Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 13 febbraio 2017, n. 607

In sede di offerta, non è necessaria l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice, qualora la concorrente sia sprovvista del requisito di qualificazione per alcune categorie scorporabili e abbia manifestato l’intenzione di subappaltare le relative lavorazioni

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 13 febbraio 2017, n. 607

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1265 del 2016, proposto dalla Co. Sa. s.p.a., in proprio e quale mandataria della costituenda ATI con Be. Co. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Se. Ca. e Fr. Co. Ma., con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via (…)

contro

A.N. s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via (…), legalmente domicilia

nei confronti di

Ti. Sc. s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Ni. Ma., con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, piazza (…)

per la riforma della sentenza del T.A.R. Sardegna, Sezione I, n. 60/2016, resa tra le parti, concernente affidamento dei lavori di ammodernamento e adeguamento strada statale n. – (omissis), tratto km 23,885 – 32,412

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A.N. s.p.a. e di Ti. Sc. s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2017 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Ca. e Ma. e l’avvocato dello Stato St. Me.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO e DIRITTO

La costituenda ATI tra la Co. Sa. s.p.a., e la Be. Co. s.r.l. ha partecipato alla procedura ristretta, da aggiudicare col criterio del prezzo più basso, bandita dall’A.N. s.p.a., per l’affidamento dei lavori di ammodernamento e adeguamento della strada statale n. (omissis), tratto km 23,885 – 32,412, Provincia di Cagliari, classificandosi al primo posto.

A seguito del giudizio di anomalia la sua offerta è stata, però, giudicata incongrua, per cui la stazione appaltante ne ha disposto l’esclusione dalla gara e ha aggiudicato l’appalto alla Ti. Sc. s.p.a., seconda classificata.

Ritenendo i provvedimenti di esclusione e di aggiudicazione illegittimi, la

Co. Sa. li ha impugnati con ricorso al TAR Sardegna, il quale, con sentenza 21/1/2016, n. 60, lo ha respinto, dichiarando, per conseguenza, improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso incidentale proposto dalla Ti. Sc..

Avverso la sentenza propone appello la Co. Sa. chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’annullamento degli atti impugnati in primo grado e il subentro nel contratto oltre ai danni medio tempore subiti, o, in via subordinata, per il caso di mancata reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno per equivalente.

Per resistere all’appello si sono costituite in giudizio l’ANAS e la Ti. Sc..

Quest’ultima ha anche proposto appello incidentale con cui ha riproposto i motivi di impugnazione non esaminati dal giudice di primo grado.

Tutte le parti, con successive memorie, hanno meglio illustrato le proprie tesi difensive.

Con ordinanza 23/6/2016, n. 2805, la Sezione ha disposto consulenza tecnica d’ufficio.

Eseguito l’incombente e acquisiti gli ulteriori scritti difensivi delle parti, la causa è definitivamente passata in decisone alla pubblica udienza del 26/1/2017.

Occorre partire dall’esame dell’appello incidentale con cui si ripropongono i motivi di gravame non esaminati dal giudice di primo grado.

Col primo motivo la Ti. Sc. deduce che nelle more della gara sia la Co. Sa., sia la Be. Co. avrebbero perso l’attestazione SOA.

Ed invero:

a) l’attestazione della prima sarebbe venuta meno, per scadenza del termine di validità quinquennale, in data 28/3/2015 e rinnovata solo il 18/5/2015;

b) quella della seconda avrebbe perso effetto per scadenza del termine triennale il 21/3/2015 e, in assenza di verifica ex art. 76 del D.P.R. 5/10/2010 n. 207, è stata sostituita da una nuova attestazione, rilasciata in data 22/4/2015.

Orbene, tra la data di scadenza della vecchia attestazione e quella del rilascio della nuova le due concorrenti sarebbero rimaste prive di attestazione SOA, in tal modo violando il principio di continuità del possesso dei requisiti di partecipazione.

Conseguentemente avrebbero dovuto essere escluse dalla gara.

La doglianza è infondata.

Con sentenza 20/7/2016 n. 3270 che il Collegio condivide, questa Sezione ha affermato che: “la richiesta di rinnovo di un’attestazione SOA, la quale comprenda una categoria già in precedenza posseduta, produce gli stessi effetti della verifica di quest’ultima e consente di partecipare alle pubbliche gare senza soluzione di continuità.

