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4 – Tanto precisato, conviene iniziare l’analisi della più ambia ricostruzione effettuata dall’Autorità, dall’ultimo segmento, ovvero quello relativo agli effetti concreti dell’intesa, la cui prova, come messo in luce dalla giurisprudenza citata, è di per sé dimostrativa dell’illecito anticoncorrenziale. Ciò solo per comodità espositiva e senza trascurare che, sin dalla costituzione di NI., l’Autorità ha ravvisato un’intesa di coordinamento delle offerte economiche, avente un oggetto restrittivo della concorrenza, dovendosi, infatti, ricordare che secondo giurisprudenza costante “sono vietate non solo le intese tramite le quali le imprese fissano i prezzi a livelli esattamente determinati o stabiliscono esattamente prezzi minimi al di sotto dei quali esse si impegnano a non vendere, ma, più in generale, tutte le intese che mirino o abbiano ad effetto di limitare la libera determinazione del prezzo e, quindi, la sua naturale flessibilità”(Consiglio di Stato, 22 marzo 2016, n. 1164).
4.1 – Secondo l’impianto accusatorio, la concertazione tra le imprese sarebbe culminata con il coordinamento delle offerte economiche formulate in occasione delle gare indette da RAI fra luglio e ottobre 2013, in relazione alle quali, si sarebbe verificato un significativo innalzamento del livello dei prezzi offerti (“l’obiettivo di innalzare il livello dei prezzi, a soglie ben superiori a quelli praticati in precedenza, è stato perseguito con una concertazione delle offerte economiche praticate dai soggetti aggiudicatari delle gare condotte in quel periodo”).
4.2 – Secondo il TAR non sussisterebbero idonei elementi atti a dimostrare che vi sia stato un “anomalo” comportamento delle imprese partecipanti alle gare del 2013.
In generale, si osserva che, in un mercato caratterizzato da gare ristrette, ovvero tra imprese invitate di volta in volta a discrezione della RAI, l’intesa, sotto un profilo logico, avrebbe dovuto vedere il coinvolgimento di tutti i soggetti invitatati alle procedure. Viceversa, l’Autorità avrebbe immotivatamente valutato di non addebitare l’illecito ad imprese (AS Vi., So. Mo., Gr. Me., Wo. e On.) che hanno partecipato alle 20 gare. Si osserva, inoltre, che l’Autorità non ha ritenuto di sanzionare nemmeno parte delle imprese che sono poi risultate effettive aggiudicatarie di dette gare, come Eu. e RT.
4.3 – Tali considerazioni possono ritenersi valide solo in astratto ma, nel caso di specie, sono smentite dai fatti, che portano ragionevolmente a ritenere che vi sia stata una effettiva alterazione dei prezzi di aggiudicazione delle gare svoltesi tra luglio e ottobre 2013.
Al riguardo, l’Autorità mette in luce che le aggiudicazioni per i servizi di post-produzione realizzate prima di tale periodo, ovvero dal 1° luglio 2012 all’8 luglio 2013, sono avvenute con sconti quasi sempre superiori al 20% rispetto alla base d’asta, e uno sconto medio pari al 39,6%. Invece, da metà luglio 2013 e sino al 3 ottobre 2013, è iniziata una serie di gare contraddistinte da sconti meno che proporzionali: per 20 procedure, lo sconto della miglior offerta è risultato in media del 6,8%. L’Autorità ha precisato che i differenti sconti registrati nei vari periodi si riflettono sul prezzo praticato, quantificato da RAI nel costo orario delle offerte vincenti: per le 69 gare sino al luglio 2013 esso è stato di 26,99 euro/ora, mentre per le 20 procedure successive di 38,19 euro/ora, con un incremento dunque di quasi il 50%.
4.4 – Le contestazioni di tali evidenze avanzate dalle società sanzionate non sono decisive.
In primo luogo, deve, infatti, rilevarsi che nei ricorsi introduttivi del giudizio nessuna contestazione specifica è stata rivolta nei confronti dei dati di prezzo relativi alle gare in questione. Solo in seguito sono stati avanzati dei dubbi circa l’attendibilità di tali dati, in quanto estratti da una tabella di esclusiva provenienza RAI.
