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2.6. È particolarmente importante, ai fini che qui rilevano, la disamina del principio che ha giustificato l’esclusione dell’onere di impugnativa nei casi sub a) e b).
L’Adunanza Plenaria ha, infatti, nei suoi passaggi argomentativi, ribadito, quanto all’interesse protetto, o comunque alla situazione soggettiva di cui è titolare il partecipante alla gara, che il suo contenuto è costituito non dall’astratta legittimità del comportamento dell’Amministrazione, ma dalla possibilità di conseguire l’aggiudicazione.
“L’aggiudicazione costituisce il bene della vita che l’interessato intende conseguire attraverso la gara; ed è il medesimo bene della vita che si intende conseguire attraverso la tutela giurisdizionale, nell’ipotesi di illegittimo diniego di aggiudicazione”, precisando che “la condizione di concorrenti” dei partecipanti alla gara può essere apprezzata e valutata esclusivamente con riferimento all’unico interesse sostanziale di cui essi sono titolari, che è quello all’aggiudicazione e, comunque, all’esito positivo della procedura concorsuale, sicché l’eventuale incidenza di clausole che conformino illegittimamente la condizione di concorrenti dei singoli partecipanti, può acquistare rilievo esclusivamente se si traduce in un diniego di aggiudicazione o, comunque, in un arresto procedimentale con riferimento al medesimo obiettivo”.
2.7. I principi stabiliti nella decisione 1/2003, anche per effetto della loro puntualità e chiarezza, sono stati pienamente recepiti dalla giurisprudenza successiva, che ha provveduto a consolidarne l’insegnamento, precisandone, tuttavia, nel tempo, la portata ed i confini.
2.8. Oltre alle eccezioni al principio della necessaria postergazione della contestazione delle clausole del bando, già richiamate dalle Plenaria, è stato specificato che l’impugnazione immediata è ammessa – e imposta – per:
i) le disposizioni abnormi o irragionevoli, che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara, ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (C. Stato, sez. V, 24.02.2003, n. 980; C. Stato, sez. V, 30.08.2005, n. 4414; C. Stato, sez. V., 03.06.2010, n. 3489);
ii) le condizioni negoziali indicate nello schema di contratto, che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (C. Stato, sez. V, 21.11.2011 n. 6135; C.G.A., 20.12.2016, n. 474);
iii) l’imposizione di obblighi contra ius (come, ad esempio, la cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto: C. Stato, sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222);
iv) le gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come quelli relativi al numero, alle qualifiche, alle mansioni, ai livelli retributivi e all’anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 19.06.2017, n. 1362: sulla impossibilità di stabilire la durata effettiva del contratto da affidare), ovvero la presenza di formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” punti);
v) gli atti di gara privi della prescritta indicazione, nel bando, dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (cfr. C. Stato, sez. IV, 26.11.2009, n. 7441; Cons. St., sez. III, 3.10.2011, n. 5421; C. Stato, sez. IV, 14.11.2012, n. 5761).
2.9. In sostanza, la linea di tendenza giurisprudenziale successiva all’Adunanza Plenaria e fedele ai suoi insegnamenti ed alle sue premesse in punto di interesse sostanziale, afferma un principio che può compendiarsi nell’impugnabilità immediata, non solo delle clausole che “impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara o della procedura concorsuale, e che comportino sostanzialmente l’impossibilità per l’interessato di accedere alla gara ed il conseguente arresto procedimentale”, giusto quanto affermato nella decisione 1/2003, ma anche delle clausole che rendono la partecipazione (possibile ma) inutile, contra ius, eccessivamente gravosa sul piano tecnico ed economico (Cons Stato, sez. III, 02.02.2015, n. 591; C. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 4180; C. Stato, sez. III, 18.04.2017, n. 1809).
Le pronunce che appartengono a questo filone, peraltro, non sembrano porsi in contrasto con la Plenaria, perché, in ultima analisi, tendono a precisare la portata del precedente nomofilattico, pur pervenendo ad un sostanziale ampliamento dei casi di immediata impugnazione.
