Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 23 dicembre 2015, n. 5823

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4207 del 2015, proposto dalla s.p.a. Pe. ed altri (…);

contro

Il Comune di Melzo ed altri (…);

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo della Lombardia, sede di Milano, Sezione I, n. 554/2015, resa tra le parti, concernente l’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori di realizzazione del nuovo polo scolastico di via (…) – risarcimento danni:

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Melzo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2015 il consigliere Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Da. ed altri (…);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Lombardia, sede di Milano, rubricato al n. 2562/2014, Pe. s.p.a. impugnava:

– la deliberazione della Giunta del Comune di Melzo n. 79 del 26 giugno 2014, avente a oggetto “procedura aperta per l’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori di realizzazione del nuovo polo scolastico di Via (…): atto di indirizzo in merito alla revoca dell’appalto”; la comunicazione di avvio del procedimento del 25 giugno 2014; la nota del 23 luglio 2014 e ogni provvedimento presupposto, consequenziale e connesso;

– la deliberazione della Giunta comunale n. 92 del 24 luglio 2014, avente a oggetto l’espressione di un “formale indirizzo perché si pervenga alla revoca della procedura incaricando il responsabile unico del procedimento di predisporre gli atti necessari”; la determinazione del responsabile del settore servizi tecnici n. 134 del 30 luglio 2014, con cui tale revoca è stata disposta. Con motivi aggiunti, la società estendeva l’impugnazione alla deliberazione della Giunta comunale n. 93 del 24 luglio 2014 di adozione del programma triennale dei lavori pubblici 2014 – 2016 e dell’elenco annuale 2014.

Con ulteriori motivi aggiunti, la società estendeva l’impugnazione alla deliberazione della Giunta comunale n. 42 del 9 settembre 2014, con cui è stato approvato il bilancio di previsione del 2014, alla relazione previsionale e programmatica, il bilancio triennale 2014 – 2016 (nella parte relativa al programma triennale delle opere pubbliche), alla deliberazione della Giunta n. 105 del 6 ottobre 2014, con cui è stato espresso un indirizzo favorevole alla realizzazione della nuova scuola primaria, alla determinazione del responsabile del settore servizi tecnici n. 183 del 4 novembre 2014, con cui si è disposto l’affidamento della progettazione preliminare dei lavori di realizzazione della nuova scuola primaria, nonché a ogni provvedimento presupposto e connesso, segnatamente alla deliberazione della Giunta comunale n. 99 del 26 settembre 2014, con cui sono state approvate le modifiche alla convenzione sottoscritta in data 3.5.2013 tra il Comune di Melzo e la s.p.a. Ta..

La ricorrente riferiva che la vicenda riguarda una procedura aperta, avente un importo a base d’asta di Euro 9.038.000,00 (di cui Euro 105.000,00 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso), da aggiudicarsi mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base di predefiniti elementi di valutazione, finalizzata alla realizzazione di un nuovo plesso scolastico, comprendente la scuola primaria (elementare); la scuola secondaria di primo grado (media inferiore); i servizi annessi, il refettorio e i locali per il riscaldamento dei cibi e la centrale tecnologica, nonché gli uffici per la direzione didattica e la biblioteca degli insegnanti, l’auditorium; la palestra della scuola primaria e quella della scuola secondaria.

In esito alle operazioni di gara, la società ricorrente si è classificata al primo posto e in data 22 maggio 2014 il responsabile del procedimento ha chiesto la trasmissione della documentazione finalizzata alla verifica del possesso dei requisiti ai sensi dell’art. 48, comma 2 del D.Lgs. 163/2006.

Con nota del 25 giugno 2014, la stazione appaltante ha avviato un procedimento di revoca della procedura oggetto del contendere, cui è seguita l’emissione dell’impugnata deliberazione della Giunta comunale.

Pe. s.p.a. proponeva quindi il ricorso sopra specificato, affidato, deducendo i seguenti motivi:

1) incompetenza; violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del D.Lgs. 267/2000; eccesso di potere per manifesto travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; irragionevolezza;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 128 del D.Lgs. 163/2006; eccesso di potere per manifesto travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; irragionevolezza; contraddittorietà; illogicità, difetto d’istruttoria e di motivazione.

La ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti impugnati e il risarcimento dei danni subiti, riservandosi di quantificarne l’ammontare in corso di causa.

