Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 23 settembre 2015, n. 4443

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2452 del 2015, proposto dalla Ke. s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Ro.Gu. ed altri, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, viale (…);

contro

A. – An. s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Fe.Te. e Ga.Zu., con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via (…);

nei confronti di

A., rappresentato e difeso dagli avvocati Ca.Ce. e Cl.De., con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE IV, n. 3147/2014, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento della convenzione per il rifornimento della rete di vendita dell’A. di Milano

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A. – An. s.p.a. e dell’A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 luglio 2015 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati El.Po. ed altri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con avviso pubblicato sul proprio sito istituzionale il 22 novembre 2013, l’A. di Milano indiceva una procedura selettiva mediante trattativa privata finalizzata “ad individuare un operatore economico, che fornirà la propria rete vendita di carburanti”, sulla base di una convenzione di durata quinquennale, all’esito della quale veniva dichiarata aggiudicataria la Ke. s.p.a. (delibera del consiglio direttivo del 23 dicembre 2013).

2. Tuttavia, sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, dell’altra candidata autrice di un’offerta, A. – An. s.p.a., con la sentenza in epigrafe il TAR Lombardia – sede di Milano annullava gli atti di gara, ritenendo carente di motivazione il giudizio comparativo tra le due offerte, e dichiarava conseguentemente inefficace il contratto eventualmente stipulato con l’aggiudicataria; respingeva invece le domande di reintegrazione in forma specifica e risarcimento per equivalente, specificando sul punto che la soddisfazione dell’interesse azionato era condizionata dalla rinnovazione della procedura.

3. Contro la pronuncia del TAR ha proposto appello la Ke..

4. Aderisce al mezzo l’A., mentre vi resiste l’originaria ricorrente A..

5. Nelle more del presente giudizio, l’ente pubblico resistente ha effettuato la rivalutazione delle offerte, individuando nuovamente quella della Ke. come la migliore (verbale del consiglio direttivo del 25 maggio 2015, comunicato alle parti private con nota del 29 maggio seguente).

L’A. ha nondimeno chiesto l’ottemperanza della pronuncia di primo grado ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. b), cod. proc. amm., in accoglimento della quale azione il TAR Lombardia – sede di Milano, ha ordinato all’A. di rinnovare l’intera procedura di gara (sentenza n. 1501 del 29 giugno 2015).

DIRITTO

1. Nel primo motivo d’appello la Ke. ripropone l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado, perché notificato dall’A. il 20 giugno 2014, in seguito all’accesso agli atti di gara (avvenuto il 21 maggio precedente), benché sin dal 27 dicembre 2013 la stessa avesse avuto notizia (con nota di prot. n. 2921) che la sua offerta non era stata ritenuta la più vantaggiosa, ed in ragione di ciò fosse stata richiesta, quale gestore del servizio in allora in essere, di liberare gli impianti per consentire l’ingresso della nuova concessionaria a far data dal 1° gennaio 2014.

2. Il motivo è fondato.

Al riguardo, va premesso in fatto che nella nota in questione l’Aci ha comunicato all’originaria ricorrente che l’offerta da ella presentata nella procedura selettiva “non è stata giudicata la più favorevole per l’Ente dal nostro Consiglio Direttivo”, invitando la stessa “a rimuovere quanto di vostra competenza dai nostri impianti a partire dal 1 gennaio 2014”.

L’effetto lesivo derivante dall’atto impugnato è dunque chiaramente percepibile, e consiste nella circostanza della mancata aggiudicazione della procedura selettiva qui in contestazione e nella conseguente necessità di rilasciare gli impianti di distribuzione fino ad allora approvvigionati. La nota in esame enuncia anche le ragioni, le quali sono del resto evidentemente evincibili dall’esito non favorevole della selezione così comunicato, e cioè l’esistenza di un’offerta ritenuta dall’ente migliore rispetto a quella della medesima A..