2.10. Una prospettiva ermeneutica di segno difforme è stata seguita, invece dalle tre ordinanze con cui la VI Sezione del Consiglio di Stato ha richiesto, nel 2011, l’intervento dell’Adunanza Plenaria, al fine di superare, in modo più radicale, l’orientamento sancito dalla sentenza n. 1/2003.
2.11. In tale direzione l’ordinanza n. 351/2011 ha sollecitato la revisione dei principi sanciti dall’Adunanza Plenaria nel 2003, muovendo due ordini di obiezioni:
a) la finalità deflattiva del contenzioso sottesa alla sentenza n. 1/2003 si sarebbe dimostrata “nei fatti del tutto fallace, a fronte di incontestabili costi aggiuntivi per la p.a. costretta a impegnativi e lunghi rinnovi procedimentali”;
b) “se le clausole, escludenti o meno che siano, sono ritenute illegittime, non vi è giustificazione per superare i limiti temporali dell’azione di impugnazione, attesa comunque la loro lesività”.
Al fine di giustificare quest’ultima affermazione, l’ordinanza ha fatto leva sul principio di buona fede oggettiva, contenuto negli articoli 1337 e 1338 c.c, la cui violazione genera la responsabilità della “parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte”, giungendo a sostenere che “quell’affidamento, così spesso invocato a danno della p.a., debba valere anche a favore di quest’ultima, nel momento in cui un soggetto chiede e sia ammesso a partecipare ad un procedimento sulla cui onerosità e complessità non è necessario ricordare”.
Tali questioni, tuttavia, non sono state esaminata dall’Adunanza Plenaria, la quale, con la sentenza n. 4/2011, incentrata sulla complessa diversa tematica del rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, si è limitata ad affermarne l’irrilevanza rispetto alla controversia decisa.
2.12. Un secondo tentativo di ripensamento dei principi espressi dalla sentenza n. 1/2003 è stato effettuato, sempre dalla VI Sezione, con l’ordinanza di rimessione n. 2633/2012, che ha espressamente richiamato gli argomenti di cui alla pronuncia n. 351/2011.
Anche in questa occasione l’Adunanza Plenaria non si è pronunciata sulla questione, ritenendola non rilevante ai fini della decisione della res controversa (C. Stato, Ad. Plen., 31.07.2012, n. 31).
2.13. Infine, la VI Sezione, con l’ordinanza di rimessione n. 634/2013, pur aderendo all’orientamento espresso nelle ordinanze nn. 351/2011 e 2633/2012, ha espresso una posizione più netta e argomentazioni parzialmente innovative.
La Sezione rimettente, infatti, ha sostenuto che “le imprese partecipanti a procedure contrattuali ad evidenza pubblica dovrebbero ritenersi tenute ad impugnare qualsiasi clausola del bando illegittima, entro gli ordinari termini decadenziali”.
Al fine di giustificare questa radicale posizione, la pronuncia ha affermato che “con la domanda di partecipazione alla gara, infatti, le imprese concorrenti divengono titolari di un interesse legittimo, quale situazione soggettiva protetta corrispondente all’esercizio di un potere, soggetto al principio di legalità ed esplicato, in primo luogo, con l’emanazione del bando. A qualsiasi vizio di quest’ultimo si contrappone, pertanto, l’interesse protetto al corretto svolgimento della procedura, nei termini disciplinati dalla normativa vigente in materia e dalla lex specialis”.
Di conseguenza, per l’ordinanza, sarebbe stato preferibile affermare un onere di immediata impugnazione di tutte le clausole del bando, “essendo pacifico che la complessa ed onerosa partecipazione ad una gara, indetta dall’Amministrazione per l’affidamento di lavori, servizi o forniture – benché conclusivamente finalizzata all’aggiudicazione – implichi per le imprese concorrenti anche un immediato interesse al corretto espletamento della procedura, sulla base di regole certe e non ulteriormente contestabili”. In questo modo, “le esigenze di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa sarebbero meglio tutelate, eliminando i margini di incertezza connessi ad eventuali impugnative proposte al termine della procedura concorsuale e volte a censurare prescrizioni contenute nella lex specialis”.
Tuttavia, anche in quella occasione l’Adunanza Plenaria (C. Stato, Ad. Plen., 22 aprile 2013, n. 8) non ha approfondito la questione. Infatti, avendo ritenuto legittima la clausola controversa, la quale concerneva l’apertura delle buste contenenti l’offerta tecnica in seduta non pubblica, ha deciso che non fosse necessario pronunciarsi su tale complessa tematica.
