capacità professionali dimostrando di poter adempiere alle funzioni della qualifica superiore».

2.1. Il Collegio ritiene che la sentenza debba essere confermata per le ragioni che seguono.

Infatti non viene qui in discussione l’ampiezza della discrezionalità spettante all’Amministrazione nel valutare la rilevanza e la meritevolezza delle azioni compiute dal soggetto proposto per la promozione per meriti straordinari, ma (come già detto) la valutazione della vicenda fatta dal Ministero.

Il Ministero asserisce che, da un lato, l’intera operazione non avrebbe evidenziato caratteristiche di eccezionalità “né per la natura delle attività espletate né per la caratura criminale dell’arrestato”, mentre, dall’altro, il pericolo di vita corso dall’interessato dovrebbe ritenersi attenuato”, in quanto condiviso tra tutti gli operatori presenti, sopratutto fra coloro che, nella fase conclusiva dell’intervento, hanno eseguito l’arresto dell’esagitato”; al riguardo, inoltre, la Commissione Centrale osserva (nella seduta del 20 giugno 2013) che nella sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Monza a carico dello squilibrato il Commissario capo era indicato come parte lesa soltanto per il reato di lesioni, resistenza e violenza a p.u., mentre gli altri tre agenti erano indicati come parti lese anche per il reato di tentato omicidio.

2.2. L’assunto del Ministero non risulta condivisibile.

In argomento il T.A.R. ha ritenuto che l’Amministrazione sia caduta in errore (o travisamento) di fatto o, comunque, abbia compiuto una valutazione manifestamente illogica sotto il profilo fattuale, che è sufficiente per giudicare illegittimo il provvedimento di diniego impugnato.

Il travisamento dei fatti, ad avviso del Collegio, sussiste con particolare riguardo alla valutazione, immotivatamente riduttiva, del grave ed effettivo pericolo di vita cui si è esposto l’appellato nel corso delle tre ore di durata del sequestro del portiere.

Infatti dalla lettura della stesso verbale della Commissione Centrale appare evidente che lo squilibrato, che poi è stato disarmato ed arrestato, nel corso della operazione (durata varie ore) aveva mostrato tutta la sua pericolosità, e che, nonostante ciò, il Commissario di P.S. si era esposto oltre il ragionevole limite del dovere di servizio, con il prioritario obiettivo di salvare l’ostaggio, che l’aggressore minacciava di morte, ritenendolo delatore della sua condizione di occupante abusivo di uno degli appartamenti dello stabile.

2.3. Va aggiunto che, nel lungo pomeriggio del fatto, erano già falliti altri tentativi di mediazione fatti da un giornalista e che la situazione poteva avere epiloghi sanguinosi da un momento all’altro, a fronte dello stato di crescente furia dell’aggressore (che in delirante raptus di autolesionismo si procurava lui stesso ferite con i coltelli), quando il Commissario ha proposto allo squilibrato di consegnarsi come ostaggio al posto del portiere, accettando anche la condizione di mettersi le manette ai polsi; quindi, per effettuare lo scambio, il commissario si è avvicinato al sequestratore portando innanzi una sedia da ufficio a rotelle (su cui si sarebbe dovuto sedere come ostaggio), con le manette già ad uno dei polsi, pur se non completamente chiuse, mostrando fintamente di assecondare la richiesta dello squilibrato; poi, con rapida azione, dopo aver scansato alcuni colpi di coltello, riusciva a farlo cadere, colpendolo con la sedia, ed a liberare l’ostaggio, rendendo finalmente possibile l’intervento degli altri agenti presenti, che, sempre insieme allo stesso Commissario, dopo una ultima colluttazione, riuscivano ad immobilizzare lo squilibrato e lo arrestavano.

2.4. Pertanto, considerati i dettagli drammatici ora riportati, sembra difficile contestare che in questa vicenda il funzionario abbia volontariamente messo in grave ed effettivo pericolo la propria vita nell’interesse del servizio, mentre appare non aderente ai fatti asserire che l’intervento degli altri agenti, coinvolti nell’operazione nel momento della svolta risolutiva della vicenda, abbia sminuito la situazione di grave pericolo di vita, cui si è esposto il Commissario con la determinante iniziativa di offrirsi come ostaggio al posto del portiere.

2.5. Né, ai fini della valutazione dell’effettivo pericolo di vita corso dall’appellato, appare pertinente il richiamo alla circostanza che il sequestratore sia stato condannato per tentato omicidio nei confronti dei 3 agenti partecipanti all’operazione e soltanto per lesioni nei confronti del Commissario capo.

Infatti (come correttamente ha rilevato il TAR) i parametri con cui il giudice penale valuta le condotte illecite penalmente sanzionate sono diversi da quelli applicati dalla Commissione Centrale per le ricompense, in quanto per il personale di P.S. la sussistenza del rischio di vita corso per ragioni di servizio non va commisurato alla portata dei reali pregiudizi cagionati alla propria incolumità personale (penalmente tutelata), ma piuttosto va ancorato alla valutazione prognostica ex ante della probabilità che si realizzi l’evento rischioso per la vita dell’agente di P.S., tenendo conto del fatto che l’agente di P.S., comunque, nell’esercizio del dovere di servizio si prefigge proprio di evitare o, comunque, di contrastare l’evento delittuoso.

D’altra parte la normativa sulla promozione al grado superiore non richiede la realizzazione di un evento dannoso a carico dell’agente di P.S., in quanto per la morte e le invalidità permanenti derivanti dal servizio sono previste i diversi benefici per le vittime del dovere.

3. In conclusione, alla luce delle esposte considerazioni, l’appello dell’Amministrazione va respinto, con il conseguente obbligo del Ministero dell’Interno di pronunciarsi di nuovo sulla proposta del Questore di Milano alla luce di quanto in motivazione..

Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e, pertanto, liquidate in complessivi euro 3.500,00 oltre gli accessori di legge, sono poste a carico del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l’appello in epigrafe con il conseguente obbligo del Ministero dell’Interno di pronunciarsi di nuovo sulla proposta del Questore di Milano alla luce di quanto in motivazione..

Pone le spese di questo grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 3.500,00, oltre gli accessori di legge, a carico del Ministero dell’Interno.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere

Bruno Rosario Polito – Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere, Estensore

Sergio Fina – Consiglier

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