L’obiezione è, comunque, priva di pregio, essendo pacifico che l’analisi dell’Autorità si è svolta su tutta la documentazione relativa alle gare messa a disposizione da RAI, oltretutto in gran parte prodotta nel corso del giudizio di primo grado, e non solo sulla tabella riassuntiva messa a disposizione da RAI.
La RAI ha, inoltre, precisato che nella contestata tabella viene riportato un “costo orario offerta” che va letto non come valore specifico dell’attività di montaggio, ma come dato derivato dalla ripartizione del costo complessivo per il numero delle ore relative ai turni di montaggio richiesti. Tale modalità di rappresentazione dei dati appare logica e coerente, ove si consideri che l’aggiudicazione deve intendersi riferita al costo complessivo di un servizio (quello della post-produzione) composto da diverse attività, ove la preminente è rappresentata dal montaggio, ma che include altri servizi, quali sala speaker, lavorazioni grafiche, spazi redazionali, doppiaggio etc.
A conferma dell’attendibilità dei dati, la RAI ha altresì chiarito che è stato preso in considerazione il costo complessivo, in quanto a partire dal mese di agosto 2012 è stato modificato da Rai il modulo per la compilazione dell’offerta economica da parte dei fornitori, attribuendo un valore anche al costo unitario del turno offerto e differenziando il costo dei turni fissi da quelli variabili e dalle voci non direttamente riconducibili al montaggio (es. sala speaker), mentre la precedente formulazione era onnicomprensiva.
La coerenza e confrontabilità dei dati di cui alla tabella censurata è confermata dal fatto che i dati relativi ai costi orari delle offerte ivi contenuti sono stati calcolati tutti con lo stesso criterio sopra indicato, ossia utilizzando il prezzo complessivamente offerto.
In riferimento alla documentazione di gara prodotta nel corso del giudizio di primo grado, le obiezioni, mai avanzate prima di allora, si limitano a rilevare come dai documenti non sarebbe desumibile il costo orario di tutte le gare; mentre per le gare in cui è possibile effettuare tale verifica, i dati posti alla base del provvedimento sanzionatorio non sarebbero corretti.
Al riguardo, tenuto conto di quanto già innanzi precisato, deve ribadirsi come gli scostamenti rilevati debbono ragionevolmente attribuirsi alla diversa base di calcolo presa in considerazione (costo del solo montaggio, piuttosto che costo complessivo).
Inoltre la RAI, nella propria memoria di replica in primo grado, ha riscontrato in modo puntuale le contestazioni sollevate dalle società. In particolare, giova in questa sede ricordare che, ad esempio, in riferimento alla gara relativa al programma “Easy driver”, rispetto al quale le ricorrenti avevano riscontrato la più consistente differenza di prezzo, la RAI ha chiarito come le contestazioni della società sarebbero fuorvianti, in quanto non includenti nella base di calcolo il servizio di doppiaggio, che faceva comunque parte dell’offerta complessiva. In modo ana, anche le ulteriori gare rispetto alle quali è stato contestato il computo del prezzo hanno trovato una esaustiva replica da parte della RAI, cosicché l’attendibilità complessiva dei dati presi a riferimento nel provvedimento impugnato, al fine di dimostrare l’aumento di prezzo verificatosi nell’estate del 2013, non pare poter essere messa in discussione.
5 – In ogni caso, per quanto concerne la prova dell’alterazione delle gare nell’estate del 2013, giova sin da ora evidenziare i seguenti elementi che, unitamente considerati, contribuiscono a corroborare la tesi dell’Autorità; precisamente: a) la RAI ha ricevuto proprio nel periodo considerato una serie di lettere anonime che anticipavano il vincitore ed il prezzo praticato (a volte risultato coincidente con quello effettivo); b) l’istruttoria svolta dall’Autorità ha fatto emergere comunicazioni ambigue con l’indicazione dei prezzi praticati durante le gare (doc. 15 dei documenti depositati in primo grado dall’Autorità); c) l’organizzazione di due riunioni, tenutesi nelle date del 2 luglio e del 17 settembre 2013, nello stesso periodo delle gare incriminate, che hanno coinvolto la gran parte delle imprese, aventi ad oggetto la discussione dei prezzi da praticare con la RAI (vedasi oltre); d) la confessione della società Pr. Pi., secondo la quale il reale intento perseguito dalle imprese attraverso gli incontri tenutisi nel periodo estivo del 2013 sarebbe stato di “decidere a turno chi dovesse aggiudicarsi la commessa e senza farsi guerra e con la raccomandazione a non effettuare più prezzi bassi”.