3. Deve conseguentemente essere applicato il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, secondo cui il termine per impugnare i provvedimenti adottati nelle procedure di affidamento di contratti pubblici decorre, in base alla regola generale prevista dall’art. 41, comma 2, cod. proc. amm., dalla notificazione, comunicazione, o piena conoscenza dell’atto, e ciò anche in mancanza delle particolari forme di comunicazione di detti provvedimenti ai sensi dell’art. 79 cod. contratti pubblici, perché tale circostanza non impedisce che la conoscenza degli stessi, cui comunque l’art. 120 del codice del processo fa riferimento testuale, sia acquisita con altre forme (Sez. III, 18 giugno 2015, n. 3126, 7 gennaio 2015, n. 5; Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 671, 24 febbraio 2015, n. 856, 18 marzo 2014, n. 1348).

4. E’ peraltro vero che, come evidenzia l’A., la Sezione IV di questo Consiglio di Stato ha statuito che ai fini della decorrenza del termine per impugnare non è sufficiente che sia intervenuta la conoscenza dell’atto lesivo, occorrendo anche di quest’ultimo sia fornito “un minimo contenutistico al fine di poter impugnare” (sentenza 18 dicembre 2013, n. 6008; nella medesima linea, cfr. Sez. V, 6 maggio 2015, n. 2274 e Sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 896, le quali hanno affermato che il termine per l’impugnativa, in quei casi nei confronti di provvedimenti di esclusione, decorre dalla piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità, per cui laddove questi non fossero oggettivamente evincibili, è consentito il differimento nei limiti di dieci giorni, necessari per consentire l’accesso semplificato ed accelerato agli atti di gara, ai sensi del comma 5-quater dell’art. 79).

Va al riguardo osservato che queste pronunce si collocano nel solco tracciato dalla Corte di giustizia UE, nella sentenza 28 gennaio 2010, C-406/08. In questa pronuncia il giudice comunitario ha infatti affermato che, al fine di garantire il rispetto del principio di effettività enunciato all’art. 1, n. 1, della direttiva 89/665/CEE, relativa ai ricorsi in materia di procedure di affidamento di appalti pubblici, il termine per impugnare gli atti di tale procedura non può decorrere prima della conoscenza dei motivi per i quali il concorrente non ha conseguito l’aggiudicazione.

5. Tuttavia, il “minimo contenutistico” è nel caso di specie ravvisabile proprio nell’esternazione, sia pure in forma sintetica, dell’esito sfavorevole per la A. del giudizio comparativo delle offerte presentate nella procedura qui in contestazione. Conseguentemente, a fronte di ciò quest’ultima era nelle condizioni di proporre l’impugnativa giurisdizionale, avversando il giudizio formulato dall’amministrazione, tra l’altro per motivazione insufficiente, e quindi, in seguito all’acquisizione degli ulteriori atti della procedura in riscontro all’istanza di accesso presentata, formulare motivi aggiunti ulteriori. Il tutto secondo i consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in materia di termine per proporre l’impugnativa giurisdizionale, nell’ambito dei quali si afferma che la piena conoscenza dell’atto si concretizza con la cognizione dei suoi elementi essenziali e della sua portata dispositiva e della sua valenza lesiva, senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione e degli atti del procedimento, mentre la successiva conoscenza di questi ulteriori elementi consente di introdurre altre censure mediante l’istituto ora previsto dall’art. 43 cod. proc. amm. (da ultimo: Sez. III, 16 giugno 2015, n. 3025; Sez. V, 16 febbraio 2015, n. 777).

6. I quali principi sono pienamente applicabili al caso oggetto del presente giudizio perché, come dedotto dall’appellante e dall’A. sul punto, il contratto da aggiudicare all’esito della procedura selettiva qui in contestazione, consistente in una convenzione per la fornitura di carburante nella rete di vendita dell’ente, non è riconducibile ad alcuno dei contratti disciplinati dal codice di cui al d.lgs. n. 163/2006, in particolare non essendo inquadrabile nell’appalto pubblico di lavori, servizi o forniture o nella concessione di lavori o servizi, quali definiti nell’art. 3, commi 3, 6 – 12 del citato codice.

