Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 7 agosto 2017, n. 3914

In applicazione del principio della necessaria continuità e/o permanenza dei requisiti necessari per l’ammissione ad una procedura di valutazione comparativa concorrenziale, le Amministrazioni aggiudicatrici hanno un vero e proprio obbligo giuridico di ammettere alla gara, all’aggiudicazione ed alla stipula il soggetto subentrante

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 7 agosto 2017, n. 3914

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5129 del 2016, proposto da:

Bd. It. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Se. Va., Vi. An., Lu. Fo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Se. Va. in Roma, via (…);

contro

Ra. Wa. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Pa., An. An., con domicilio eletto presso lo studio Lu. Pa. in Roma, viale (…);

Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

nei confronti di

Pr. s.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III TER n. 03413/2016, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ra. Wa. s.p.a. e di Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2016 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Vi. An. e Lu. Pa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- La BD. It. s.p.a. ha interposto appello avverso la sentenza 18 marzo 2016, n. 3413 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. III ter, con la quale sono stati in parte respinti ed in parte dichiarati inammissibili il ricorso ed i motivi aggiunti dalla stessa esperiti rispettivamente avverso il provvedimento in data 17 settembre 2015 di esclusione dalla “procedura in economia (cottimo fiduciario) per l’affidamento dei servizi di consulenza su processi e procedure aziendali”, indetta da Ra. Wa. s.p.a., ed il successivo provvedimento di aggiudicazione in favore di De. ER. s.r.l.

Alla gara hanno partecipato, tra gli altri, la Pr. s.r.l., la quale ha presentato un’offerta come mandataria di un costituendo R.T.I. con la BD. s.p.a. quale mandante, esprimente un ribasso del 56,51 per cento, e la Ma. s.p.a., con un ribasso del 10 per cento.

Con decorrenza 24 luglio/3 agosto 2015, e dunque successivamente alla presentazione delle offerte, avvenuta il 14 luglio 2015, ed alla valutazione delle medesime da parte della Commissione giudicatrice (21 luglio 2015), la BD. s.p.a. e la Ma. s.p.a. hanno ceduto i propri rami di azienda, comprensivi anche dei rapporti inerenti alla gara oggetto di controversia, alla BD. It. s.p.a., soggetto distinto ed autonomo rispetto a BD. s.p.a. ed a Ma. s.p.a. (oggi, El. Au. s.p.a.).

L’impugnata esclusione dalla gara dell’offerta del R.T.I. tra Pr. s.r.l. e BD. It. s.p.a. è motivata in ragione della violazione del divieto di presentare offerte plurime ed anche in ragione del fatto che l’offerta del raggruppamento e quella di Ma. s.p.a. sarebbero riconducibili ad un unico centro decisionale; ad avviso della stazione appaltante, in particolare, il divieto di presentare offerte plurime deve trovare applicazione non solo al momento della presentazione delle offerte, ma anche per l’intera durata del procedimento di gara.

Con il ricorso in primo grado BD. It. s.p.a. ha impugnato il provvedimento di esclusione dal procedimento di gara; con successivi motivi aggiunti ha impugnato l’aggiudicazione in favore di De. ER. s.r.l., comunicata in data 9 novembre 2015.

2. – La sentenza qui appellata, come esposto, ha respinto il primo motivo di ricorso, e la censura per disparità di trattamento e dichiarato inammissibili gli altri motivi.

3. – L’appello critica la sentenza deducendo una pluralità di motivi, sostanzialmente reiterativi delle censure in primo grado, ed il cui nucleo tematico principale ruota intorno all’allegazione secondo cui nella fattispecie in esame, caratterizzata dalla cessione di ramo di azienda, non vengono in rilievo le norme che regolano la presentazione di offerte plurime o la partecipazione delle ditte contemporaneamente in forma individuale od in raggruppamento, quanto piuttosto quelle che disciplinano le vicende soggettive degli offerenti successive alla presentazione delle offerte stesse, con accidentale riconduzione di due offerte al medesimo soggetto in corso di gara.

4. – Si è costituita in resistenza Ra. Wa. s.p.a., chiedendo la reiezione dell’appello.

5. – Si è altresì costituita in giudizio, con memoria di forma, l’A.N.A.C.