Ciò in base alla considerazione logica per cui la procedura di rilascio di una nuova attestazione che copra sia le categorie precedentemente possedute, sia categorie nuove, comprende gli stessi contenuti della procedura di verifica delle sole categorie già possedute, e quindi non può avere su queste ultime effetti deteriori.

A quanto sopra può aggiungersi che il procedimento di rinnovo si sostanzia in un’istruttoria a più ampio raggio, che coinvolge oltre agli elementi rilevanti in sede di verifica triennale (si veda art. 77, comma 5), anche elementi ulteriori rispetto a quelli da valutare ai fini di quest’ultima.

Sarebbe, quindi, illogico attribuire al procedimento di rinnovo effetti minori o addirittura deteriori rispetto a quelli ricollegabili al procedimento di verifica.

In definitiva ritiene il Collegio che, ove l’impresa richieda tempestivamente la verifica quinquennale, non vi sia soluzione di continuità nella propria qualificazione, per cui essa può, nelle more, partecipare alle pubbliche gare.

Invero, la valenza costitutiva della certificazione rilasciata da una SOA va correlata con lo scopo che la funzione di certificazione persegue, cioè l’attestazione che l’impresa possiede determinati requisiti soggettivi per eseguire opere pubbliche di un certo importo e che li mantiene nel corso di validità del periodo di vigenza della relativa certificazione. Pertanto, il rinnovo, così come la verifica, di una SOA hanno effetti solutori della validità della stessa solo nel caso in cui venga accertata la perdita dei requisiti di qualificazione posseduti dall’impresa al momento del rilascio della prima attestazione; ciò vale anche per il periodo intertemporale tra due certificazioni SOA: il rilascio di un nuovo attestato SOA, in fatto, certifica non solo la sussistenza dei requisiti di capacità da un data ad un’altra, ma anche che l’impresa non solo non ha mai perso quei requisiti in passato già valutati e certificati positivamente ma che, indubitabilmente, li ha mantenuti anche nel periodo di rilascio della nuova certificazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21/6/2013, 3397) “.

Nel caso di specie, non è contestato che le due concorrenti abbiano tempestivamente chiesto la nuova SOA e ciò esclude la sussistenza del vizio dedotto con la censura in esame.

Col secondo motivo l’appellante incidentale deduce un’ulteriore ragione di esclusione dalla gara dell’ATI Co. Sa./ Be. Co..

Quest’ultima, priva di attestazione SOA per la categoria scorporabile OG13, ha manifestato l’intenzione di subappaltare le correlative lavorazioni (per un importo di € 945.309,90) alla costituenda ATI Gr. La. s.r.l./ Us. Lu. s.r.l.

Le due imprese subappaltatrici, dal canto loro, hanno dichiarato che il 70 per cento dei lavori sarebbe stato svolto dalla prima e il 30 per cento dalla seconda.

Tuttavia, la Gr. La. è in possesso di un’attestazione SOA che non le consente di eseguire lavori della categoria OG13 per un importo pari al 70 per cento di € 945.309,90.

A quanto sopra occorre aggiungere che l’onere di dichiarare idoneo subappaltatore discendeva espressamente dalla non impugnata disciplina di gara.

La doglianza è infondata.

Con sentenza, 2/11/2015, n. 9, che il Collegio condivide e alle cui motivazioni fa rinvio, l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, risolvendo il contrasto giurisprudenziale in tema di subappalto necessario, ha affermato che: “In sede di offerta, non è necessaria l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice, qualora la concorrente sia sprovvista del requisito di qualificazione per alcune categorie scorporabili e abbia manifestato l’intenzione di subappaltare le relative lavorazioni”.

Vero è che nel caso di specie era la lex specialis della gara a prevedere che i concorrenti sprovvisti di idonea qualificazione per le opere scorporabili dovessero “indicare in sede di offerta il nome dell’impresa subappaltatrice e far dichiarare a quest’ultima il possesso dei relativi requisiti di qualificazione… ed adeguata qualificazione SOA” (pag. 7 della lettera d’invito). Tuttavia, l’inosservanza di tale clausola, anche per aver indicato un subappaltatore privo di idonea attestazione SOA, non può comportare l’espulsione dalla gara.

