Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 10 novembre 2017, n. 5182. La ratio del rito super accelerato introdotto dall’art. 204 comma 1 lett. d) del D.Lgs. n. 50/2016 per l’impugnativa dei provvedimenti di esclusione ed ammissione

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1.7. Senonché, l’espunzione della modalità procedurale prevista dall’art. 42 c.p.a. comporta – in danno della parte resistente – una considerevole compromissione delle sue facoltà di difesa, non bilanciata da vantaggi o ragioni sistematiche di analogo rilievo. Ed invero, la parte intimata in giudizio, vista contestata la sua ammissione in gara, non potrebbe paralizzare in via riconvenzionale l’iniziativa avversaria; più in generale, il concorrente ammesso alla procedura che volesse tutelarsi da eventuali iniziative avversarie miranti a provocarne l’esclusione dalla gara, non avrebbe altra via che quella di agire in via preventiva, impugnando le altrui ammissioni prima ancora di avere notizia di analoghe iniziative proposte nei suoi confronti e senza poter saggiare l’utilità difensiva della sua iniziativa processuale. Il che val quanto negare – in contrasto con l’art. 24 della Costituzione – l’idea di un esercizio proporzionato e consapevole del diritto di difesa, commisurato cioè ad una valutazione di necessità e di preventiva stima dei costi e dei benefici che, correlandosi ad ogni intrapresa processuale, ne suggeriscono o sconsigliano l’onerosa attivazione.
1.8. Per converso, la soluzione qui perorata preserva l’esigenza di concentrare in un unico giudizio, caratterizzato dalla snellezza e celerità di cui al n. 6-bis dell’art. 120, tutte le questioni attinenti alla fase di ammissione ed esclusione dei concorrenti, nella piena esplicazione dei principi della “parità delle armi” e della “effettività del contraddittorio”; e al contempo salvaguarda la natura dell’impugnazione incidentale quale mezzo di tutela dell’interesse che sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale.
1.9. Per le motivazioni sin qui illustrate, deve ritenersi preferibile ricondurre il ricorso incidentale, anche nel contesto del rito disciplinato dall’art. 120, comma 2 bis, c.p.a., al regime decadenziale previsto dall’art. 42, comma 1 c.p.a..
1.10. Ne consegue, con riguardo alla fattispecie qui all’esame, che va riconosciuta la tempestività del ricorso incidentale avanzato in primo grado da Co. Group e conseguentemente deve trovare accoglimento in parte qua l’appello incidentale, con conseguente riforma sul punto della sentenza di primo grado.
1.11. Nel merito, l’azione incidentale intentata da Co. Group appare infondata.
Si contesta all’ATI EP il fatto che la mandataria (EP) sia risultata titolare di una quota di fatturato specifico, specificamente destinata al lotto 6, inferiore a quello della mandante GSI, e ciò in violazione dell’art. 12 del disciplinare che impone in capo alla mandataria la quota maggioritaria del requisito di fatturato.
Dalla disamina dei documenti allegati in primo grado dall’appellante emerge, tuttavia, che la EP e Sa.I, oltre a dichiarare il loro fatturato complessivo degli ultimi tre anni (allegati A3 di cui a pag. 28 del disciplinare – sub. doc. 24 e 25), hanno anche specificato (con una nota di precisazione – doc. 22 e 23) la quota che avrebbero destinato allo specifico appalto per cui è lite, in misura esattamente corrispondente alla quota percentuale di prestazioni assunta in carico. Altrettanto non ha fatto la GSI, che si è limitata ad allegare il documento A3, riferito al fatturato degli ultimi tre anni (doc. 26), senza tuttavia definire la quota di tale fatturato da imputare al lotto 6. È agli atti, infine, l’indicazione delle quote di riparto all’interno del RTI (doc. 27).
Ciò precisato, se si detrae dal fatturato specifico richiesto per il lotto 6 (pari ad euro 18.828.000,00) il fatturato destinato da Sa.I e EP, si ricava una quota residua imputabile a GSI che rispetta la proporzione di quote dichiarate dalle partecipanti all’ATI e la misura maggioritaria in capo a EP.
Dunque, la lettura complessiva della documentazione consente di escludere che GSI abbia voluto impegnare nel lotto 6 una quota maggioritaria di fatturato, e ciò sia perché manca una specifica manifestazione di volontà in tal senso; sia perché sul piano logico una simile interpretazione appare scarsamente plausibile, non ravvisandosi nessuna ragione di utilità pratica che avrebbe dovuto indurre l’ATI ad articolare una ripartizione del requisito di fatturato in evidente violazione delle quote dichiarate di ripartizione all’interno dell’ATI e delle prescrizioni dettate sul punto dalla legge di gara. La fattispecie in esame va quindi inquadrata nell’ottica di una incongruenza formale determinatasi fra la volontà e la sua espressione letterale. Tale incongruenza si è tradotta in una incompletezza documentale, ricostruibile tuttavia in via interpretativa, in quanto non implicante una modifica sostanziale dei dati forniti in sede di domanda di partecipazione, ma la semplice deduzione di un dato parziale (il fatturato di GSI da destinare al lotto 6), univocamente ricavabile dal contesto documentale di riferimento e tale da riallineare in toto la manifestazione di volontà all’intento effettivamente concepito.

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