6. – All’udienza pubblica del 13 dicembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Con il primo mezzo di gravame si censura la sentenza di prime cure che ha condiviso l’operato della stazione appaltante, la quale ha ravvisato una violazione del divieto di presentazione di offerte multiple, ovvero riconducibili allo stesso operatore economico, allegando l’inapplicabilità al caso di specie sia dell’art. 37, comma 7, che dell’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto tanto il R.T.I. Pr.- BD., quanto la società Ma. hanno presentato ciascuno un’unica offerta, ed in ogni caso il divieto delle offerte multiple riguarda la sola fase di presentazione delle offerte, e non anche le fasi successive del procedimento di gara, come si desume da un’interpretazione che tenga conto anche della portata precettiva dell’art. 51, che ammette modifiche soggettive dell’offerente (fenomeno nel cui ambito rientra espressamente anche la cessione dei rami di azienda) successivamente alla presentazione dell’offerta stessa.

Il motivo è fondato.

La sentenza appellata afferma, nei passaggi motivazionali salienti, che il concorrente partecipa con una propria offerta e non può divenire titolare dell’offerta di un altro competitore, in quanto altrimenti verrebbe eluso il principio di unicità dell’offerta; nella specie, Ma., quale impresa singola e BD. quale mandante del R.T.I. con Pr. hanno ceduto la propria posizione alla società BD. It., divenuta titolare di entrambe le offerte originarie. Sottolinea ancora (la sentenza) che si desume dall’art. 116 Cod. contratti pubblici che le vicende soggettive (quali cessioni di azienda) riguardano l’esecutore del contratto, presupponendo dunque l’intervenuta stipulazione del contratto, ed ovviamente la conclusione della gara.

L’assunto argomentativo, pur nella complessità della tematica evocata, non appare persuasivo.

Ed invero ritiene il Collegio, in termini generali, che debba trovare applicazione la disposizione dell’art. 51 del d.lgs. n. 163 del 2006, e non già gli artt. 11, comma 6, e 37, comma 7.

L’art. 51, nel disciplinare le vicende soggettive del candidato, dell’offerente e dell’aggiudicatario, consente espressamente il subentro dei soggetti risultanti da operazioni di cessione, affitto di azienda, o di un ramo di azienda, ovvero da trasformazione, fusione e scisssione di società durante la gara (in termini Cons. Stato, V, 15 novembre 2010, n. 8044), previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale; si inserisce dunque in un processo di spersonalizzazione del contratto pubblico, che viene in rilievo in una pluralità di previsioni del codice dei contratti pubblici.

Sembra inferibile dal sistema che, una volta accertato il possesso dei prescritti requisiti, in ossequio al principio della necessaria continuità e/o permanenza dei requisiti necessari per l’ammissione ad una procedura di valutazione comparativa concorrenziale, le Amministrazioni aggiudicatrici abbiano un vero e proprio obbligo giuridico di ammettere alla gara, all’aggiudicazione ed alla stipula il soggetto subentrante (Cons. Stato, V, 5 dicembre 2008, n. 6046).

L’art. 51 concerne le varie ipotesi in cui il subentro avviene nel corso della gara; l’ambito oggettivo di tale disposizione è dunque più esteso rispetto a quello degli artt. 11, comma 6, e 37, comma 7, che, nell’imporre, direttamente od indirettamente, l’unicità dell’offerta per ciascun concorrente, guarda al momento di presentazione delle offerte, ed è funzionale a tutelare la libertà delle gare ed a garantire la par condicio tra i concorrenti; successivamente a tale fase di presentazione delle offerte, le disposizioni in questione perdono di rilevanza, vigendo il principio di immodificabilità dell’offerta presentata.

D’altro canto, le previsioni degli artt. 11, comma 6, e 37, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006 devono essere coordinate con il successivo art. 51, che ammette la modificabilità soggettiva, a certe condizioni, del partecipante alla gara, in quanto l’interpretazione fatta propria dalla stazione appaltante si traduce inevitabilmente in una nuova causa di esclusione dalla gara, incidente sull’autonomia privata delle parti, oltre che in contrasto con il favor partecipationis che permea la materia in esame.

Ciò appare chiaro in una prospettiva diacronica, incontestata tra le parti, la quale pone in evidenza come la cessione dei rami di azienda a BD. It. s.p.a da parte di BD. s.p.a. e di Ma. s.p.a. abbia una decorrenza dal 24 luglio 2013 e sia stata comunicata alla stazione appaltante il successivo 3 agosto, e dunque sia successiva non solo alla presentazione delle singole e separate offerte, risalente al 14 luglio 2015, ma anche alla valutazione delle medesime da parte della Commissione giudicatrice, avvenuta il 21 luglio 2015.

