Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 20 marzo 2015, n. 1534

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE SESTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8522 del 2014, proposto da:
Gruppo Ef. s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato St.Zu., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Vi.Ce. in Roma, Via (…);
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato presso gli uffici di quest’ultima in Roma, Via (…);
Un. s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Parioli, 180;
per la riforma
della sentenza 1° luglio 2014, n. 959, del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Venezia, Sezione III.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico e di Un. s.p.a.;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2015 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati La.Cl. ed altri.
 

FATTO

 
1.– La società, indicata in epigrafe, ha partecipato al bando, emanato dal Ministero delle attività produttive con circolare 8 ottobre 2004 numero 1253707, per l’accesso alle agevolazioni sotto forma di credito d’imposta per lo sviluppo dell’attività di commercio elettronico.
Il bando prevedeva la possibile concessione di agevolazioni finanziarie alle imprese che avessero sviluppato progetti orientati allo sviluppo per via elettronica delle transazioni che le imprese richiedenti effettuano tra di loro ovvero nei confronti di altre imprese, nonché dei consumatori finali, nei mercati interni ed esteri.
Il Ministero dello sviluppo economico, con decreto 29 novembre 2006, n. 32, aveva liquidato, in favore del soggetto Gestore – Un. s.p.a., l’importo oggetto dell’agevolazione.
Lo stesso Ministero con decreto 3 dicembre 2012, n. 2294 ne ha disposto la revoca.
2.– La società ha impugnato detto decreto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto che, con sentenza 1° luglio 2014, n. 959, ha sollevato d’ufficio, nel rispetto delle regole del contraddittorio, la questione di giurisdizione dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. In particolare, il Tribunale, dopo avere riportato gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa in materia, ha rilevato che, nella specie, il decreto è stato revocato “per inadempienze attribuibili al soggetto promotore o alle ditte partecipanti”, con conseguenza sussistenza di un diritto soggettivo e non di un interesse legittimo.
3.– La ricorrente in primo grado ha proposto appello, rilevando che, nella specie, sarebbe stato contestato l’esercizio di un potere pubblico e non una inadempienza, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.
3.1.– Si è costituito in giudizio il Ministero dello sviluppo economico, chiedendo la riforma della sentenza nella parte in cui ha declinato la giurisdizione.
3.2.– Si è costituita in giudizio Un. s.p.a., chiedendo il rigetto dell’appello.
4.– La causa è stata decisa all’esito della camera di consiglio del 13 gennaio 2015.
 

DIRITTO

 
1.– La questione all’esame della Sezione attiene alla individuazione del giudice dotato di giurisdizione in presenza di controversie afferenti alla revocazione di agevolazioni finanziarie.
2.– L’appello è fondato.
Il Consiglio di Stato, Ad. plen., con sentenza 29 gennaio 2014, n. 6, ha stabilito, con affermazioni suscettibili di applicazione generalizzata a tutte le controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche, che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia “deve essere attuato sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata”. Ne consegue, si aggiunge, che “qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall’acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull’inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo”. In tal caso, infatti, si sottolinea, “il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all’inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione”.
4.– Nella fattispecie in esame l’art. 103, commi 5 e 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001) ha previsto la concessione di agevolazioni sotto forma di credito d’imposta per lo sviluppo delle attività di commercio elettronico.
Il Ministero delle attività produttive, con circolare 8 ottobre 2004, n. 1253707, ha adottato un bando per l’erogazione delle predette agevolazioni, che contempla una procedura che si articolava in tre fasi: i) la prima fase si conclude con un “decreto di prenotazione” delle risorse a seguito dell’istruttoria svolta dal soggetto Gestore (Un. s.p.a.); ii) la seconda fase si conclude con un “decreto di fruizione” sempre a seguito della istruttoria del soggetto Gestore; iii) la terza fase si caratterizza per il fatto che il Gestore provvede alla liquidazione.
Con decreto ministeriale 3 agosto 2005 sono state disciplinate le modalità di variazione e subentro di imprese diverse rispetto a quelle che avevano presentato la domanda.
Nella specie, il Ministero dello sviluppo economico, con decreto 3 dicembre 2012, n. 2294, ha disposto la revoca del decreto 29 novembre 2006, n. 32 con cui lo stesso Ministero aveva stabilito che il Gestore provvedesse alla liquidazione.
In particolare, è stata contestata: i) la violazione degli articoli 5.7, 5.8 della suddetta circolare, in quanto alcune imprese facenti parte del progetto avrebbero ottenuto agevolazioni fiscali nonostante mancasse agli atti il decreto di subentro relativo alle stesse; ii) la violazione dell’art. 1 del decreto ministeriale 3 agosto 2005, in quanto la perizia giurata e asseverata agli atti risulterebbe incompleta, mancando “il riferimento alle fatture emesse dalle singole imprese per sostenere i costi relativi al progetto” e risultando “assente alcun cenno alla positiva valutazione delle variazioni avvenute, con particolare riferimento all’uniformità e alla coerenza di tali variazioni con l’obiettivo del progetto”; iii) la violazione del suddetto art. 1, in quanto nella documentazione agli atti risulterebbe assente “la dichiarazione di variazione del soggetto promotore e la relativa relazione tecnico economica”.
Alla luce di quanto esposto, risulta che la suddetta revoca, da un lato, ha riguardato la seconda fase della procedura, dall’altro, è stata giustificata per la presenza di illegittimità afferenti al sub-procedimento di variazione e subentro.
Non venendo, pertanto, in rilievo questioni afferenti all’inadempimento di obbligazioni ma questioni relative alla legittimità della procedura amministrativa, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo.
5.– Per le ragioni sin qui indicate l’appello deve essere accolto con conseguente annullamento della sentenza impugnata e rinvio della causa al primo giudice.
6.– La natura della controversia, sorta a seguito di un rilievo officioso della questione di giurisdizione, giustifica tra le parti l’integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
 

P.Q.M.

 
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) accoglie l’appello e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata e rimette la causa al primo giudice per la trattazione nel merito;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini – Presidente
Maurizio Meschino – Consigliere
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Roberta Vigotti – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 20 marzo 2015

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