Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 15 luglio 2014, n. 3693

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUINTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7086 del 2003, proposto dal signor Pa.Gi., rappresentato e difeso dagli avvocati Sa.So. e Vi.S., con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma;
contro
La Provincia di Mantova, rappresentata e difesa dagli avvocati Fr.St. ed El.Pe., con domicilio eletto presso il primo, in Roma;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – SEZ. STACCATA DI BRESCIA n. 974/2002, resa tra le parti, concernente un diniego di corresponsione di differenze stipendiali relative allo svolgimento di mansioni superiori
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Provincia di Mantova;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 aprile 2014 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati De., per delega di Si., e Pe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il rag. Pa.Gi., già vicedirettore di ragioneria dell’VIII qualifica presso la Provincia di Mantova, appella la sentenza del TAR Lombardia – sez. staccata di Brescia con la quale:

– è stata respinto il suo ricorso n. 52 del 1999, volto a conseguire, previo annullamento del diniego oppostogli dall’amministrazione con nota del 14 luglio 1998, le differenze stipendiali a suo dire spettanti per avere retto dal 1° aprile 1995 al 31 marzo 1996, data in cui veniva collocato a riposo, la posizione dirigenziale vacante di direttore di ragioneria (settore “risorse finanziarie e bilancio”) della Provincia, in virtù di determinazione presidenziale n. 2989/SG del 5 aprile 1995, successivamente prorogata;

– è stata invece accolta la domanda riconvenzionale dell’amministrazione, di ripetizione della somma pari ad Euro 421,17, indebitamente percepita dal ricorrente a titolo di indennità di funzione.

2. Con il presente appello il rag. Pr. impugna entrambi i capi della sentenza di primo grado.

2.1 Nel primo motivo l’appellante imputa al TAR di avere male interpretato la domanda azionata: egli sostiene che questa non era diretta al riconoscimento di mansioni superiori, essendo questo già avvenuto da parte della Provincia (con delibera di giunta del 1° aprile 1997, n. 357), ma all’accertamento del diritto ed alla conseguente condanna dell’amministrazione alla corresponsione dell’indennità di funzione dirigenziale conseguente a tale riconoscimento.

Sul punto, inoltre, l’interessato censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondata la domanda, sul rilievo che tale delibera è stata successivamente annullata in via di autotutela (con delibera n. 142 del 21 maggio 1999).

L’appellante ribadisce in questa sede l’illegittimità di quest’ultimo provvedimento sotto plurimi profili.

2.2 Nel secondo motivo, egli afferma l’inammissibilità della domanda riconvenzionale ex adverso proposta, perché non dipendente dal titolo dedotto in via principale.

2.3 Con il terzo ed ultimo motivo, l’appellante si duole che il TAR non abbia adeguatamente valutato i compiti e le responsabilità concretamente da lui svolte in seguito alla sua preposizione alla direzione del settore “risorse finanziarie e bilancio”, comportanti l’esercizio di parte sua di “mansioni largamente prevalenti, non solo per quantità ma soprattutto per qualità e importanza, della qualifica superiore”, e consistenti, tra l’altro, nella preparazione e sottoscrizione del bilancio e degli atti di variazione e gestione dello stesso, nella redazione dei pareri di regolarità contabile delle delibere degli organi dell’ente.

La Provincia di Mantova si è costituita in resistenza.

All’udienza del 29 aprile 2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Giova premettere in fatto che la pretesa azionata nel presente giudizio dal rag. Pr. è quella già da questi stragiudizialmente formulata alla Provincia nella diffida in data 18 aprile 1998.

In tale atto l’odierno appellante, premesso il già avvenuto riconoscimento dei “compiti specifici della qualifica superiore” in conseguenza dell’attribuzione del “posto vacante di Direttore di Ragioneria per il periodo dal 1° aprile 1995 al 31 marzo 1996” (in virtù di delibera giuntale n. 357 del 1° aprile 1997), e la conseguente attribuzione dell’indennità di funzione dirigenziale, aveva diffidato l’amministrazione, ai sensi dell’allora vigente art. 57, comma 2, D.Lgs. n. 29/1993 (“Razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”), a corrispondergli il “trattamento economico corrispondente”, vale a dire quello corrispondente alla I qualifica dirigenziale.

In particolare, nella diffida in esame il rag. Pr. afferma che “l’indennità di funzione, legata alla qualifica dirigenziale, è una delle differenze stipendiali ma non l’unica legata alle mansioni superiori svolte dallo scrivente nel periodo in questione”. Di seguito nello stesso atto l’odierno appellante sottolinea che nelle more era stato rinnovato il CCNL dei dirigenti, con il quale erano stati adeguati gli emolumenti a titolo di stipendio tabellare e retribuzione di posizione, con retrodatazione al periodo oggetto della richiesta di corresponsione delle differenze stipendiali a suo dire maturate a suo favore.

2. Tanto premesso in fatto, è evidente che, contrariamente a quanto l’appellante afferma nel primo motivo, la pretesa da questi azionata è quella consistente nel riconoscimento economico delle mansioni dirigenziali da lui svolte, superiori a quelle inerenti l’VIII qualifica funzionale nel quale era formalmente inquadrato.

