Cassazione 11

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 6 ottobre 2015, n. 4652

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1967 del 2015, proposto dalla s.p.a. Pu., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria RTI e RTI – Consorzio Se. a r.l., rappresentati e difesi dall’avvocato Ma.Br., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

contro

Il Comune di Campobasso;

nei confronti di

La s.r.l. Se., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi.Co., con domicilio eletto presso l’avvocato Cl.Pa. in Roma, via (…);

la s.p.a. Gr. ed altri;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Molise, Sezione I, n. 35/2015, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di pulizia, disinfezione, disinfestazione e sanificazione di immobili di competenza comunale.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della s.r.l. Se.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 luglio 2015 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Mi.Pe. ed altri;

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, Sez. I, con la sentenza 30 gennaio 2015, n. 30, ha accolto il ricorso proposto dall’attuale parte appellata s.r.l. Se. per l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione dell’appalto per l’affidamento del servizio di pulizia, disinfezione, disinfestazione e sanificazione degli immobili di competenza comunale, respingendo il ricorso incidentale proposto dall’attuale appellante Pu. Spa.

Il TAR ha rilevato che:

– con riguardo al ricorso incidentale, il richiamo alla disciplina dei raggruppamenti, operato con riguardo ai consorzi ordinari, debba essere inteso in base al criterio della compatibilità ed abbia, quindi, una diversa valenza a seconda che si faccia riferimento a consorzi ordinari operanti nella forma semplice, privi, cioè, di una struttura organizzativa autonoma distinta dalle imprese consorziate e fondati essenzialmente solo sull’accordo di cui all’art. 2602 c.c.; ovvero nella forma della società consortile a responsabilità limitata di cui all’art. 2615-ter c.c.;

– in quest’ultima ipotesi le disposizioni relative ai raggruppamenti trovano applicazione con il temperamento derivante dall’evidente differenza che in questo caso il consorzio ha una propria soggettività giuridica che lo rende idoneo a divenire centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici, distinto dalle imprese consorziate socie;

– quindi, il consorzio ricorrente può legittimamente designare per l’esecuzione dell’appalto una sola delle consorziate, peraltro munita dei requisiti di partecipazione stabiliti dalla lex specialis, non potendosi imporre, per le ragioni suddette, a soggetti societari, sia pure consortili, di designare per l’esecuzione tutti i soci consorziati;

– invece il motivo del ricorso principale, nella parte in cui censura l’elaborazione di sub-criteri successivamente all’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche, è fondato;

– dall’esame del verbale della sesta seduta pubblica del 4 giugno 2014, n. 6, risulta che la commissione giudicatrice non si è limitata ad illustrare o a dettagliare i criteri previsti dal disciplinare, ma anzi ha operato delle specifiche scelte, decidendo di privilegiare ai fini dell’attribuzione del punteggio determinate componenti dell’offerta tecnica piuttosto che altre.

L’appellante contestava la sentenza del TAR, deducendo i seguenti motivi d’appello:

– Errores in iudicando. Violazione dell’art. 3 del disciplinare. Violazione degli artt. 34, comma 1, lett. e), e 37 d.lgs. n. 163-2006. Eccesso di potere per illogicità manifesta;

– Errores in iudicando. Violazione dell’art 83 d.lgs. n. 163-2006. Erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti.

– Errores in iudicando. Violazione del principio di conservazione dell’effetto utile degli atti giuridici. Violazione dei principi di economicità e di buon andamento dell’azione amministrativa.

Con l’appello in esame si chiedeva la reiezione del ricorso di primo grado.

Si costituiva il controinteressato, chiedendo la reiezione dell’appello.

Si costituiva il Comune intimato, chiedendo la reiezione del ricorso di primo grado.