Difatti, l’art. 46, comma 1 bis, del D. Lgs. 12/4/2006, n. 163, sanziona con la nullità tutte le prescrizioni, poste a pena di esclusione, diverse da quelle ivi specificamente indicate (tra le quali non rientra quella di cui si discute).

Deve ritenersi, dunque, che l’indicazione della Gr. La. quale impresa subappaltatrice e il possesso da parte di quest’ultima di insufficiente attestazione SOA, non potessero comportare l’esclusione dalla gara dell’ATI Co. Sa./ Be. Co..

Del resto, è stato condivisibilmente affermato che: “il subappalto è un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), di talché il suo mancato funzionamento (per qualsivoglia ragione) dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice” (citata A.P. n. 9/2015).

Col terzo motivo l’appellante incidentale lamenta che la Commissione esaminatrice, oltre a quelli spontaneamente individuati, avrebbe omesso di riscontrare ulteriori profili di anomalia dell’offerta presentata dall’ATI capeggiata dall’appellante principale.

Nello specifico queste le incongruità che l’organo tecnico avrebbe omesso di contestare

a1) Nell’analisi “PA.ARC.02 Lavori di Scavo e Recupero Archeologico Specifico. Per 7 mesi” è stato indicato un costo orario della manodopera pari a € 194,99, mentre il calcolo corretto porta ad un costo di € 350,32 per ora; da qui una sottostima dei costi di € 213.976.

a2) Nell’analisi “PA.ARC.01 Lavori di Scavo e Recupero Archeologico Specifico. Per 6 mesi” è stato commesso un errore analogo a quello di cui alla precedente lettera a), con una sottostima dei costi di € 2.612.

a3) Nell’analisi “B.04.001 Casseforme Piane per Calcestruzzi” è stato erroneamente calcolato il costo del semilavorato “Casseri metallici SL..”, come emerge dalla relativa sotto-analisi, il che ha generato un minor costo pari a 320.958 euro.

b1) Nell’analisi del subappaltatore Ac. viene utilizzato un costo per la manodopera inferiore a quello delle tabelle ministeriali, per un minor importo di € 161.003.

b2) La lettera d’invito stabiliva che in caso di subappalto o di fornitura in opera di semilavorati il contratto o l’offerta del subappaltatore, con relative analisi e sotto-analisi, dovessero essere inclusi nella busta contente le giustificazioni.

Tuttavia, le analisi relative all’offerte della Ca. e altri, imprese indicate dall’ATI capeggiata dalla Co. Sa. per l’esecuzione di talune lavorazioni, sono sfornite di sotto-analisi.

La Commissione di gara ha, quindi, erroneamente, omesso di rilevare la mancata giustificazione di un importo pari a € 1.860.887.

b3) Il subappaltatore Ac. ha indicato per la fornitura di New Jersey in calcestruzzo la Sa. Ro. che non è produttrice di tale materiale. Conseguentemente risulta ingiustificato il prezzo di € 1.158.647 proposto da detta azienda fornitrice.

c) L’ATI Co. Sa./ Be. Co. ha indicato un onere per la sicurezza aziendale eccessivamente basso (€ 5.365), avendo omesso di computare i costi relativi alla gestione dell’azienda in generale quali:

1) costi delle assicurazioni sugli infortuni e malattie professionali relative anche al personale di sede;

2) costi del medico competente e delle visite mediche del personale di sede;

3) costi per gli addetti alla gestione, in sede, delle emergenze e del primo soccorso;

4) dispositivi di protezione individuale per il personale di sede autorizzato ad accedere al cantiere;

5) dotazioni di sicurezza per gli uffici.

Le doglianze, così sinteticamente riassunte, non meritano accoglimento.

Per comodità di esposizione conviene partire dall’esame delle censure di cui alle lettere b) e c), affrontando per ultime quelle riportate sotto la lettera a).

L’infondatezza delle lagnanze di cui alla lettera b) discende de plano dall’insussistenza (giusta quanto più sopra rilevato) di un obbligo del concorrente di indicare in sede di gara il nominativo di eventuali subappaltatori.