Ciò per la decisiva considerazione che nessun esborso economico è previsto a carico dell’ente affidante, dal momento che il carburante fornito è destinato agli utenti della rete di vendita dell’A., in cambio della quale l’affidatario si impegna ad eseguire una serie di prestazioni a favore di quest’ultimo (fornitura della provvista economica per l’ammodernamento ed adeguamento degli impianti, con obbligo di restituzione; supporto tecnico ed amministrativo a ciò necessario; manutenzione degli stessi impianti; marketing). Difetta dunque qualsiasi onerosità a carico dell’amministrazione, elemento essenziale perché il contratto possa essere qualificato come appalto ai sensi del citato art. 3, comma 6, d.lgs. n. 163/2006, così come la prestazione diretta in favore dell’utenza e l’assunzione dei conseguenti rischi economici tipica del contratto di concessione.

Conseguentemente, da un lato non sono applicabili le formalità richieste dall’art. 79, comma 5, più volte citato, specifiche dei soli appalti nei settori ordinari di cui alla II parte del codice e, dall’altro lato, il contratto deve essere qualificato come contratto attivo per l’amministrazione, ed assoggettato alla disciplina, tuttora vigente, di contabilità generale dello Stato, di cui al r.d. n. 2440/1923, per il quale sono applicabili le regole generali in materia di decorrenza del termine per impugnare sopra esaminate.

7. Deve ancora rilevarsi come non possa essere condivisa la tesi del TAR secondo cui la tempestività del ricorso deve essere valutata in relazione ai motivi in esso dedotti ed il conseguente rilievo della tempestività, in ragione del fatto che la A. aveva tra l’altro censurato i provvedimenti impugnati per violazione delle forme previste dall’art. 79, comma 5, cod. contratti pubblici.

In primo luogo, perché questa norma non è applicabile, come poc’anzi rilevato.

In secondo luogo perché le esigenze di certezza dell’azione amministrativa, di cui il termine decadenziale per proporre l’impugnativa giurisdizionale costituisce la principale espressione, sarebbero vulnerate se si prescindesse dal fondamentale postulato che è l’interesse ad agire il perno su cui ruota il sistema di tutela giurisdizionale contro il potere pubblico e questo interesse in tanto può dirsi sorto in quanto sia stata acquisita la conoscenza dell’atto che di tale potere è espressione e del suo effetto lesivo per i contrapposti interessi privati.

8. In conseguenza di tutto quanto rilevato, in accoglimento del motivo in esame la sentenza del TAR deve essere riformata, dovendo essere dichiarato irricevibile il ricorso della A. e, conseguentemente, il successivo atto contenente motivi aggiunti ulteriori.

9. Peraltro, l’impugnativa della A. non solo doveva essere dichiarata irricevibile, ma respinta anche per la sua infondatezza.

Come infatti evidenzia l’appellante Ke., lo stesso TAR ha chiaramente colto le ragioni per le quali l’offerta di quest’ultima è stata giudicata migliore rispetto a quella della A.. Ciò si evince dal § II.1) della parte in diritto della pronuncia qui appellata, che si riporta per esteso: “La richiamata documentazione dell’Ufficio Tecnico, redatta in data 18.12.2013, ha preliminarmente riassunto i principali contenuti delle due offerte, evidenziando che quella della ricorrente, con riferimento all’aspetto economico, prevedeva una richiesta di compenso in parte “fissa” ed in parte “variabile”, laddove quella della controinteressata solo “variabile”. Quanto alla vera e propria comparazione tra le due offerte, la stessa ha avuto luogo solo con riferimento a detto elemento economico (compenso), precisando che “i valori utilizzati per i conteggi sono quelli reali dell’ultimo quinquennio (2009-2013), rielaborati con i parametri delle offerte presentate. Si fa notare che per omogeneità di confronto è stato utilizzato il prezzo di vendita del carburante A.-IP nel periodo di riferimento”. Gli esiti numerici di tale comparazione, consistente sostanzialmente nella simulazione dei compensi riconosciuti alla stazione appaltante, sulla base del carburante venduto nell’ultimo quinquennio, alle condizioni offerte in sede di gara, sono stati riassunti nelle tabelle 1 e 2, le quali hanno evidenziato che l’offerta della controinteressata è più vantaggiosa”.

