Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 16 febbraio 2017, n. 699

Se è vero che la valutazione sottesa alla compatibilità di un intervento edilizio con vincoli paesaggistici può essere sindacata solo se fondata su apprezzamenti palesemente irragionevoli o sulla fallace rappresentazione della realtà fattuale, è anche vero che tale limitata sindacabilità postula logicamente che la motivazione non sia fondata su rilievi ostativi formulati in termini meramente tautologici o generici, ma sulla specifica e puntuale indicazione delle ragioni di contrasto con le esigenze di protezione del bene

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 16 febbraio 2017, n. 699

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3927 del 2012, proposto da:

Gi. Pa., rappresentato e difeso dall’avvocato Si. Ma. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Cl. Pa. in Roma, via (…);

contro

Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Fa. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Mo. Sc. in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE: SEZIONE III n. 00218/2012, resa tra le parti, concernente diniego di condono edilizio.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2017 il Cons. Carlo Deodato e uditi per le parti gli avvocati Ma. e Mo. Sc. per delega di Fa..;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con la sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana respingeva il ricorso proposto dal sig. Gi. Pa. avverso il provvedimento prot. n. 11580 in data 18 maggio 2007 con cui il Comune di (omissis) gli aveva negato, in conformità al parere contrario espresso dalla commissione tecnica consultiva, il condono edilizio di un ampliamento abusivo del suo immobile, mediante la realizzazione di un loggiato, in una zona soggetta a vincolo paesaggistico.

Avverso la predetta decisione proponeva appello il sig. Pa., contestando la correttezza del gravato giudizio di legittimità del diniego controverso, insistendo nel sostenere l’invalidità di quest’ultimo e concludendo per il suo annullamento, in riforma della sentenza appellata.

Resisteva il Comune di (omissis), difendendo la decisione appellata e domandandone la conferma, previa reiezione dell’appello del sig. Pa..

Il ricorso veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 9 febbraio 2017.

2.- L’appello è fondato, alla stregua delle considerazioni che seguono, e dev’essere accolto.

3.- L’appellante critica, in particolare, la gravata statuizione reiettiva, con i primi due motivi di ricorso, per aver omesso ogni sindacato della motivazione del diniego, ancorché formulata in termini generici e priva di riscontro alle osservazioni formulate nell’ambito del procedimento.

3.1- L’assunto merita condivisione.

3.2- Se è vero, infatti, che, secondo un consolidato e univoco insegnamento giurisprudenziale (cfr. ex multis Cons. St., sez. VI, 14 luglio 2014, n. 3637), dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, la valutazione sottesa alla compatibilità di un intervento edilizio con vincoli paesaggistici può essere sindacata solo se fondata su apprezzamenti palesemente irragionevoli o sulla fallace rappresentazione della realtà fattuale, è anche vero che tale limitata sindacabilità postula logicamente che la motivazione non sia fondata su rilievi ostativi formulati in termini meramente tautologici o generici, ma sulla specifica e puntuale indicazione delle ragioni di contrasto con le esigenze di protezione del bene (Cons. St., sez. VI, 24 marzo 2014, n. 1418).

3.3- In coerenza con il criterio di giudizio appena indicato, appare, allora, agevole rilevare che il diniego gravato dal sig. Pa. risulta motivato, per relationem all’avviso contrario espresso dalla commissione per il paesaggio, sulla base del rilievo meramente apparente, e, quindi, inidoneo ad integrare gli estremi del rispetto del precetto consacrato all’art. 3 della legge n. 241 del 1990, della incoerenza con il contesto ambientale sia delle volumetrie, sia dei materiali utilizzati (dei quali viene anche segnalato il contrasto con le caratteristiche dell’edificio esistente).

Orbene, se si esaminano le caratteristiche del pergolato oggetto dell’istanza di condono (realizzato sul fronte posteriore del manufatto, costruito in legno e tegole e coppi in cotto e ricoperto da vegetazione, di guisa da risultare scarsamente visibile), per come risultanti dalla documentazione fotografica versata in atti (e non contestata), si deve rilevare che la motivazione assunta a fondamento del diniego si rivela del tutto inidonea a palesare le ragioni del conflitto dell’intervento con gli interessi di tutela del paesaggio.

Tenuto conto, infatti, delle ridottissime dimensioni dell’annesso e del suo scarsissimo impatto ambientale, la tautologica affermazione della inidoneità della volumetria e dei materiali, rispetto al contesto paesaggistico circostante, si rivela del tutto insufficiente ad evidenziare, in concreto, la disarmonia dell’intervento con l’ambiente circostante, che non solo non risulta percepibile ictu oculi, ma sfugge anche ad uno scrutinio rigoroso e severo della compatibilità paesaggistica del modesto loggiato retrostante.

L’osservanza dell’obbligo motivazionale esigeva, invece, l’esplicitazione delle ragioni per le quali la consistenza e le caratteristiche estetiche del pergolato erano state giudicate difformi e incompatibili con le esigenze di protezione del paesaggio circostante (anche tenuto conto della dubbia qualificabilità dell’intervento come idoneo a realizzare una volumetria aggiuntiva).

3.4- La pregnanza dell’obbligo motivazionale (nella specie disatteso) risultava, peraltro, concretamente accresciuta dall’esigenza di riscontrare la disponibilità dell’interessato, formalizzata nel contraddittorio procedimentale, di sostituire i materiali con quelli indicati (dall’Amministrazione) come maggiormente coerenti con il paesaggio.

Sennonché tale osservazione è rimasta sprovvista di qualsivoglia esame da parte del Comune, che, pur a fronte dell’offerta dell’istante di utilizzare diversi materiali, ha respinto la sua istanza proprio sulla base del rilievo dell’inidoneità di quelli utilizzati, ma senza indicare quelli giudicati compatibili con il vincolo, con ciò violando i doveri connessi al rispetto dovuto alle facoltà partecipative nella specie esercitate dall’interessato.

4.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l’accoglimento dell’appello e, in riforma della decisione impugnata e in accoglimento del ricorso di primo grado, l’annullamento del provvedimento di (omissis) in data 18 maggio 2007.

5.- Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento con esso impugnato. Condanna il Comune di (omissis) di rifondere al ricorrente le spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.000,00, oltre IVA e CAP, come per legge dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere, Estensore

Bernhard Lageder – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere

Francesco Mele –

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