Gli elementi che precedono, alla luce della giurisprudenza innanzi citata a proposito del grado di intensità probatorio necessario, paiono di per sé sufficienti a dimostrare la collusione tra le imprese; nondimeno, rispetto alle specifiche censure con le quali si contesta la sussistenza di una effettiva alterazione delle gare dell’estate del 2013, il Collegio osserva, inoltre, quanto segue.
5.1 – Con una prima censura si contesta nuovamente che i dati forniti dalla RAI non sarebbero attendibili, essenzialmente in quanto, ai fini del confronto con i dati delle gare del periodo precedente, mancherebbero alcune gare, in particolare non sarebbero sono stati considerati gli affidamenti diretti.
Al riguardo, deve osservarsi come l’esclusione degli affidamenti diretti dal confronto non appaia affatto illogica, dovendosi evidentemente effettuare la comparazione sulle transazioni svoltesi in modo similare a quelle incriminate, da cui esulano pacificamente gli affidamenti diretti. Tale esclusione non si pone affatto in contrasto con i principi del diritto antitrust, ed in specie con la nozione di mercato rilevante, avendo la giurisprudenza già sottolineato come il mercato rilevante possa essere identificato anche con una singola gara bandita dalla P.A., in quanto “l’ammissibilità di una coincidenza tra mercato rilevante e gara non può essere né affermata né negata in termini assoluti, dovendosi indagare in concreto le caratteristiche del mercato oggetto della gara”. Pertanto, ove si tratti di un coordinamento nella partecipazione a più gare, è consentito circoscrivere l’ambito merceologico e territoriale all’insieme delle gare in cui si è riscontrata la concertazione anticoncorrenziale” (Consiglio di Stato 13 giugno 2014, n. 3032).
5.2 – Anche l’obiezione relativa al fatto che gli sconti più bassi sarebbero conseguenza della riduzione della base d’asta decisa dalla RAI, che aveva ridotto il margine per operare gli sconti, risulta del tutto irrilevante, dal momento che l’anomalia non attiene solo alle percentuali di sconto praticate in sede di offerta, bensì al prezzo finale che per le 69 gare sino al luglio 2013 è stato di 26,99 euro/ora, mentre per le 20 procedure successive di 38,19 euro/ora.
5.3 – Parimenti, le considerazioni secondo cui i prezzi più alti deriverebbero dalla richiesta della RAI di adottare la tecnologia HD (dalla tecnologia AVID Adrenaline a AVID Nitris), che ha imposto alle imprese di acquistare costosissimi macchinari, non spiega il peculiare fenomeno relativo alla descritta anomalia dei prezzi per un periodo tutto sommato circoscritto, posto che è ragionevole supporre che i maggiori oneri derivanti dall’investimento si spalmino su un più ampio periodo rispetto al mese e mezzo in cui si sono celebrate le gare incriminate.
Non solo, la RAI, tra i documenti depositati in data 23 dicembre 2015 nel giudizio di primo grado, ha mostrato come il costo della nuova tecnologia si sia evoluto in senso favorevole alle imprese (doc. 26). Tali evidenze non sono state in alcun modo contestate dalle società.
Rispetto a tale argomento, inoltre, il Collegio non può esimersi dal rilevare come il tentativo di giustificare l’aumento dei prezzi, ne confermi invece l’effettivo incremento, smentendo così le critiche circa l’attendibilità dei dati utilizzati.
5.4 – Anche le ulteriori considerazioni, secondo le quali non avrebbe senso comparare acriticamente le gare dello stesso programma televisivo bandite l’anno prima e l’anno dopo perché da un anno all’altro i servizi richiesti (turni festivi e/o straordinari, numero di sale, tipo di servizio, tecnologia e apparecchiature impiegate) possono notevolmente variare, non risulta affatto decisiva. Invero, non si specificano affatto quali sarebbero gli elementi accessori che avrebbero comportato l’incremento del prezzo proprio nelle 20 gare considerate dall’Autorità.