Conseguentemente l’indicazione di questi ultimi, ove anche effettuata dal concorrente deve ritenersi ridondante e superflua ai fini dell’ammissione alla procedura selettiva, e ininfluente a quelli della valutazione della congruità dell’offerta.

A ciò aggiungasi:

1) quanto alla doglianza sub b1), in relazione alla quale il Collegio ha, comunque, disposto consulenza tecnica d’ufficio, che il perito, sulla base ad un condivisibile percorso logico, ha ritenuto il costo per la manodopera indicato dal subappaltatore Ac. conforme alle corrispondenti tabelle ministeriali, correttamente considerando i costi relativi ad un’impresa delle medesime dimensioni della Ac.;

2) quanto alla censura sub b3) che nessun indizio di anomalia dell’offerta può trarsi dal fatto che la Sa. Ro. non sia produttrice di New Jersey in calcestruzzo.

Infondata è anche la censura sub c).

Al riguardo occorre rilevare che nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (Cons. Stato, Sez. V, 17/11/2016 n. 4755).

Nel caso di specie, con apprezzamento tecnico insindacabile sotto il profilo del merito, la Commissione, anche alla luce delle giustificazioni fornite dall’ATI capeggiata dalla Co. Sa., ha ritenuto congrui i costi per la sicurezza aziendale dalla medesima indicati (verbale di gara n. 20, pag. 10).

Peraltro, l’appellante incidentale non evidenzia quale sarebbe il maggior onere che l’ATI dovrebbe eventualmente sostenere per le voci di costo indicate nella doglianza in esame.

La reiezione dei motivi di gravame sin qui esaminati porta a ritenere complessivamente inammissibili le censure di cui alla lett. a).

Ed invero, un consolidato orientamento giurisprudenziale da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare, riconosce che al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (Cons. Stato, Sez. V, 25/1/2016 n. 242; 17/11/2016, n. 4755; Sez. III, 10/11/2015 n. 5128; 22/1/2016 n. 211).

Nel caso di specie, dalla disposta CTU è emerso che in effetti l’ATI con a capo la Costruzione Sacramati ha sottostimato le voci di costo indicate dall’appellante incidentale con le doglianze in esame. Tuttavia il maggior esborso da sostenere, non è tale da erodere completamente l’utile d’impresa dichiarato dalla medesima concorrente, come emerge dalle stesse affermazioni della Ti. Sc. (memoria difensiva depositata in data 15/11/2016).

Da ciò discende che, anche accogliendo le censure in parola, l’offerta non risulterebbe anomala, con conseguente difetto d’interesse dell’appellante incidentale alla deduzione dei motivi.

Alla luce del principio di diritto più sopra enunciato, infatti, deve ritenersi congrua l’offerta che, anche incrementando le voci di costo sottostimate, mantenga comunque un utile ancorché esiguo.

Sul punto la Ti. Sc., con la memoria di replica depositata in data 14/1/2017, ha dedotto che l’utile (pari allo 0,16 per cento) che conserverebbe l’offerta dell’ATI Co. Sa./ Be. Co., dopo le correzioni da apportare in considerazione delle doglianze di cui alla lett. a), non giustificherebbe un giudizio di congruità, atteso che, in base alla lettera d’invito (pag. 18), un tale utile avrebbe dovuto essere motivato con apposita relazione, cosa che invece la detta ATI non ha fatto avendo motivato l’utile dichiarato, pari al 2 per cento.

La doglianza, introdotta con atto non notificato alle controparti, deve ritenersi inammissibile.

L’appello incidentale va, in definitiva, respinto.

Può, ora, procedersi all’esame dell’appello principale.

In via pregiudiziale il Collegio rileva l’infondatezza dell’eccezione con cui la Ti. Sc. ha dedotto l’inammissibilità dei primi quattro motivi in quanto, a suo dire, rivolti a contestare il merito dell’apprezzamento compiuto dalla stazione appaltante.

Ed invero, contrariamente a quanto dalla medesima affermato, le lagnanze prospettate dalla Co. Sa. non sconfinano nel merito, mantenendosi nell’alveo della verifica di legittimità consentita a questo giudice.

