Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 21 giugno 2017, n. 3016

La definizione del mercato rilevante è presupposto dell’illecito, la definizione del mercato rilevante è successiva rispetto all’individuazione dell’intesa poiché l’ampiezza e l’oggetto dell’intesa medesima circoscrivono il mercato.

Consiglio di Stato

sezione VI 

sentenza 21 giugno 2017, n. 3016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7894 del 2016, proposto da:

Co. Th. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Fe. Sc. C.F. (omissis), Al. Fr. C.F. (omissis), Pa. Vi. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Fe. Sc. in Roma, via (…);

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Ministero della Difesa – Segr.Generale Difesa – Dir.Nav Armamenti – Dir Armamenti Navali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Gen. Stato, domiciliata in Roma, via (…);

Autorità Garante della Concorrenza e altri , in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Gen. Stato, domiciliata in Roma, via (…);

nei confronti di

Te. Srl non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I n. 08506/2016, resa tra le parti, concernente per la riforma

della sentenza n. 8506 del 2016 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione I.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e di Ministero della Difesa – Segr.Generale Difesa – Dir.Nav Armamenti – Dir Armamenti Navali e di Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e di Ministero della Difesa e di Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2017 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Fe. Sc., Al. Fr., Ba. Ti. e An. Co. dell’Avvocatura Generale dello Stato,;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I, di reiezione del ricorso proposto da Co. Th. S.r.l. (d’ora in poi “Co.”), avverso la sanzione amministrativa pecuniaria di € 343.188,00 comminatale dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora in poi “AGCM”), per essersi resa corresponsabile di un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza in violazione dell’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)

2. Contestava nell’atto introduttivo gli estremi stessi di un’intesa orizzontale e segreta preordinata a condizionare le gare ed il leale confronto competitivo per l’aggiudicazione delle gare pubbliche bandite per la bonifica di amianto su navi militari italiane nel lotto di La Spezia.

2.1 Lamentava che la ricostruzione operata da AGCM di una fattispecie complessa, articolatasi in due vicende concertative – una sviluppata sull’asse Taranto- (omissis) fra le imprese in ATI A e A1, l’altra, per il lotto di La Spezia, fra le compagini in ATI B di cui essa ricorrente era mandante – non sarebbe stata suffragata da alcun elemento endogeno ed esogeno di riscontro della violazione contestata.

Segnatamente: sotto il primo profilo, la natura specialistica delle prestazioni, l’esperienza maturata nel settore, oltre l’antitetica diversità delle tipologie di lavorazioni oggetto delle gare (suddivise in distinte categorie: quelle della prima gara in G305; le due del lotto in questione in G313 e 324) deponevano, criticamente considerate, per una spiegazione della condotta economica ed imprenditoriale imputabile all’ATI B affatto opposta a quella divisata da AGCM;

per l’altro, unico motivo di riscontro del c.d. elemento esogeno era costituito dall’e-mail del 6 agosto 2012 acquisita in sede ispettiva, tra due esponenti di imprese terze con base a Taranto, le quali – a sua insaputa – facevano generico riferimento alla partecipazione ad una gara bandita dall’arsenale di La Spezia per l’ammodernamento di una nave militare diversa da quelle oggetto d’intesa.

2.2 Infine la ricorrente censurava la quantificazione della sanzione sia con riguardo ai criteri utilizzati che alla oggettiva gravità dell’illecito oggetto di repressione, sì da risultare irragionevole nell’an e sproporzionata nel quantum.

3. AGCM si costituiva in giudizio instando per la reiezione del ricorso.

4. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I, respingeva il gravame

4.1 Operata una ricognizione ad ampio raggio (quasi una silloge) della giurisprudenza europea e nazionale in materia, circoscritto il sindacato alle valutazioni tecniche non opinabili, i giudici di prime cure avallavano in toto il provvedimento impugnato.

5. Appella la sentenza Siman. Resiste AGCM.

6. Alla Pubblica udienza del 18.05.2017 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

7. In limine lo scrutinio – prima ancora che del contenuto giuridico – formale e letterale dell’atto d’appello, in ragione dell’esposizione delle questioni in 80 pagine redatte a caratteri ridotti, palesa la parziale violazione dei doveri di sinteticità e chiarezza cui è informato, ai sensi dell’art. 3, comma 2, c.p.a. il processo amministrativo.