Anzi, al riguardo, deve osservarsi che nella tabella di cui alla memoria depositata in data 24 dicembre 2015 nel corso del giudizio di primo grado, emerge che in più di una gara i servizi offerti e le condizioni dell’offerta del 2012 erano addirittura superiori e/o più gravosi rispetto a quelli del 2013; ciononostante, i prezzi si sono mossi “inspiegabilmente” in senso opposto. Dalla medesima tabella emerge inoltre che la tecnologia AVID Nitris sia stata utilizzata in diverse gare già nel 2012, con ciò smentendo l’argomento in base al quale l’incremento del costo da luglio 2013, sarebbe legato all’utilizzo di tale nuova tecnologia.
6 – In definitiva, a fronte dell’attendibilità complessiva dei dati di prezzo posti alla base dell’indagine, le contestazioni e giustificazioni addotte dalle società non appaiono affatto convincenti; pertanto, ai fini del presente giudizio, deve ritenersi provato l’effettivo aumento dei prezzi di aggiudicazione delle gare svoltesi tra luglio e ottobre 2013. Tale dato è, inoltre, di per sé dimostrativo della connotazione abusiva dell’incremento dei prezzi, in assenza di una plausibile spiegazione alternativa, essenzialmente per la compresenza di due dati oggettivi ed incontestabili: a) l’entità dell’aumento del prezzo di aggiudicazione; b) la tempistica con la quale tale incremento si è concretizzato per poi annullarsi; invero, non si è verificato un aumento progressivo del prezzo e quindi una sua degressione, bensì un immediato incremento a decorrere dalle gare di metà luglio, ed una altrettanto immediata discesa dopo la gara del 3 ottobre; opportunamente è stato evidenziato come l’abbassamento del prezzo, curiosamente, si è verificato proprio in concomitanza con l’avvio del procedimento da parte dell’Autorità.
6.1 – Giova, inoltre, precisare che è alla luce di tale peculiarità che si giustifica la comparazione con i prezzi dei periodi immediatamente precedenti e successivi, evidenziandosi in tal modo il “gap” tra i prezzi praticati che, prendendo a riferimento i dati medi di un arco temporale più ampio, risulterebbe certamente meno evidente.
6.2 – Infine, tenuto conto delle considerazioni che precedono, non appare plausibile che il parallelismo tra i comportamenti di prezzo possa trovare una possibile spiegazione nell’elevata trasparenza del mercato (vale a dire l’elevata circolazione delle informazioni e la mutua consapevolezza degli operatori circa le rispettive condizioni di offerta), stante la già rilevata entità dell’aumento dei prezzi e la tempistica con la quale questo si è concretizzato.
Come già osservato, tali elementi sono, invece, la chiara evidenza del turbamento anomalo che hanno subito i prezzi nel ridotto periodo considerato, ovvero gli effetti economici dell’intesa illecita posta in essere tra le imprese del settore.
6.3 – In aderenza ai criteri elaborati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale innanzi richiamata deve, dunque, pervenirsi alla conclusione della comprovata esistenza di una intesa restrittiva anticoncorrenziale riconducibile, da un lato, alla presenza di elementi oggettivi di riscontro – tra i quali figura in primis l’effettiva alterazione del mercato di riferimento – che rivelano l’esistenza di una collaborazione anomala (elementi esogeni) e, dall’altro lato, all’impossibilità di spiegare alternativamente le condotte parallele sub specie di frutto plausibile di iniziative imprenditoriali autonome delle parti (elementi endogeni).
7 – Oltre che alle emergenze già innanzi ricordate – e cioè: a) lettere anonime che anticipavano il vincitore ed il prezzo praticato, b) comunicazioni ambigue con l’indicazione dei prezzi praticati durante le gare, c) confessione della società Pr. Pi. – è alla luce della riscontrata oggettiva alterazione del mercato nel periodo luglio-ottobre 2013 che devono, dunque, essere esaminati tutti gli ulteriori elementi portati dall’Autorità a supporto del proprio impianto accusatorio, i quali, oltretutto, devono essere valutati secondo i criteri già innanzi evidenziati, in base ai quali è sufficiente l’emersione di indizi, purché seri, precisi e concordanti, con la precisazione che la circostanza che la prova sia indiretta (o indiziaria) non comporta necessariamente che la stessa abbia una forza probatoria attenuata (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30 giugno 2016, n. 294). In particolare, non rileva che ciascun singolo elemento possa trovare una giustificazione plausibile lecita. A fronte di una obiettiva alterazione anomala del mercato, tali elementi assumono, invece, il connotato della gravità e soprattutto della concordanza, rispetto ad un fine (l’aumento dei prezzi) che si è di fatto concretizzato(cfr. Consiglio di Stato, 11 luglio 2016, n. 3047).