Col primo motivo la Co. Sa. deduce che l’impugnata sentenza sarebbe erronea per aver omesso di considerare che la valutazione di congruità di un’offerta dev’essere globale e non limitata alle singole voci di prezzo. Infatti, nel caso di specie il giudizio complessivo della stazione appaltante si sarebbe formato su singole componenti della proposta economica, senza evidenziare quale sarebbe stata l’incidenza delle voci di costo ritenute sottostimate sull’utile d’impresa e senza mai affermare che gli errori rilevati avrebbero comportato la totale erosione del detto utile.

La dedotta erroneità della valutazione troverebbe conferma nelle seguenti circostanze.

1) Il prezzo offerto si discosta di appena € 14.950,17 da quello proposto dalla seconda classificata a cui è stato, poi, aggiudicato il contratto e già questo avrebbe dovuto far propendere per la congruità dell’offerta dell’ATI con a capo l’odierna appellante principale.

2) La Commissione di gara ha ritenuto anomala l’offerta pur attestando di non aver “trovato traccia della “relazione qui allegata n. 27″, come dichiarato dal concorrente”.

Come emerge dal verbale del 4/6/2015 tale relazione è stata, però, prodotta dalla ATI capeggiata dalla Co. Sa. e il non averla considerata vizia per difetto d’istruttoria il giudizio espresso sulla congruità dell’offerta, posto che le stessa concerneva la variazione della produttività proposta dalla detta concorrente.

3) La Commissione di gara ha ritenuto non valutabile il beneficio economico (pari a circa € 700.000) che l’ATI Co. Sa./ Be. Co. avrebbe tratto dal c.d. “Jobs Act”, sia perché la data di scadenza per la presentazione delle offerte era anteriore a quella entro cui avrebbero dovuto essere emanati i decreti attuativi degli sgravi in parola, sia perché il beneficio avrebbe dovuto essere attribuito a tutte le imprese. Ma tale conclusione è errata, vuoi perché la verifica di anomalia va condotta con esclusivo riferimento all’offerta esaminata, vuoi perché il giudizio di congruità va espresso con riguardo al quadro giuridico e fattuale esistente al momento della sua formulazione.

4) Tanto l’ATI con a capo la Co. Sa., quanto la Ti. Sc. hanno indicato come proprio fornitore la CA.. Ebbene, nonostante l’offerta di quest’ultima fosse sostanzialmente identica per ciascuna delle due concorrenti, la Commissione di gara l’ha ritenuta incongrua con riguardo all’odierna appellante e congrua relativamente all’appellata.

Il motivo, entro i limiti più sotto specificati, risulta fondato.

Occorre puntualizzare che, per pacifica giurisprudenza, nelle gare pubbliche:

a) il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze nella sua formulazione ma, piuttosto, ad accertare in concreto che la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto (Cons. Stato, Sez. V, 17/3/2015, n. 1369; 17/11/2016, n. 4755);

b) l’offerta – come più sopra rilevato – deve ritenersi congrua anche in presenza di un utile molto limitato;

c) la verifica di congruità di un’offerta sospetta di anomalia non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell’offerta analizzata ed alla capacità dell’impresa – tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne – di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse (Cons. Stato, Sez. V, 20/7/2016, n. 3271; 7/9/2007 n. 4694; Sez. IV, 29/10/2002, n. 5945);

d) le giustificazioni addotte dal concorrente per comprovare la congruità della proposta economica devono fare riferimento a situazioni esistenti al momento della presentazione dell’offerta o, al più, al momento della verifica in contraddittorio instaurata dall’amministrazione nel momento successivo a tale presentazione e non possono essere ancorate alla ricorrenza di elementi futuri e/o ipotetici, anche se probabili, pena la violazione del principio di serietà ed affidabilità dell’offerta e di “par condicio” fra i concorrenti (Cons. Stato, Sez. IV, 18/1/2016, n. 143; Cons. Giust. Amm. Sicilia, 21/7/2008, n. 605).

Alle luce dei sopra esposti principi, non appaiono convincenti le considerazioni svolte dall’appellante principale sub nn. 1) e 3).