2. – Per economia di giudizio può procedersi ora alla disamina del terzo motivo di ricorso, con cui si censura la pronuncia di inammissibilità per carenza di interesse del secondo motivo del ricorso di primo grado, indirizzato nei confronti del secondo motivo di esclusione dalla gara, fondato sull’asserita imputabilità delle offerte in questione (quella del R.T.I. Pr. s.r.l. e BD. It. s.p.a. e quella di Ma. s.p.a.) ad un unico centro decisionale, in violazione di quanto disposto dall’art. 38, comma 1, lett. m-quater, del d.lgs. n. 163 del 2006.

Il motivo è fondato in r ito, proprio alla stregua delle ragioni sviluppate nella sentenza appellata, ed in particolare in ragione dell’assorbente considerazione per cui, in caso di provvedimento plurimotivato, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, ciascun ordine motivazionale, ove immune da vizi, è di per sé in grado di sorreggere la legittimità dell’atto, con il logico corollario che gli effetti caducatori dell’accoglimento del primo motivo restano condizionati allo scrutinio del presente.

Il motivo è fondato anche nel merito.

A norma dell’art. 38, comma 1, lett. m-quater), e comma 2, anche la sussistenza di un’eventuale relazione di collegamento non è di per sé sufficiente ad escludere le imprese tra loro collegate, senza consentire alle stesse la possibilità di dimostrare che il rapporto di collegamento non ha influito sul rispettivo comportamento nell’ambito della gara (tanto che la verifica e l’eventuale esclusione sono disposte dopo l’apertura delle buste contenenti l’offerta economica).

Nella fattispecie in esame il provvedimento di esclusione individua quali indizi gravi, precisi e concordanti, la contiguità temporale tra l’avvio del progetto di aggregazione tra Ma. s.p.a. e BD. It. s.p.a. (13 luglio 2015) e la data di scadenza per la presentazione delle offerte (14 luglio), il fatto che Al. Au. s.p.a. (trasformatasi in BD. It. s.p.a.) abbia una compagine societaria riconducibile a soggetti già soci della Ma. s.p.a. e la presenza, nei suoi organi amministrativi, di persone soci della BD. s.p.a., nonché la percentuale di ribasso dell’offerta di Ma. s.p.a. sensibilmente inferiore alla media dei ribassi offerti dalle altre imprese, tale da risultare offerta assolutamente non competitiva.

Tali elementi non appaiono peraltro indicativi dell’esistenza di un unico centro decisionale che governi le due imprese, e dunque del concreto concordamento del contenuto delle offerte, nel senso che non costituiscono elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. Si può anzi ritenere che proprio la sproporzione tra le due offerte, quella di Ma., recante un ribasso sugli importi a base d’asta del 10 per cento, e quella del R.T.I. Pr.- BD., con un ribasso del 56,61 per cento, denoti che i possibili profili di collegamento ravvisabili non hanno influito sul rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara. Né può sostenersi che l’offerta di Ma. abbia influito sulla determinazione della soglia di anomalia, in virtù del meccanismo del “taglio delle ali”.

Le offerte sono state presentate da soggetti giuridicamente distinti, tra i quali non intercorre una situazione di controllo ai sensi dell’art. 2359 Cod. civ.; inoltre, come sottolineato nel ricorso introduttivo dall’appellante, la preparazione/programmazione di un atto di cessione di ramo di azienda non prefigura una presunzione di collegamento sostanziale, se è vero che tale non è neppure la presenza di eventuali comunanze a livello strutturale (Cons. Stato, V, 8 aprile 2014, n. 1668; 28 agosto 2013, n. 4198).

3. – Occorre ora procedere alla disamina dei motivi aggiunti esperiti in primo grado avverso l’aggiudicazione in fravore di De. ER. s.r.l., in quanto la pronuncia di annullamento dell’esclusione (corollario dell’accoglimento dell’appello avverso il capo della sentenza che aveva rigettato la relativa impugnazione) impone di riformare la statuizione di inammissibilità.