La deduzione dei motivi d’appello, sotto la veste formale d’impugnazione della sentenza, ripropone in larga parte le questioni già dedotte tal quali in prime cure, non è in linea con il principio di specificità dei motivi di censura espressamente previsto dagli artt. 40, comma 2 e 101, comma 1, del codice del processo amministrativo.

Tuttavia nella comparazione assiologica dei principi processuali richiamati con il diritto ad una pronuncia che definisca nel merito le questioni comunque dedotte, va data prevalenza a quest’ultimo sul rilievo che solo di recente (ossia dopo la redazione dell’atto d’appello d.30.09.2016) i principi di sinteticità e chiarezza hanno acquisito precettività processuale sì da prescrivere in caso di loro violazione la pronuncia di rito d’inammissibilità (cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 17 gennaio 2017 n. 964).

Nondimeno, per restituire un minimo d’organicità giuridica agli appelli, i motivi contenuti nell’appello vanno scrutinati per gruppi omogenei di censure proposte avverso altrettanti capi di sentenza.

8. Con un primo ordine di motivi (nn. 1, 2, 3 e 4) Siman lamenta gli errori di diritti in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nel ricondurre i comportamenti denunciati alla fattispecie sanzionatoria di cui agli artt. 101 del TFUE e 2 l. 10 ottobre 1990 n. 287.

Oltre all’assenza di coordinamento fra le imprese in gara costituente presupposto della duplice vicenda concertativa sanzionata, il TAR capitolino avrebbe, da un lato, invertito l’onere della prova sui presupposti costitutivi della concertazione, onerando l’impresa di fornire una diversa spiegazione lecita delle condotte censurate; e, per l’altro, si sarebbe trincerato dietro le nozioni astratte di circostanze endogene ed esogene dell’intesa anticoncorrenziale, trascurando l’applicabilità di esse al caso concreto.

9. I motivi sono infondati.

9.1 A fronte dell’ellittica motivazione del disvalore anticoncorrenziale dei fatti compendiati nell’atto impugnato – “la disamina delle condotte partecipative assunte dalle parti nella gare G313 e G324, anche alla luce del differente contegno assunto nelle precedenti procedure ad evidenza pubblica, restituisce il quadro di una simmetrica e speculare strategia partecipativa tenuta dai raggruppamenti A e A1 da un lato e B dall’altro in ciascuna fase di gara, che ha condotto ad una totale assenza di sovrapposizione e di pressione sui tre lotti oggetto di affidamento. Siffatto parallelismo […] non risulta compatibile con uno scenario concorrenziale e non è giustificabile in termini di razionalità economica” – il quadro istruttorio evidenzia una situazione complessiva riconducibile alla fattispecie contestata.

9.2 Risulta che nelle gare 2012 e 2013 è stata presentata dalle ATI, già resesi aggiudicatarie nelle precedenti gare del lotto di riferimento, una sola offerta per ciascun lotto.

L’iter delle procedure di gara seguiva uno schema fisso: alla pluralità di domande di presentate nella fase di prequalificazione, faceva seguito una sola offerta, non proveniente dall’impresa già aggiudicataria di altro lotto.

L’offerta economica e i ribassi in essi formulati rispecchiavano la dinamica dei procedimenti di gara, discostandosi dai ribassi operati nelle gare precedenti, non ricomprese nella cornice dei fatti contestati.

L’e-mail, del 6 agosto 2012, sebbene intrattenuta tra due esponenti di imprese con base a Taranto, parti esse stesse del procedimento, si riferisce comunque ad un eventuale accordo con il referente di Siman, mandataria dell’ATI, per la gara d’appalto avente ad oggetto l’ammodernamento della nave militare Vespucci del valore di 5 milioni di euro Fasc. 12M6006.

9.2 Descrivendo la sequenza diacronica degli accadimenti, l’insieme dei fatti come acquisiti nel corso del procedimento ispettivo denota, e, al tempo stesso connota, mediante un giudizio di valore ragionevole e logicamente coerente, il comportamento concordato e standardizzato delle imprese in ATI preordinato ad evitare il confronto competitivo.