Ed invero, per un verso la circostanza che l’offerta economica da quest’ultima formulata fosse sostanzialmente equivalente a quella proposta della Ti. Sc., non è indice della sua congruità; per altro verso, correttamente la Commissione di gara non ha conteggiato i 700.000 euro di sgravi pretesi dall’ATI Co. Sa./ Be. Co., in applicazione del c.d. “Jobs Act” (L. 10/12/2014, n. 183), considerato che al momento in cui il giudizio sull’anomalia dell’offerta è stato espresso non vi era alcuna certezza in ordine al concreto conseguimento del detto beneficio contributivo.

La Commissione esaminatrice ha espresso tale concetto laddove, seppur sinteticamente e in maniera non del tutto puntuale, ha affermato che lo sgravio non poteva essere riconosciuto in quanto i decreti attuativi della citata L. n. 183/2014, occorrenti per la effettiva applicazione della detta normativa, non erano stati ancora emanati al momento di scadenza del termine per presentare le offerte.

Il contestato giudizio di anomalia non risulta, poi, inficiato dalla diversa valutazione espressa dalla Commissione di gara in ordine alla congruità dell’offerta CA..

Al riguardo è sufficiente rilevare per un verso che l’offerta formulata dalla detta impresa alle due concorrenti, non era del tutto identica, e per altro verso che la Commissione esaminatrice ha ritenuto ingiustificata la proposta CA. prodotta dall’ATI Co. Sa./ Be. Co. in relazione al costo a mc. del trasporto del materiale misto granulare composito per una distanza di 33,8 km (doc. 10, pag. 15, prodotto in primo grado dall’appellante principale), mentre l’offerta che la CA. ha formulato alla Ti. Sc. non riguardava tale materiale, bensì i conglomerati bituminosi (doc. 52 prodotto in primo grado dall’appellante principale).

Risulta, invece, fondata la censura con cui l’appellante principale lamenta che il contestato giudizio di anomalia sarebbe stato espresso omettendo di verificare se i maggiori costi asseritamente da sostenere per l’esecuzione dell’appalto fossero tali da azzerare completamente l’utile d’impresa.

Ed invero, come emerge dai verbali delle operazioni compiute dalla Commissione di gara, quest’ultima ha ritenuto ingiustificati taluni prezzi indicati dall’ATI Co. Sa./ Be. Co., ma non ha mai verificato se la ravvisata sottostima dei correlativi costi fosse tale da erodere del tutto l’utile d’impresa.

L’appello principale va, dunque, accolto.

In riforma dell’impugnata sentenza vanno, conseguentemente, annullati il provvedimento espulsivo pronunciato a carico dell’ATI capeggiata dalla Co. Sa. e quello di aggiudicazione della gara a favore della Ti. Sc..

Va, altresì, dichiarata, in accoglimento della domanda all’uopo proposta dall’appellante principale, l’inefficacia del contratto stipulato con la Ti. Sc., disponendo il subentro nello stesso dell’ATI Co. Sa./ Be. Co..

Considerato che, dalle affermazioni fatte in pubblica udienza dalle parti è emerso che il detto contratto non ha ancora avuto esecuzione e che quindi è possibile il soddisfacimento della pretesa all’integrale esecuzione della commessa, non residua spazio per il risarcimento per equivalente, peraltro richiesto solo in via subordinata.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le spese della C.T.U. liquidate, come da parcella prodotta, in € 9.609,64, vanno poste a carico delle parti nella misura di un terzo per ciascuna.

La novità e complessità delle questioni affrontate giustifica l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello principale e su quello incidentale, come in epigrafe proposti, accoglie il primo e respinge il secondo e per, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, annulla i provvedimenti di esclusione e di aggiudicazione gravati in primo grado.

Dichiara, inoltre, l’inefficacia del contratto stipulato con la Ti. Sc., disponendo il subentro nel medesimo dell’ATI capeggiata dall’appellante principale.

Liquida il compenso spettante al CTU in € 9.609,64, ponendo l’onere del relativo pagamento a carico delle parti nella misura di un terzo per ciascuna.

Compensa fra e parti spese e onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Claudio Contessa – Presidente FF

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore

Daniele Ravenna – Consigliere

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