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5.3.1. Appare corretta anzitutto la (ri) qualificazione sul piano sostanziale del permesso di costruire del 10.12.2007 – 9.1.2008 – non quale permesso a parziale sanatoria ma quale permesso di costruire “ordinario” sicché, contrariamente a quanto si sostiene con l’appello, è esatto il presupposto argomentativo dal quale hanno preso le mosse, l’Amministrazione comunale, nell’ordinanza di demolizione impugnata n. 101/2015, e il TAR, nella sentenza (cfr. punti 17. e 22. sent.).
Ai fini della identificazione sul piano giuridica dei provvedimenti amministrativi, occorre fare riferimento non ad aspetti “nominalistici” ma a profili sostanziali.
Nel caso in esame, alla luce della ricostruzione dei tratti salienti della vicenda (su cui v. sopra, p. 5.1.), e del percorso argomentativo seguito in sentenza ai punti da 12. a 24. (ma si veda anche il p. 29.), diversamente da quanto ritiene l’appellante e come fondatamente osserva la difesa civica, risulta motivata in maniera persuasiva la qualificazione dell’atto del 10.12.2007 – 9.1.2008 – non quale permesso a parziale sanatoria ma – quale permesso “ordinario”, in un contesto nel quale era previsto l’abbattimento integrale della tettoia e la sostituzione della stessa con una pensilina avente dimensioni più ridotte. Su quest’ultimo punto, va fatto rinvio alla stessa ordinanza di demolizione n. 101/2015, verso fine pag. 1, da “si puntualizza che il progetto allegato al titolo edilizio prevedeva il ripristino?in quanto comportava la demolizione della intera tettoia abusiva?”, in poi. Pare opportuno soggiungere che nella porzione in tinta gialla, che andava demolita (cfr. Tavola n. 1, predisposta dallo stesso progettista dell’appellante), viene indicata la demolizione dei pilastrini che sorreggono l’intera tettoia, sicché anche per questa ragione non par dubbio che l’intero manufatto edilizio avrebbe dovuto essere demolito, una volta rimossi i pilastrini che sorreggono la tettoia.
Tutto ciò non è affatto incompatibile con la emanazione di un’ordinanza di demolizione riferita all’intero manufatto, sol che si consideri il differente posizionamento della pensilina, come risulta dalle considerazioni svolte ai pp. da 19. a 21. sent., e la sopravvenuta decadenza del titolo abilitativo edilizio, decretata con il già ricordato provvedimento dirigenziale del 26.2.2015, adottato all’indomani del sopralluogo congiunto del 23.2.2015, e ciò a causa del mancato inizio dei lavori entro un anno dalla data della notifica dell’avviso di avvenuto rilascio del permesso.
Né vale a giustificare un “mutamento di identificazione” dell’atto del 9.1.2008, rispetto a quanto statuito in sentenza, la circostanza che in atti venga fatto riferimento al versamento di una somma a titolo di oblazione, dato che da un esame complessivo degli atti e degli allegati prevalgono gli elementi a sostegno della qualificazione riconosciuta in sentenza.
In definitiva, è condivisibile quanto afferma la difesa civica in ordine al “manufatto originario”: “la tettoia che avrebbe dovuto essere rimossa non è stata rimossa. Abusiva era e abusiva è rimasta”.
La ricostruzione operata dal Comune è veridica.
5.3.2. Nemmeno può trovare accoglimento la deduzione per cui verrebbe in considerazione un’opera di natura pertinenziale.
Viene invece in rilievo un’opera edilizia che, per consistenza e tipologia, ha comportato una trasformazione del territorio e del suolo non irrilevante e che in modo corretto è stata fatta ricadere nella categoria degli interventi che richiedono il permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001.
In proposito, più volte questo Consiglio di Stato ha rimarcato come occorra il titolo edilizio per la realizzazione di nuovi manufatti, quand’anche sotto il profilo civilistico essi si possano qualificare come pertinenze.

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