Con ricorso per motivi aggiunti, Pe. s.p.a. impugnava la deliberazione della Giunta comunale n. 92 del 24 luglio 2014, avente a oggetto l’espressione di un “formale indirizzo perché si pervenga alla revoca della procedura incaricando il RUP di predisporre gli atti necessari”; la determinazione del responsabile del settore servizi tecnici n. 134 del 30 luglio 2014, con cui tale revoca è stata disposta, la deliberazione della Giunta comunale n. 93 del 24 luglio 2014 di adozione del programma triennale dei lavori pubblici 2014 – 2016 e l’elenco annuale 2014; puntualizzava infine la proposta domanda di risarcimento del danno in forma specifica (accertamento del diritto a stipulare il contratto di appalto) o, in mancanza, per equivalente monetario, nonché, in via subordinata, chiedeva dichiararsi il diritto a ottenere l’indennizzo ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge 241/1990.

A integrazione del ricorso principale, la società proponeva i seguenti motivi:

1 motivo aggiunto) incompetenza; violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del D.Lgs. 267/2000; eccesso di potere per manifesto travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; irragionevolezza;

2 motivo aggiunto) violazione e falsa applicazione dell’art. 128 del D.Lgs. 163/2006; eccesso di potere per manifesto travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; irragionevolezza; contraddittorietà; illogicità, difetto d’istruttoria e di motivazione;

3 motivo aggiunto) eccesso di potere per manifesto travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; irragionevolezza; contraddittorietà; illogicità, difetto d’istruttoria e di motivazione;

4 motivo aggiunto) violazione e falsa applicazione dell’art. 21 quinquies della legge 242/1990; eccesso di potere per manifesto travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; irragionevolezza; contraddittorietà; illogicità, difetto d’istruttoria e di motivazione;

5 motivo aggiunto) eccesso di potere per manifesto travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; irragionevolezza; contraddittorietà; illogicità, difetto d’istruttoria e di motivazione.

La domanda di risarcimento del danno veniva ulteriormente specificata nei costi per la partecipazione alla procedura di gara (Euro 204.354,28), nel danno curriculare (Euro 398.391,33), nel mancato guadagno (quantificato nel 10 per cento del valore del contratto, ossia in Euro. 796.782,66); l’ammontare dell’indennizzo veniva commisurato in relazione “al danno emergente, al danno curriculare e al lucro cessante, ovvero nella maggiore o minore misura che sarà ritenuta di giustizia”; sempre in via di determinazione equitativa formulava infine la domanda di risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale, per violazione dei doveri di correttezza e buona fede.

Con la sentenza in epigrafe, n. 554 in data 25 febbraio 2015, il Tribunale amministrativo della Lombardia, sede di Milano, accoglieva il ricorso nella sola parte relativa al riconoscimento del diritto della ricorrente a percepire indennizzo ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, liquidato in Euro 37.094,80, precisando che su tali somme spetta la rivalutazione monetaria, a decorrere dal momento di adozione della deliberazione, immediatamente esecutiva, della Giunta comunale n. 92 del 24 luglio 2014 fino alla data di deposito della medesima sentenza e che sulla somma così rivalutata andranno, inoltre, computati gli interessi legali calcolati dalla data di deposito della stessa sentenza fino all’effettivo soddisfo

2. Avverso la predetta sentenza, Pe. s.p.a. propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 4207/2015, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’integrale accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituito in giudizio il Comune di Melzo chiedendo il rigetto dell’appello.

Le parti hanno scambiato memorie.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 10 novembre 2015.

3. La controversia concerne gli atti con i quali il Comune appellato ha interrotto il procedimento di cui in narrativa, riguardante la procedura aperta per l’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori di realizzazione del nuovo polo scolastico di Via (…), che impegnava l’importo a base d’asta di Euro 9.038.000,00 (di cui Euro 105.000,00 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso), revocando l’aggiudicazione provvisoria già disposta in favore dell’odierna appellante e procedendo a nuova programmazione delle opere pubbliche.

L’appello è infondato.

3.1. Non è fondata la censura di incompetenza della Giunta Comunale a disporre l’impugnata revoca.

E’ vero che la programmazione delle opere pubbliche rientra nella competenza del Consiglio Comunale, ma l’operato del Comune appellato non ha violato tale riparto di competenze.

Deve essere rilevato che l’atto di revoca è stato uno dei primi provvedimenti della Giunta da poco insediatasi dopo il rinnovo del Consiglio Comunale.

La Giunta ha preso atto del fatto che una somma di notevolissimo rilievo era impegnata per l’intervento di cui ora si discute; deve essere osservato che in quel momento non era stato stipulato il contratto di appalto e anzi non si era nemmeno concluso il procedimento di aggiudicazione.