2.14. A parere del Collegio, in un’ottica generale di certezza del diritto vivente, potrebbe essere opportuno tenere conto degli indicati dubbi ripetutamente prospettati dalla Sesta Sezione, allo scopo di consolidare, precisare o rettificare l’indirizzo sancito dall’Adunanza Plenaria e prevenire possibili oscillazioni interpretative.
A questo scopo, deve considerarsi la cornice del diritto europeo, delineato dalla direttiva ricorsi e dai ripetuti interventi della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Nella disciplina eurounitaria manca una puntuale indicazione del momento in cui deve essere consentito alla parte l’esercizio del diritto di ricorso, ma prevale un indirizzo orientato a dilatare e anticipare l’ambito della legittimazione e dell’interesse all’impugnazione, anche in un’ottica di protezione generale della concorrenza e di rispetto della legalità delle gare.
Risulta anche manifesto l’intento di accelerare la definizione del contenzioso, evitando che i rapporti giuridici, una volta avviati, siano rimessi in discussione: in questo senso si pongono le regole riguardanti il termine sospensivo per la stipulazione del contratto e i limiti alla obbligatoria inefficacia del contratto.
In ogni caso, con più diretto riguardo alla vicenda contenziosa in esame, deve ricordarsi che, di recente, la Sezione III del Consiglio di Stato, 2 maggio 2017, n. 2014, ha messo nuovamente in dubbio i limiti dell’onere di immediata impugnazione del bando, con specifico riferimento alle clausole relative ai criteri di aggiudicazione, discostandosi consapevolmente dagli esiti manifestati dall’Adunanza Plenaria n. 1/2003. Più in generale, la Sezione ha evidenziato la necessità di adeguare la teoria della dimensione sostanziale dell’interesse legittimo e della sua tutela, al mutato contesto normativo, che esige un’attualizzazione dei canoni ermeneutici fissati dalla Plenaria del 2003.
2.15. Il caso – assai simile a quello ora in esame – aveva per oggetto la contestazione di una procedura aperta, che prevedeva il criterio di aggiudicazione del “prezzo più basso” per l’assegnazione di un servizio di somministrazione di personale infermieristico e tecnico-sanitario. La stazione appaltante aveva giustificato la scelta di tale criterio sulla base delle “caratteristiche standardizzate del servizio”, condizione che, ai sensi della nuova normativa, ammetterebbe la facoltà per la stazione appaltante di ricorrere, in via eccezionale, al criterio del minor costo.
Tale clausola è stata immediatamente impugnata, senza attendere l’esito della procedura selettiva, da una delle imprese concorrenti, sul presupposto che tale criterio avrebbe leso direttamente ed immediatamente “il diritto degli operatori economici a formulare l’offerta secondo un criterio legittimo in relazione all’oggetto della gara”, giusto quanto previsto dall’articolo 95 del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016, il quale, nel disciplinare i criteri di aggiudicazione delle offerte, stabilisce che i contratti aventi ad oggetto servizi “ad alta intensità di manodopera” – quale era quello di specie – debbano essere assegnati secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
2.16. La Sezione, nella sentenza citata, pur richiamando l’autorevolezza e la validità degli insegnamenti dell’Adunanza Plenaria, ha focalizzato l’attenzione sull’evoluzione del quadro ordinamentale, ed ha ritenuto che i principi affermati nel 2003 e costituenti diritto vivente, necessitassero di interpretazione evolutiva, idonea a conservarne la coerenza rispetto alle profonde trasformazioni che hanno investito il diritto degli appalti, mutandone impostazione e prospettive.
2.16.1. La prima innovazione di rilievo che la Sezione ha registrato è, in particolare, “l’espressa comminazione di nullità delle clausole espulsive autonomamente previste dalla stazione appaltante. Il riferimento è al vecchio comma 1 bis dell’art. 46 del codice dei contratti pubblici ed all’art. 83 comma 8 del nuovo codice che ne reitera la previsione, il quale, nel delineare una fattispecie di nullità, prescrive che “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.
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