consiglio di stato bis

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 25 febbraio 2016, n. 754

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3805 del 2015, proposto da An. De Sa. nella qualità di titolare della omonima ditta An. De Sa., rappresentata e difesa dall’avvocato Fa. Co., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Ma. in Roma, via (…);

contro

il Comune di (omissis), in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Ca., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);

nei confronti di

Ro. Ma. s.r.l.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Abruzzo – L’Aquila Sezione I n. 158 del 12 marzo 2015, resa tra le parti, concernente affidamento della gestione dell’Os. de. Ca.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 novembre 2015 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti l’avvocato Da. d’A. su delega dell’avvocato Fa. Co. e l’avvocato An. Ro. su delega dell’avvocato Fr. Ca.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- An. De Sa. nella qualità di titolare della omonima ditta partecipava alla procedura aperta indetta dal Comune di (omissis) per l’affidamento in gestione dell’edificio comunale adibito a struttura ricettiva denominato “Os. de. Ca.” situato nella frazione di (omissis).

La gara da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa prevedeva come requisito di partecipazione la iscrizione alla Camera di Commercio.

La ditta De Sa. veniva esclusa in quanto dalla visura camerale risultava che era stata iscritta alla camera di commercio alla data del 3 dicembre 2014 e, quindi, successivamente al 27 novembre 2014, data di scadenza di presentazione della istanza di partecipazione.

2.- Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo n. 33 del 2015 An. De Sa. chiedeva l’annullamento del provvedimento di esclusione, deducendo i seguenti motivi di illegittimità:

2.1- violazione dell’articolo 48 del d.p.r. n. 163 del 2006;

2.2- violazione dei principi di imparzialità e parità di trattamento;

2.3- violazione della lex specialis di gara e dell’articolo 11 del d.p.r. 7 dicembre 1995, n. 581; errore di fatto e difetto di motivazione.

3.- Il TAR dell’Abruzzo con la sentenza n. 158 del 2015 resa in forma semplificata rigettava il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio sulle considerazioni che:

a) la ricorrente non aveva documentato il possesso del requisito di iscrizione alla camera di commercio mediante certificazione o autocertificazione, ma mediante il deposito della “ricevuta di avvenuta presentazione in via telematica all’ufficio del registro delle imprese di L’Aquila della richiesta di iscrizione nella sezione speciale con qualifica di piccolo imprenditore presentata in data 24 novembre 2014”;

b) il bando prevedeva espressamente la produzione del certificato di iscrizione alla camera di commercio anche a mezzo autocerticazione che è documento formalmente diverso dalla ricevuta di richiesta di iscrizione;

c) la iscrizione alla camera di commercio non risale alla data di presentazione della domanda ma decorre dalla data di inserimento nella memoria dell’elaboratore elettronico;

d) l’acquisizione del certificato da parte della stazione appaltante non fa venir meno la mancata produzione da parte della ditta della certificazione richiesta.

4.- Con atto di appello An. De Sa. nella qualità in atti ha impugnato la suddetta sentenza, di cui chiede la riforma per error in iudicando alla stregua dei seguenti motivi:

4.1- errore di fatto, perché avrebbe reso la autodichiarazione richiesta dal bando di gara comprensiva anche della iscrizione alla camera di commercio;

4.2- errore di diritto perché la comunicazione unica prevista dall’articolo 9 della legge n. 7/2007 farebbe luogo della iscrizione alla camera di commercio;

4.3- errore di fatto perché il TAR non avrebbe valutato che l’esclusione era stata disposta anche a causa della presunta inattività, circostanza irrilevante non essendo prevista dalla lex di gara.

5.- Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) che ha eccepito la improcedibilità dell’appello per mancata impugnazione dell’atto di aggiudicazione della gara intervenuta in data 19 giugno 2015 e tempestivamente comunicata alla ditta ricorrente ed ha controdedotto alle censure concludendo per il rigetto dell’appello.

6.- Con memoria difensiva l’appellante ha dichiarato di avere interesse alla decisione di merito ai fini dell’azione risarcitoria che avrebbe azionato con separato ricorso nei confronti del Comune di (omissis) ed ha sostenuto che, comunque, l’azione di condanna comporta l’implicita impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, seppure non ai fini del suo annullamento ma dell’accertamento dell’antigiuridicità che costituisce uno dei presupposti dell’azione risarcitoria.

Le parti hanno depositato memorie di replica e, alla pubblica udienza del 5 novembre 2015, il giudizio è stato trattenuto per la decisione.

7.- L’appello è improcedibile oltre che infondato nel merito.