7.1 – A scanso di equivoci, anche a prescindere dall’effettiva alterazione del mercato, correttamente l’Autorità ha messo in luce l’illeceità dello scambio di informazioni avvenuto sin dalla costituzione di NI., in quanto da considerarsi di per sé illecito, indipendentemente dai concreti effetti che abbia prodotto.
Al riguardo, giova infatti ricordare che il coordinamento tra imprese ha un chiaro oggetto anticoncorrenziale ogni volta che le imprese danno luogo a una reciproca collaborazione allo scopo di sostituire la concorrenza con un meccanismo di concertazione delle rispettive politiche di prezzo, eliminando l’incertezza derivante dal dispiegarsi del libero gioco della concorrenza. Tale forma di collusione rientra tra le più gravi restrizioni della concorrenza già per il suo “oggetto” (c.d. “hardcore”), senza bisogno che ne sia provato l’effetto (Consiglio di Stato, 21 dicembre 2017, n. 5998 e 5997).
L’Autorità ha inoltre valorizzato l’organizzazione di due riunioni, tenutesi nelle date del 2 luglio e del 17 settembre 2013, avvenute nel medesimo periodo in cui si è riscontrata l’effettiva alterazione del prezzo di aggiudicazione, tra le imprese di post-produzione iscritte, e non, all’associazione NI., nell’ambito delle quali si sarebbe concordato di tenere una linea comune nella presentazione delle offerte.
Tanto precisato, di seguito si ricordano gli ulteriori elementi ritenuti più significativi, non potendosi citare tutti i numerosi documenti raccolti dall’Autorità nel corso dell’istruttoria, che correttamente interpretati portano alla ragionevole conferma della sussistenza di uno scambio di informazioni e di un coordinamento delle politiche di offerta in sede di partecipazione alle gare RAI con l’obiettivo di innalzare il livello dei prezzi praticato, costituenti un’intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’articolo 2 della Legge 287/1990.
8 – Circa l’oggetto delle riunioni dell’estate 2013, è eloquente la “lettera aperta” del 5 luglio 2013 della società MA., indirizzata alla generalità delle imprese sanzionate, dove, nel sintetizzare il contenuto della riunione del 2 luglio 2013, si afferma che “siamo riusciti con grande successo a riunire tutte le società; in quella sede si è ribadito di comune accordo che la linea da adottare è quella di essere tutti uniti…per organizzare questa riunione abbiamo lavorato per circa un mese con dei punti fermi: tariffario, innalzamento del prezzo minimo e altro (…) la RAI non può risolvere i problemi delle imprese, bensì siamo noi con le nostre lotte a dovercambiare il nostro destino”.
Inoltre, nel corso dell’attività ispettiva, MA. ha confermato che nella riunione del 2 luglio 2013 è stato discusso e consigliato”di rialzare il prezzo unitario dei servizi di post produzione offerti alla RAI per raggiungere livelli sostenibili, arrivando almeno ad un prezzo unitario oscillante da 29 a 31 euro/h”.
E’, inoltre, rilevante lo stesso contenuto del verbale dell’incontro del 2 luglio 2013, nel quale, tra l’altro, si legge: “sarebbe inutile andare in RAI e chiedere direttamente l’innalzamento dei prezzi (…) La nostra lotta sarà quella di andare tutti uniti ad una trattativa”.Va, inoltre, rilevato che, al verbale sopra menzionato, risulta allegata una proposta di convenzione con un listino prezzi orari e un listino servizi accessori poi presentata alla RAI.
8.1 – Il TAR ha ritenuto tali emergenze non significative, in quanto meri “atti unilaterali, di invito e di raccomandazione”.