Foriera, come icasticamente deduce l’autorità resistente, dell’artificiosa stabilizzazione delle rispettive quote di mercato, neutralizzando i rischi di un effettivo confronto competitivo per l’aggiudicazione della commessa ed eliminando la naturale incertezza circa il comportamento dei concorrenti, tipica di un normale contesto competitivo.

9.3 La concertazione, contrariamente a quanto dedotto nel motivi in esame, ha avuto ad oggetto i poli cantieristici della marina militare di Taranto ed (omissis), riservati agli ATI A e A1 e quelli di La Spezia, appannaggio esclusivo dell’ATI B: senza incrocio di offerte, sì da ridurre al minimo il rischio di offerte concorrenti formulate da imprese specialistiche addette alle medesime lavorazioni.

9.4 Dietro l’etichetta “congruenza narrativa” dell’ipotesi accusatoria, evocata nella sentenza appellata, oggetto di contestazione nei motivi d’appello in esame, si palesa in realtà la sussistenza di una pluralità di accordi (o pratica concordata cumulativa) -in primis fra imprese in ATI e in secundis fra distinti ATI – teleologicamente collegati al fine di perseguire l’obiettivo comune della spartizione delle gare afferenti al medesimo segmento di mercato.

Vale a dire che, riportandosi al paradigma concettuale delle circostanze endogene ed esogene, l’autorità appellata ha dimostrato gli elementi costitutivi dell’illecito anticoncorrenziale sulla base di indizi univoci, gravi e concordanti, fra i quali rileva, come elemento oggettivo di riscontro, l’e-mail scambiata fra imprese terze ma avente pur sempre ad oggetto l’eventuale accordo con la mandataria dell’ATI Siman su un futuro appalto, a conferma di una prassi consolidatasi nel corso del tempo fra le imprese coinvolte nel procedimento ispettivo che ha dato stura all’atto impugnato.

In definitiva l’ipotesi di illecito anticompetitivo, sorretta – ripetesi – da indizi plurimi e concordanti, è l’unica in grado di restituire senso compiuto alla “storia” che si propone per la ricostruzione dell’intesa illecita (conforme, in tema di congruenza narrativa, cfr., Cons. Stato, sez. VI, 13 giugno 2014, n. 3032 e 25 marzo 2009, n. 1794).

Il tentativo della ricorrente e odierna appellante, mediato dal deposito di elaborato peritale, di dare spiegazioni alternative per la partecipazione con specifiche modalità a una singola gara o per la mancata partecipazione ad altra è confutato dall’AGCM in modo attendibile già in sede procedimentale e di provvedimento finale.

L’Autorità, con il provvedimento impugnato, ha valutato le circostanze e le argomentazioni addotte dalle parti nel corso del procedimento, dimostrandone la infondatezza. In ogni caso, le spiegazioni fornite non scalfiscono la sufficienza e l’adeguatezza del quadro probatorio che ha consentito all’Autorità di accertare la violazione dell’art. 2 della 1. n. 287 del 1990, attraverso la realizzazione di un’intesa unica continuata e complessa da parte delle imprese parti del procedimento.

10. Con il secondo ordine di motivi (sub. nn. 5 e 6) l’appellante lamenta, in violazione degli artt. 101 TFUE e 2 l. 10 ottobre 1990 n. 287, l’erronea identificazione del mercato rilevante nonché l’inidoneità dei fatti accertati a produrre gli effetti contestati.

I giudici di prime cure, avallando il metodo seguito dall’autorità, anziché individuare ex ante il mercato rilevante, cui riferire i fatti, per poi trarne deduttivamente le conseguenze giuridiche, avrebbero, secondo l’impresa appellante, dapprima accertato dei fatti per poi ritagliare su misura, ex post, il mercato rilevante, inferendone induttivamente la sanzione.

In altri termini un Inversionmethode: dai fatti s’è fatto derivare il presupposto giuridico in forza del quale quegli stessi fatti s’assumono come illeciti anticoncorrenziali, in violazione oltretutto del principio di tipicità e di legalità sostanziale delle sanzioni.