All’udienza pubblica del 16 luglio 2015, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il Comune appellato aveva indetto una gara (procedura aperta) per l’affidamento quadriennale del servizio di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione degli immobili comunali, per un importo di Euro 1.912.622,26 (di cui Euro 50.414,78 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso), aggiudicata con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, destinando 60 punti all’elemento tecnico e 40 punti all’elemento prezzo.

Il Comune aveva definito le modalità di valutazione del progetto nell’art. 6 del disciplinare, che prevedeva la ripartizione dei 60 punti destinati alla qualità, con l’individuazione dei seguenti sub-criteri:

a) sistema organizzativo del servizio – fino a 25 punti;

b) metodologie tecnico operative – fino a 20 punti;

c) sicurezza e formazione – fino a 10 punti;

d) strumenti e prodotti utilizzati – fino a 5 punti.

Il disciplinare specificava inoltre le modalità di attribuzione dei punteggi di ciascun criterio, imponendo l’assegnazione di un coefficiente compreso tra lo 0% ed il 100%, a seconda di una valutazione “insufficiente”, “discreta”, “buona”; “molto buona” e “eccellente”.

Il disciplinare stabiliva infine che, moltiplicando il coefficiente attribuito per il massimo punteggio previsto per il relativo criterio, si sarebbe individuato il punteggio da assegnare per ciascun criterio; la relativa somma avrebbe individuato il punteggio complessivo per l’elemento tecnico.

2. Ritiene il Collegio che il primo motivo di appello, con il quale si ripropone il corrispondente motivo del ricorso incidentale di primo grado, sia fondato.

Il ricorrente incidentale di primo grado ha dedotto che ha illegittimamente partecipato alla gara l’appellata Se., consorzio ordinario assumente la forma di società consortile ex art. 2602 c.c., costituito da due società: la s.r.l. Ge. e la s.r.l. Se.

In quanto consorzio ordinario, Se. ha dichiarato di partecipare in nome proprio e per conto di una sola impresa consorziata, la s.r.l. Ge., che avrebbe eseguito il 100% del servizio, in ipotizzata violazione dell’art. 34 d.lgs. n. 163-2006, che, in merito ai consorzi ordinari, rimanderebbe integralmente alla disciplina delle ATI, nelle quali è necessario che tutte le imprese prendano parte alla gara ed alla relativa esecuzione del servizio.

Ritiene il Collegio che per comprendere la questione oggetto del giudizio vanno richiamate la dottrina e la giurisprudenza secondo cui l’associazione temporanea di imprese (ATI) sia un contratto associativo atipico, fondato sul mandato collettivo speciale e gratuito, con rappresentanza ed in rem propriam (nell’interesse del terzo committente) conferito da parte delle associate ad una di esse (cd. capogruppo), che perciò assume, nei confronti del committente, la rappresentanza esclusiva delle mandanti: dalla presentazione dell’offerta (che è l’unico aspetto disciplinato dall’ordinamento) sino all’estinzione di ogni rapporto giuridico.

La possibilità di associarsi temporaneamente, senza obbligo di assumere vincoli societari che imporrebbero oneri e obblighi sproporzionati rispetto ad un rapporto caratterizzato dalla durata limitata e dalla unicità dell’affare, è compensata dalla responsabilità solidale che lega le imprese riunite, anche nei rapporti con i subappaltatori e fornitori (come previsto dall’art. 37, comma 5, del d.lgs. n. 163-2006, in continuità normativa con l’art. 13, comma 2, dell’abrogata L. n. 109-94).

Dal punto di vista civilistico, del tutto diversa è la posizione del consorzio costituito in forma di società consortile, che è una società caratterizzata dal fatto di svolgere la propria attività perseguendo scopi consortili; infatti, esso può consistere in qualsiasi società prevista dal c.c., con esclusione della società semplice.

Per quanto riguarda la disciplina degli appalti pubblici, il consorzio di imprese, se anche costituito in forma di società consortile ai sensi dell’art. 2615-ter del codice civile, è un soggetto con identità plurisoggettiva, con la conseguenza che ad esso risulta pienamente applicabile la disciplina di cui all’art. 34, lett. e), d. lgs. n. 163-2006 che, a sua volta, rinvia al successivo art. 37.

