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A quest’ultimo proposito assume ulteriore rilievo dirimente, in termini di insussistenza dei presupposti per l’accoglimento della generica domanda risarcitoria, il principio di cui all’art. 1227 comma 2 c.c. che, pur se non espressamente richiamato dall’art. 30 comma 3, cod.proc.amm., per orientamento costante viene reputato come pacificamente applicabile nel processo amministrativo, nel senso che l’omessa attivazione da parte dell’interessato degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della riduzione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza, in una logica che vede l’omessa attivazione dei rimedi di tutela (nella specie ad esempio tramite riproposizione dei vizi erroneamente assorbiti ovvero attivazione del rimedio dell’ottemperanza) non più come preclusione di rito, ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. V 17 luglio 2014 n. 3812).
Se le considerazioni appena svolte appaiono già dirimenti in via di principio, nella fattispecie in esame il riavvio del procedimento, oltre a non fornire elementi nella direzione del probabile esito positivo dell’iter, ha anzi escluso la realizzabilità dell’impianto, cui infatti la società ha nella sostanza autonomamente rinunciato, come emerso dalla mancata attivazione dei rimedi predetti, anche a cagione delle novità normative. Se queste ultime all’evidenza non possono imputarsi all’amministrazione attiva, essendo ricollegabili alla diversa autonoma e insindacabile – a fini risarcitori – attività legislativa (piuttosto, come noto, la giurisprudenza di questo Consiglio riconosce che l’incertezza legislativa possa costituire causa di esclusione della colpevolezza della p.a.), neppure è invocabile alcun elemento di colpa in capo al comportamento delle amministrazioni interessate dal procedimento.
Come emerso in specie dall’istruttoria svolta, la p.a. ha adeguatamente valutato il contesto in esame (laddove i diversi esiti di altri progetti non appaiono invocabili, sia per mancata riproposizione delle censure, sia a fronte della diversità di situazione giuridica e di fatto), senza che all’opposto parte appellante abbia fornito i necessari elementi di prova, rinviando ad una generica valutazione equitativa, cui come noto il giudice può ricorrere unicamente in caso di difficoltà nel quantificare un danno la cui esistenza sia dimostrata nei relativi elementi essenziali.
In proposito va ribadito (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 30 dicembre 2014 n. 6428) che anche nel giudizio di equità la norma dell’art. 2697 Cod. civ. rappresenta un principio informatore del risarcimento dei danni, con la conseguenza che qualsiasi vicenda di danno lamentato da chi agisce in giudizio per il risarcimento debba essere provata dal danneggiato, sia pure con ogni mezzo, ivi comprese le allegazioni e le presunzioni semplici, fermo restando che la relativa articolazione va dimostrata nello specifico del caso concreto, cioè caso per caso, e non fatto discendere in via generale ed astratta quale conseguenza connessa automaticamente all’evento.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono gli appelli riuniti vanno respinti nel merito, seppur con diversa motivazione.
Sussistono giunti motivi per procedere alla compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, riunisce gli appelli, come in epigrafe proposti, e li respinge.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore

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