8.- E’ principio acquisito quello secondo cui nel processo amministrativo il ricorso avverso la esclusione da una gara pubblica è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse allorché non sia impugnata, nonostante la tempestiva comunicazione, l’aggiudicazione definitiva dell’appalto, che costituisce l’atto che rende definitiva la lesione dell’interesse azionato dal soggetto escluso.

Infatti l’eventuale annullamento della esclusione che ha effetto viziante e non caducante, lasciando sopravvivere l’aggiudicazione non impugnata, non è idoneo ad attribuire al ricorrente alcun effetto utile (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. V, 1°aprile 2015, n. 1714; sez. VI, 14 luglio 2014, n. 3630; sez. III, 25 gennaio 2013, n. 48; sez. VI 20 ottobre 2010, n. 7586).

Quanto alla circostanza che la ricorrente abbia chiesto anche la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni da attività illegittima, essa non consente al giudice di prescindere dalle norme processuali che fissano termini perentori per l’impugnazione degli atti, consentendo una pronuncia di accertamento della legittimità o meno dell’atto che non sia stato impugnato nei termini.

L’appello va di conseguenza dichiarato improcedibile.

9.- Ad ogni buon conto e per mera completezza, va rilevata anche l’infondatezza nel merito dell’appello e la correttezza della sentenza impugnata.

E’ incontestato, infatti, che la ricorrente in sede di partecipazione alla gara non produceva né la certificazione né autodichiarazione comprovante il possesso della sua iscrizione alla camera di commercio ma solamente la prova della richiesta di iscrizione presentata on line.

Da ciò l’evidente violazione della disposizione del capitolato d’oneri approvato unitamente al bando di gara, che in ordine ai requisiti di partecipazione (“requisiti richiesti e modalità di presentazione dell’offerta”) disponeva che “tutti i partecipanti dovranno, pena l’esclusione, essere iscritti, per le attività economiche inerenti all’oggetto della concessione, nel registro della Camera di Commercio…da documentare con specifica certificazione”.

Invero, la ricorrente alla data di presentazione dell’offerta non era iscritta alla camera di commercio così come veniva accertato dalla stazione appaltante che nell’esercizio del soccorso istruttorio seppure officioso acquisiva la visura camerale, dalla quale risultava che l’iscrizione era intervenuta in data 3 dicembre 2014, quindi oltre il termine di presentazione della domanda di partecipazione.

Poiché il termine di presentazione delle domande di partecipazione alle pubbliche gare costituisce il discrimentemporale entro il quale il concorrente deve a pena di esclusione possedere i requisiti di partecipazione, la commissione legittimamente disponeva l’esclusione della ditta ricorrente per mancanza del requisito di partecipazione richiesto dalla lex di gara.

10.- Né può condividersi la prospettazione sulla retrodatazione della iscrizione alla camera di commercio alla data di presentazione della domanda, desunta dalla ricorrente dall’esito positivo della sua domanda con conseguente iscrizione e dalla disposizione introdotta dall’articolo 9 della legge n. 7/2007 a tenore della quale la presentazione della comunicazione unica “vale quale assolvimento di tutti gli adempimenti previsti per l’iscrizione al registro delle imprese” e costituisce “titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale”.

La disposizione citata che è espressione del tendenziale principio di semplificazione del procedimento amministrativo non attribuisce alla domanda di iscrizione la valenza propria del provvedimento di iscrizione, atteso che esso segue alla verifica positiva dei requisiti soggettivi e delle altre condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione.

Ne consegue che nella materia delle gare pubbliche il requisito della iscrizione camerale non è surrogabile dalla prova di aver presentato la domanda di iscrizione, in quanto il certificato non è richiesto solamente ai fini dell’esercizio dell’attività da parte dell’aggiudicataria, ma quale prova del possesso delle condizioni soggettive e oggettive cui è subordinata la iscrizione, il cui accertamento demandato all’ente camerale è implicito nella iscrizione.

In tale ottica la iscrizione assume valenza costitutiva e non può che decorrere dal momento in cui è disposta la iscrizione.

Per le ragioni esposte non può che essere rilevata la legittimità dell’operato della stazione appaltante, così come evidenziato dal TAR Abruzzo con percorso motivazionale corretto.

11.- In conclusione, fermo quanto sin qui esposto, l’appello va dichiarato improcedibile.

Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza nell’importo indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.

Condanna An. De Sa. quale titolare della omonima ditta a pagare al Comune di (omissis) la somma di euro 3.000,00 oltre accessori di legge per le spese di questo grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Antonio Amicuzzi – Consigliere

Doris Durante – Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero – Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Depositata in Segreteria il 25 febbraio 2016.

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