La disciplina civilistica della società consortile e la personalità giuridica di cui è titolare non comportano che essa sia esentata dagli adempimenti richiesti dalla disciplina in materia di contratti pubblici, qualora la società consortile partecipi a gare d’appalto indette dalla pubblica amministrazione.

Le società consortili, invero, non sono imprese autonome, ma consorzi, per la natura e le finalità mutualistiche in favore delle imprese consorziate, con l’unica differenza che è loro consentito di operare in forma societaria, sicché la “causa consortile” del contratto permane e prevale sulla forma societaria assunta.

La circostanza che tale soggetto abbia personalità giuridica e si presenti alla gara come impresa singola, in limine, rileva ai fini dell’assunzione della responsabilità nei confronti della stazione appaltante, ma non può esimere dagli obblighi posti dal codice dei contratti pubblici ai consorzi, qualunque sia la loro forma giuridica assunta.

L’art. 34, lett. e), indica tra i soggetti che possono partecipare alle procedure di gara “i consorzi ordinari di concorrenti di cui all’articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche in forma di società ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile”.

Peraltro, l’art. 37, comma 4, d.lgs. n. 163-2006 (apparentemente dedicato alle sole ATI, in base alla sua rubrica) specifica che “nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati”, espressamente e letteralmente riferendosi, dunque, anche ai soggetti consorziati.

Soltanto i consorzi di cui alle lett. b) e c) dell’art. 34 citato, ovvero i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti in applicazione della legge 25 giugno 1909, n. 422, e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, nonché i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui all’art. 36, sfuggono alla disciplina di cui all’art. 37.

Tuttavia, il consorzio Se., consorzio ordinario assumente la forma di società consortile ex art. 2602 c.c., non dimostra (né ha dimostrato in sede di gara) di aver partecipato nelle qualità soggettive indicate dall’art. 34, lett. b) e c) d.lgs. n. 163-2006, con la conseguenza che ad esso doveva farsi integrale applicazione del successivo art. 37, che non prevede alcuna eccezione per le società consortili (anzi, espressamente includendole).

Il TAR ha respinto il ricorso incidentale sulla base di una distinzione all’interno della figura dei consorzi ordinari, tra quelli costituiti nella “forma semplice” di cui agli art. 2602 e ss. c.c., privi di struttura organizzativa, e quelli costituiti con la forma della società consortile ai sensi dell’art. 2615-ter c.c., distinzione che però non ha alcuna base positiva e che è contraddetta dal tenore letterale delle disposizioni esaminate, come si è sopra rilevato.

Pertanto, partecipando sotto forma di consorzio ordinario, l’appellata Se. doveva prendere parte alla gara per entrambe le imprese consorziate e non solo per una di esse.

3. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto per tale motivo e, per l’effetto, deve essere accolto il ricorso incidentale di primo grado che, avendo natura escludente in una gara in cui hanno partecipato 26 concorrenti, esime dall’esame “incrociato” del ricorso principale e, conseguentemente, dall’esame dei successivi motivi di appello che rimangono, quindi, assorbiti, poiché deve essere dichiarato inammissibile il ricorso principale di primo grado.

Le spese di lite del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 1967 del 2015 come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, accoglie il ricorso incidentale di primo grado, dichiarando inammissibile il ricorso principale di primo grado.

Condanna parte appellata al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio in favore della parte appellante, spese che liquida in euro 8.000,00, oltre accessori di legge.

Dispone che la parte appellata rimborsi all’appellante gli importi effettivamente versati a titolo di contributo unificato, relativamente ad entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti – Presidente

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti – Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi – Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Carlo Schilardi – Consigliere

Depositata in Segreteria il 6 ottobre 2015.

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