La Giunta ha ritenuto l’impegno di spesa manifestamente eccessivo e ha avviato gli atti necessari per una nuova programmazione.

In tale situazione di fatto, è evidente che la conclusione del procedimento di aggiudicazione avrebbe reso impossibile, o quanto meno ben più complicata, la modifica della programmazione del Comune.

Nella descritta situazione di fatto, ragionevolmente la Giunta ha proceduto alla revoca della procedura in corso, attuando quindi una sorta di “misura di salvaguardia” necessaria per non pregiudicare l’esercizio della potestà programmatoria del Comune e consentire l’esercizio dell’amplissima discrezionalità, propria di tali scelte.

Potrebbe essere sostenuto che le misure di salvaguardia sono provvedimenti cautelari, che giustificano la sospensione, non l’arresto definitivo del procedimento.

Peraltro, tale argomentazione non è stata proposta dall’appellante e appare di dubbia applicabilità in relazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici, nelle quali le offerte hanno un termine massimo di validità.

In ogni modo, tale argomentazione non è in concreto rilevante nel caso in esame, in quanto il problema è stato superato dalla successiva modifica della programmazione delle opere pubbliche.

Nello stesso ordine di idee, deve essere respinta la doglianza relativa alla violazione dell’art. 11, primo comma, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, dedotta rilevando che gli atti di revoca della gara sono in contrasto con la programmazione delle opere pubbliche allora vigente.

E’ evidente, infatti, che tale programmazione è modificabile, dall’ente locale, sulla base di nuove considerazioni attinenti alla migliore gestione dell’interesse pubblico, nell’esercizio del potere di autotutela; di conseguenza, il Comune è legittimato a porre in essere quanto necessario per mutare gli atti della propria programmazione.

Con gli atti concernenti la revoca della precedente gara, il Comune non ha modificato il programma delle opere pubbliche, ma ha invece posto in essere atti preordinati a tale modifica, di fatto poi disposta, a tale scopo impedendo il formarsi di preclusione al dispiegamento delle sue potestà discrezionali.

L’argomentazione deve quindi essere disattesa.

3.2. L’appellante contesta poi, sotto diversi profili, la modifica di programmazione decisa dal Comune dopo la revoca dell’appalto che le era stato provvisoriamente aggiudicato.

3.2.a. L’appellante lamenta in primo luogo la mancata comparazione dell’interesse pubblico con il suo interesse a conservare l’aggiudicazione, legittimamente conseguita.

La doglianza non può essere condivisa, in quanto – in una situazione nella quale il Comune appellato si è attivato per evitare l’esborso di circa dieci milioni di euro per la realizzazione di obiettivi non condivisi dalla nuova Giunta – la prevalenza dell’interesse pubblico risulta palese, comunque motivatamente esposta e non necessita di ulteriori chiarimenti.

3.2.b. Le ulteriori censure, con le quali si contesta la procedura di modifica del programma delle opere pubbliche, non sono ammissibili.

Al riguardo, non può essere riconosciuta sussistente la legittimazione dell’appellante a dedurre tali censure, in quanto il loro accoglimento non farebbe rivivere la precedente aggiudicazione e anzi inibirebbe alla stessa appellante la possibilità di aggiudicarsi la nuova gara.

L’appellante non ha quindi interesse ad impugnare i suddetti atti, che non incidono sul suo interesse a conservare l’efficacia dell’aggiudicazione (provvisoria) conseguita.

4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto, confermando, nei termini di cui sopra, il rigetto delle impugnazioni proposte, pronunciato dal primo giudice.

Al rigetto delle impugnazioni proposte segue il rigetto della domanda risarcitoria, rilevando che l’interesse a ricevere l’indennizzo conseguente al ritiro discrezionale di un atto legittimo è stato già riconosciuto dal primo giudice e il Comune appellato, pur criticando la liquidazione, ritenuta eccessiva, operata dal Tribunale Amministrativo vi ha fatto acquiescenza, non avendo presentato appello incidentale.

In considerazione della complessità della controversia le spese del grado devono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta – definitivamente pronunciando sull’appello n. 4207/2015, come in epigrafe proposto, lo respinge

Compensa integralmente spese e onorari del presente grado del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti – Presidente

Vito Poli – Consigliere

Manfredo Atzeni – Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Nicola Gaviano – Consigliere

Depositata in Segreteria il 23 dicembre 2015.

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