L’assunto non risulta condivisibile. In primo luogo, deve evidenziarsi come le dichiarazioni di MA. siano sostanzialmente in sintonia con quelle della società Pr. Pi. – che ha confessato gli addebiti – già innanzi ricordate, secondo cui la stessa nel giugno 2013 sarebbe stata in un primo momento “contattata telefonicamente da […] dicendo “non dobbiamo farci la guerra, i prezzi sono troppo bassi dobbiamo contrastare Eu. che si sta portando via tutto il lavoro con St. Im.”. Successivamente Eu., St. Im. e MA. hanno raggiunto un accordo e hanno cercato nuovi contatti con tutti gli operatori. La sostanza era una raccomandazione a decidere a turno chi dovesse aggiudicarsi la commessa e senza farsi guerra e con la raccomandazione a non effettuare più prezzi bassi. Si pensi a Razza Umana che abbiamo vinto a 22 euro/h e Virus dove siamo dovuti arrivare a 20 euro/h”.
Inoltre, come già sottolineato, tutte tali emergenze ricevono oggettivo riscontro nell’effettivo aumento dei prezzi praticati nelle gare immediatamente seguenti alla riunione del 2 luglio.
8.2 – La valutazione del TAR, che ha ravvisato solo dei comportamenti unilaterali di singole imprese, non considera inoltre che ai fini dell’integrazione dell’illecito antitrust non è necessario dimostrare la sussistenza di un vero e proprio accordo, inteso come scambio di volontà tra le parti. Giova, inoltre, ricordare che nelle fattispecie di intesa anticoncorrenziale “risulta superfluo, al fine dell’andella responsabilità, indagare se il singolo partecipante all’intesa abbia avuto un ruolo maggiore o minore, attivo o addirittura meramente passivo. Ed infatti, l’intesa risulta contestabile anche nei confronti di chi si limiti a trarne un vantaggio assumendo un ruolo meramente passivo, dovendosi riconoscere l’esonero da responsabilità solo in caso di dissociazione espressa dall’intesa” (cfr. Consiglio di Stato, 30 giugno 2016, n. 2947. Nello stesso senso Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 giugno 2014, n. 3167: “affinché sia provata la partecipazione di un’impresa all’intesa, è sufficiente la mera partecipazione della stessa a riunioni durante le quali siano stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta).
9 – A monte di tali emergenze, collocabili nell’estate del 2013, correttamente l’Autorità ha messo in luce la funzione svolta dall’associazione NI., al fine di delineare il contesto dal quale ha preso le mosse l’alterazione del mercato, poi di fatto verificatasi. Dagli elementi a tal fine raccolti dall’Autorità si desume chiaramente la funzione agevolatoria dell’attività di raccolta dati effettuata da NI. rispetto all’alterazione del mercato. Non solo, anche a prescindere dalle gare dell’estate del 2013, gli elementi raccolti dall’Autorità dimostrano la sussistenza di un coordinamento tra imprese avente chiaro oggetto anticoncorrenziale, volto, cioè, ad eliminare l’incertezza derivante dal dispiegarsi del libero gioco della concorrenza. Come già sottolineato, tale forma di collusione rientra tra le più gravi restrizioni della concorrenza già per il suo “oggetto” (c.d. “hardcore”), senza bisogno che ne sia provato l’effetto.
9.1 – Tanto precisato, con riferimento alla prima fase dell’intesa, il Giudice di primo grado ha ritenuto che l’attività di sollecitazione svolta da NI. ben potesse avere una spiegazione che la ricondurrebbe ad una finalità di per sé legittima, quale quella di indurre la RAI ad adottare meccanismi di selezione competitiva che prevedessero dei correttivi al sistema del massimo ribasso. Inoltre, ha osservato che lo scambio di dati – che secondo la tesi dell’Autorità contribuirebbe a colorare di illeceità la più complessiva condotta delle imprese – è essenzialmente relativo ai prezzi di aggiudicazione delle singole gare già svolte; pertanto, da considerarsi “dati storici”, ed inidonei a rivelare le future intenzioni commerciali dei partecipanti alle future gare.
9.2 -Anche in questo caso, le valutazioni del TAR, seppur astrattamente sensate, alla luce degli elementi già ricordati, non risultano condivisibili, dovendosi inoltre evidenziare le ulteriori emergenze probatorie di seguito riportate.
In via preliminare, è opportuno ricordare che: “sono vietate non solo le intese tramite le quali le imprese fissano i prezzi a livelli esattamente determinati o stabiliscono esattamente prezzi minimi al di sotto dei quali esse si impegnano a non vendere, ma, più in generale, tutte le intese che mirino o abbiano ad effetto di limitare la libera determinazione del prezzo e, quindi, la sua naturale flessibilità”(Consiglio di Stato, 22 marzo 2016, n. 1164).
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