11. I motivi sono infondati.

11.1 Essi muovono dall’assioma, non condivisibile, della contrapposizione concettuale fra la nozione di mercato rilevante e quella d’intesa restrittiva che, viceversa, sono istituti funzionalmente complementari: l’individuazione del mercato rilevante è funzionale alla delimitazione dell’ambito nel quale l’intesa stessa può restringere o falsare il meccanismo concorrenziale.

Diversamente dai casi di concentrazioni e di accertamenti della posizione dominante, in cui la definizione del mercato rilevante è presupposto dell’illecito, la definizione del mercato rilevante è successiva rispetto all’individuazione dell’intesa poiché l’ampiezza e l’oggetto dell’intesa medesima circoscrivono il mercato (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 10 marzo 2006, n. 1272; Id., sez. VI, 13 maggio 2011, 2925).

Vale a dire che, nelle ipotesi di intese restrittive della concorrenza, la definizione del mercato rilevante è direttamente correlata al contesto in cui si inquadra il comportamento collusivo tra le imprese coinvolte (cfr., Consiglio di Stato, sez. VI, 2 luglio 2015, n. 3291; Id., sez. 26 gennaio 2015, n. 334).

A sua volta, l’estensione del mercato rilevante compete all’Autorità ed è espressione di una valutazione non censurabile nel merito da parte del giudice amministrativo, se non per vizi di “illogicità estrinseca” (cfr., Consiglio di Stato, sez. VI, 2 luglio 2015, n. 3291 e 26 gennaio 2015, n. 334).

11.2 Nel caso in esame, contrariamente a quanto lamenta l’appellante, l’identificazione del mercato rilevante non è stata incentrata sul comparto merceologico – di cui l’appellante predica l’inesistenza – delle procedure d’appalto della cantieristica manutentiva di navi militari, aperto alla partecipazione di tutte imprese nazionali e non le settore, oltre quelle coinvolte nel procedimento sanzionatorio.

Le gare di bonifica per cui è causa, ancorché riferibili in astratto un unico genus, hanno avuto ad oggetto distinte prestazioni specialistiche non riconducibili ad un’unica tipologia di interventi.

11.3 L’area geografica è stata preventivamente definita, avendo l’Autorità puntualmente tenuto conto del fatto che il mercato in questione aveva anche una valenza extra-nazionale, tanto da ritenere la sussistenza della violazione dell’art. 101 del TFUE e non della corrispondente norma nazionale.

12. Né, al fine di escludere la lesione al bene giuridico protetto, ossia il buon funzionamento del mercato, assumono rilievo la possibile partecipazione di altre imprese, anche comunitarie, che avrebbero potuto beneficare della pratica dei ribassi (in ipotesi) concordata dalle ATI.

L’intesa restrittiva della concorrenza integra una fattispecie di pericolo, nel senso che il vulnus al libero gioco della concorrenza può essere di natura soltanto potenziale e non deve necessariamente essersi già consumato (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 13 giugno 2014, n. 3032).

Il pregiudizio anticoncorrenziali sul mercato, eziologicamente riconducibile all’intesa restrittiva, non condiziona affatto la sussistenza della violazione prevista dall’art. 101 TFUE.

L’intesa collusiva integra in apicibus, al di là delle concrete modalità in cui essa s’estrinseca e dall’effettivo pregiudizio causato, un comportamento vietato (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 11 luglio 2016 n. 3047).

13. Con l’ultimo ordine di motivi, l’appellante censura il capo di sentenza che avrebbe immotivatamente respinto le censure sulla quantificazione della sanzione sia con riguardo ai criteri utilizzati che alla oggettiva non gravità dell’illecito anticoncorrenziale imputatole.

14. Il motivo è fondato per quanto di ragione.

15. La ritenuta gravità dell’intesa orizzontale ha costituito, ai sensi dell’art. 15, comma 1, della legge n. 287/1990, parametro di commisurazione della sanzione: pari fino al 10% del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida.