L’annullamento dell’esclusione del R.T.I. Pr. e di BD. It. s.p.a. determina l’illegittimità in via derivata dell’aggiudicazione in favore di De. ER. s.r.l., in quanto, essendo la procedura di gara informata al criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, il ribasso offerto dal R.T.I. Pr., pari al 56,51 per cento, risulta superiore a quello offerto dall’aggiudicataria De. ER. s.r.l., attestantesi al 51,00 per cento. Ne consegue che già per tale ragione l’appellante aveva titolo all’aggiudicazione della gara in esame.

4. – L’appello deduce peraltro anche un vizio proprio dell’aggiudicazione, consistente nel fatto che la De. è incorsa in una causa di esclusione dalla procedura, non avendo presentato la dichiarazione sostitutiva, attestante l’assenza di condanne, previta dall’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, oltre che dall’art. 12 della lettera di invito, con riguardo a tutti i soggetti per cui è prevista, ed è stata tuttavia ammessa a presentare una “dichiarazione integrativa e sostitutiva di quella già presentata”.

Il motivo, che si esamina per completezza, seppure problematico, non appare fondato.

Nella fattispecie in esame infatti non è stata omessa la dichiarazione sostitutiva, ovvero presentata una dichiarazione falsa, circostanze che, per motivi diversi, porterebbero comunque all’esclusione.

Piuttosto, si è al cospetto di una dichiarazione incompleta, parziale, limitata ai soli soggetti di cui all’art. 38 cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara.

Può dunque ritenersi che nella fase di presentazione delle offerte una dichiarazione sostitutiva incompleta integri l’irregolarità sostanziale, limite entro il quale è consentito il soccorso istruttorio ai sensi del combinato disposto degli artt. 38, comma 2-bis, e 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, oltre che dell’art. 17 della lettera di invito.

5. – Da ultimo, deve essere disattesa la domanda finalizzata ad ottenere la pronuncia di inefficacia del contratto, stipulato in data 22 dicembre 2015 da De. ER. s.p.a. con Ra. Wa. s.p.a.

Ed invero, anche nei casi di violazioni più gravi, la inefficacia del contratto non può essere disposta nel caso in cui il contratto sia stato integralmente eseguito.

Nella fattispecie in esame il contratto aveva la durata di dodici mesi decorrenti dalla sottoscrizione, e dunque è scaduto nel dicembre 2016; non si evince dalla documentazione versata in atti che sia stato prorogato per ulteriori dodici mesi.

6. – Residua da esaminare il profilo risarcitorio, che l’appellante quantifica nella misura del cinquanta per cento del mancato guadagno, e nel danno curriculare, da liquidarsi in via equitativa.

Il motivo è fondato nei limiti seguenti.

Ha affermato, di recente, Cons. Stato, Ad. plen., 12 maggio 2017, n. 2, che nel caso di mancata aggiudicazione, il danno conseguente al lucro cessante si identifica con l’interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l’impresa avrebbe conseguito dall’esecuzione dell’appalto), sia il danno c.d. curriculare (ovvero il pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto).

Spetta all’impresa danneggiata offrire la prova rigorosa dell’utile in concreto conseguito, ma nel caso di specie, data la semplicità, sotto tale profilo, della fattispecie, si può ritenere che lo stesso sia determinabile nella misura del cinque per cento del valore dell’appalto (determinato in ragione del ribasso offerto in gara dall’avente diritto). Il danno curriculare, inteso quale nocumento indiretto all’immagine della società ed al suo radicamento nel mercato, può poi essere liquidato in via equitativa, nell’ambito dei parametri fissati dalla giurisprudenza (Cons. Stato, VI, 15 settembre 2015, n. 4283), nella misura dell’1 per cento dell’importo dell’offerta recante il ribasso rispetto all’importo a base d’asta (euro 86.971).

7. – Alla stregua di quanto esposto, l’appello deve essere accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado ed i motivi aggiunti devono essere accolti, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, e condanna di Ra. Wa. al risarcimento del danno per equivalente, nella misura in precedenza specificata.

La complessità della fattispecie trattata costituisce motivo eccezionale per compensare tra tutte le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado ed i motivi aggiunti, nei sensi di cui in motivazione, e condanna Ra. Wa. al risarcimento del danno in favore dell’appellante, sempre nei termini di cui alla motivazione.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini – Presidente

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

Stefano Fantini – Consigliere, Estensore

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