Ciò è reso manifesto dalla prospettazione tanto del terzo motivo d’appello, nel quale il rag. Pr. deduce di avere svolto compiti e funzioni proprie della I fascia dirigenziale, quanto del ricorso di primo grado, in cui il medesimo aveva chiesto il relativo accertamento e la conseguente condanna della Provincia al pagamento delle conseguenti differenze retributive.

3. Da quanto ora osservato consegue che questo motivo può essere esaminato congiuntamente al primo e che entrambi devono essere respinti.

Il TAR ha sul punto fatto corretta applicazione dei principi ripetutamente affermati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (alla decisione n. 10 del 28 gennaio 2000, richiamata dal giudice di primo grado, è seguita la sentenza dell’organo di nomofilachia del 24 marzo 2006, n. 3; sulla stessa questione in precedenza, la stessa Adunanza plenaria aveva reso la pronuncia del 18 novembre 1999, n. 22).

Tutte le citate decisioni hanno espresso il principio secondo cui il diritto del dipendente pubblico a ricevere il trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori svolte in via di fatto può essere riconosciuto – peraltro in presenza dei relativi presupposti – solo a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’art. 15 D.Lgs. 29 ottobre 1998 n. 387 (correttivo del D.Lgs. n. 29/1993), e cioè dal 22 novembre 1998.

A questa conclusione l’Adunanza plenaria è pervenuta sulla base del rilievo che l’espunzione, operata dal predetto decreto correttivo, del divieto di riconoscere le mansioni superiori a fini economici, fino ad allora contenuto nell’art. 56, comma 6, del D.Lgs. n. 29/1993, ha carattere innovativo, con effetto quindi solo per il futuro.

In particolare, la decisione dell’Adunanza plenaria n. 3 del 2006, sopra richiamata, ha sul punto posto in rilievo, a giustificazione della diversa regola valevole per il passato, la differente natura giuridica del rapporto di pubblico impiego rispetto al lavoro privato.

Si è infatti rilevato che al primo è applicabile il principio secondo cui i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione (art. 98 Cost.), in virtù del quale il rapporto di servizio alle dipendenze della pubblica amministrazione è sottratto alla logica dello scambio operante nel rapporto di lavoro privato, nonché i principi di buona andamento ed imparzialità (art. 97 Cost.), in ragione dei quali, anche per ragioni di trasparenza, parità di trattamento e di contenimento della spesa pubblica, le mansioni devono corrispondere all’inquadramento del dipendente.

4. Il divieto di riconoscere il trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori di fatto esercitate, prima della diversa scelta legislativa, è stato ribadito da questa Sezione ancora di recente (sentenze 24 marzo 2014, n. 1450, 13 marzo 2014, n. 1258, 11 ottobre 2013, n. 4976, 28 febbraio 2013 n. 1212, 18 dicembre 2012, n. 6497, 19 novembre 2012, n. 5852, 7 novembre 2012 n. 5647). In queste decisioni si è tra l’altro sottolineato che l’attribuzione delle mansioni e del relativo trattamento economico non possono essere oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi, ma dipendono necessariamente dalla posizione funzionale rivestita dal pubblico dipendente nell’organizzazione lavorativa dell’amministrazione, di cui è espressione il suo inquadramento giuridico-formale.

Il Collegio reputa che, alla luce delle condivisibili ragioni ad esso sottese, a questo indirizzo debba essere data continuità, e che pertanto non vi siano nemmeno i presupposti per una rimessione all’Adunanza plenaria (ai sensi dell’art. 99, comma 3, cod. proc. amm.).

5. Deve inoltre essere respinto il secondo motivo d’appello, essendo lo stesso manifestamente infondato.

La relazione di dipendenza dal titolo dedotto in giudizio che ai sensi dell’art. 36 cod. proc. civ. legittima il simultaneus processus sulla domanda riconvenzionale è inteso dalla incontrastata giurisprudenza di legittimità nel senso di “comunanza della situazione o del rapporto giuridico dal quale traggono fondamento le contrapposte pretese delle parti” (Cass., sez. I, 10 dicembre 1999, n. 9656; in senso conforme: Sez. II, 11 ottobre 2002, n. 14519, 13 gennaio 2003, n. 312; Sez. III, 26 settembre 2005, n. 18775, 4 luglio 2006, n. 15271; Sez. lav., ord. 26 maggio 2005, n. 11083).

Che questa comunanza di situazione sussista nel caso di specie è pacifico, visto che la domanda riconvenzionale azionata in primo grado dalla Provincia di Mantova è consistita nel recupero di emolumenti retributivi indebitamente percepiti dal rag. Pr., come accertato dal TAR.

E’ dunque evidente che la pretesa da quest’ultimo accolta consiste in un controcredito maturato in favore dell’amministrazione a fronte del medesimo rapporto di lavoro dedotto in via principale.

6. In conclusione, l’appello deve essere respinto.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 7086 del 2003, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante rag. Pa.Gi. a rifondere alla Provincia di Mantova le spese di causa, liquidate in Euro 2.500,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti – Presidente

Carlo Saltelli – Consigliere

Antonio Amicuzzi – Consigliere

Nicola Gaviano – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 15 luglio 2014.

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