In ossequio alle linee giuda approvate del 22 ottobre 2014, l’AGCM ha poi preso in considerazione “per ciascuna impresa partecipante alla pratica concertativa agli importi oggetto di aggiudicazione o posti a base d’asta in caso di assenza di aggiudicazione o comunque affidati ad esito di trattativa privata nelle procedure interessate dall’infrazione, senza necessità di introdurre aggiustamenti per la durata dell’infrazione”.

Nell’ambito di ciascuna ATI, poi, gli importi di aggiudicazione sono stati ripartiti secondo le quote di partecipazione al raggruppamento, di seguito singolarmente moltiplicati per la percentuale che corrisponde alla gravità del 15%.

A sensi del par. 14 delle Linee Guida Sempre e della gravità dell’intesa, sul medesimo importo è stata calcolata un ulteriore percentuale del 15% a titolo di “entry fee”.

In limine va osservato che ratione temporis (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 giugno 2016 n. 2947) – la comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI) del procedimento è stata trasmessa alle parti dopo l’emanazione della delibera dell’Autorità del 22 ottobre 2014 – non trovano applicazione gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 di cui alla Comunicazione della Commissione 2006/C 210/02 del 1° settembre 2006 (Orientamenti Comunitari, o Comunicazione) bensì le linee guida dell’AGCM 22 ottobre 2014, n. 25152.

16. Nondimeno i criteri seguiti da AGCM non sono condivisibili.

16.1 Sebbene – come già sottolineato – per affermare l’esistenza di una restrizione alla concorrenza non occorra dimostrare che i comportamenti delle imprese siano stati volontariamente diretti a restringere concretamente la concorrenza, la gravità dell’infrazione contestata, viceversa, reclama la prova del pregiudizio recato al funzionamento del mercato.

Nel caso in esame la prova è assente: non v’è è traccia nel provvedimento impugnato degli effetti pregiudizievoli concreti sul mercato e comunque dell’impatto economico effettivo derivato dall’intesa (in effetti non risultano esservi stati incrementi dei prezzi per le stazioni appaltanti).

La riduzione e in ogni caso la mancanza di una prova pratica del pregiudizio suddetto andavano presi in considerazione nella scelta della percentuale applicabile al valore delle vendite (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 luglio 2016 n. 3047).

16.2 A fronte dell’unico riscontro delle circostanze esogene, consistito nell’e-mail in cui si faceva cenno ad un eventuale accordo non Siman, in difetto di ogni altro elemento di oggettivo riscontro del contributo causale di Co. nella commissione dell’illecito e nel pregiudizio effettivamente recato al funzionamento del mercato, è illegittima la mancata concessione delle attenuanti.

16.3 Nel duplice e concorrente spettro della ragionevolezza e della proporzionalità, non è altresì giustificato calcolare la sanzione suddividendo i lavori effettivamente eseguiti, assumendo a riferimento la ripartizione di quelli eseguiti nella gara G305, sì da quantificare a carico dell’appellante la percentuale del 28%.

Così operando, sono state traslate le prestazioni specifiche della gara G305 alle altre G313 e G324, aventi lavorazioni diverse, assumendo oltretutto a parametro di riferimento l’importo di aggiudicazione previsto nel bando anziché, in conformità della tipologia del contratto a chiamata, quanto effettivamente eseguito dall’aggiudicatario a chiamata dal committente (cfr., in termini sulla qualificazione del contratto, nota NAVARM del 17.06.2015 depositata dall’appellante).

16.4 Tirando le fila sul punto, in forza ex art. 134, comma 1, lett. c) del cod. proc. amm., che riconosce in materia la giurisdizione del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito, la misura della sanzione pecuniaria comminata dall’AGCM va ridotta del 70%.

17. Conclusivamente, in riforma parziale della sentenza impugnata e in parziale accoglimento del ricorso di primo grado, la sanzioni finale va rideterminate nella misura di cui alla motivazione.

18. La complessità delle questioni dedotte e la parziale reciproca soccombenza giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese di entrambi i gradi dei giudizi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e nei limiti della motivazione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata e in parziale accoglimento del ricorso di primo grado, la sanzioni finale va rideterminate nella misura di cui alla motivazione.

Spese del doppio grado compensate..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Marco Buricelli – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore

Dario Simeoli – Consigliere

Nicola D’Angelo – Consigliere

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