In altri termini, l’organo tecnico, le cui valutazioni sono state fatte integralmente proprie dal consiglio direttivo dell’A. nel provvedimento di aggiudicazione, ha posto in comparazione i prezzi unitari del carburante offerti dalle due competitrici, rendendoli in particolare omogenei, a fronte del fatto che, avvalendosi delle opzioni previste nella lettera di invito, la A. aveva offerto un prezzo fisso-variabile, contro quello fisso proposto dalla Ke.. In particolare, la citata tabella 1 offre una chiara rappresentazione dei vantaggi economici derivanti dall’offerta di quest’ultima.

E’ conseguentemente possibile evincere dal documento in esame che le modalità con le quali si è svolta comparazione tra i prezzi rispettivamente offerti dalle due candidate.

10. A conferma di ciò deve sottolinearsi che la stessa A. ha ben potuto comprendere le ragioni per le quali l’offerta dell’aggiudicataria è stata ritenuta migliore alla propria. Infatti, nel secondo motivo aggiunto proposto davanti al TAR l’odierna appellata ha formulato censure puntuali al giudizio espresso dall’organo tecnico dell’A., evidenziandone in più punti i motivi per i quali lo stesso non poteva essere ritenuto condivisibile, in particolare in ordine alle caratteristiche migliorative dell’offerta del prezzo al litro del carburante.

11. Diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, deve pertanto ritenersi assolto l’obbligo motivazionale gravante sulle amministrazioni ai sensi dell’art. 3 l. n. 241/1990.

Come infatti afferma ormai costantemente la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l’obbligo in questione deve essere apprezzato in coerenza con la funzione che la motivazione svolge, e cioè di esternazione del percorso logico-giuridico seguito dall’amministrazione nell’emanazione dell’atto finale. Secondo questa concezione (di tipo funzionale, ormai prevalente presso la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato su quella formale), attraverso la motivazione del provvedimento l’amministrazione deve fare comprendere le ragioni del suo operato, onde consentire al cittadino di potere utilmente accedere alla tutela giurisdizionale, in omaggio ai principi di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione (da ultimo: Sez. IV, 21 aprile 2015, n. 2011; Sez. V, 14 aprile 2015, n. 1875, la quale ha precisato che a tale dovere corrisponde anche un obbligo del cittadino di comportarsi in modo corretto e secondo buona fede, usando la diligenza del buon padre di famiglia; inoltre: Sez. V, 24 marzo 2014, n. 1420, che ha specificato che attraverso la motivazione deve essere reso possibile il controllo esterno circa il corretto esercizio della discrezionalità amministrativa).

12. La riforma della sentenza di primo grado comporta ai sensi dell’art. 336, comma 2, cod. proc. civ. il conseguente annullamento anche della sentenza del TAR Lombardia n. 1501 del 29 giugno 2015, sopra citata, con cui è stato accolto il ricorso per la relativa ottemperanza ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. b), cod. proc. amm. (in termini, cfr. Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 268).

13. In punto spese del doppio grado di giudizio, non si ravvisano ragioni per derogare al criterio della soccombenza, la quale fa capo alla A., rinviandosi al dispositivo per la relativa liquidazione; va invece disposta la compensazione delle spese tra l’appellante Ke. e l’amministrazione resistente, la quale ha aderito alla presente impugnativa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiara irricevibili il ricorso ed i motivi aggiunti della A. – An. s.p.a.; annulla inoltre la sentenza del TAR Lombardia – sede di Milano n. 1501 del 29 giugno 2015.

Condanna l’A. – An. s.p.a. a rifondere alla Ke. s.p.a. le spese del doppio grado di giudizio, liquidate complessivamente in Euro 10.000,00, oltre agli accessori di legge; le compensa tra la medesima Ke. s.p.a. e l’A..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno – Presidente

Carlo Saltelli – Consigliere

Doris Durante – Consigliere

Nicola Gaviano – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 23 settembre 2015.

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