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DIRITTO
1. Preliminarmente, può essere disposta la riunione degli appelli di cui in epigrafe per la sussistenza di una connessione sia soggettiva che oggettiva dei ricorsi: nella prima direzione, soggettiva, assume rilievo l’identità delle parti; nella seconda direzione, oggettiva, i gravami hanno ad oggetto due domande risarcitorie proposte in relazione ai danni derivanti dalla presunta illegittima condotta serbata dalle Amministrazioni resistenti, nell’ambito del procedimento di autorizzazione del parco fotovoltaico progettato dalla stessa odierna appellante.
2. Sempre in via preliminare, per ciò che concerne il primo giudizio va richiamato quanto già evidenziato dalla sezione in sede di statuizione istruttoria, in ordine alla corretta interpretazione della domanda giudiziale di primo grado ed della identificazione del suo oggetto.
In proposito, dal contenuto complessivo del ricorso introduttivo si evince la rituale introduzione, da parte dell’odierna società appellante, di una domanda risarcitoria consequenziale rispetto alla richiesta di annullamento dell’atto impugnato in via principale, per quanto di tale domanda non vi sia effettivamente menzione né nell’epigrafe dell’atto introduttivo né nelle conclusioni.
Infatti, nel corpo del richiamato atto introduttivo (cfr. pag. 42, da rigo 10 a rigo 16) vi è un esplicito riferimento alla volontà di proporre “in questa sede” domanda risarcitoria per i danni subiti “che si concretizzano non solo nei maggiori costi derivanti dallo aumento dei macchinari e opere/lavoro per la installazione dell’impianto, ma anche per il mancato guadagno nel periodo di impossibilità operativa dell’impianto (per effetto del diniego alla costruzione) e gli oneri accessori dovuti dalla ditta ricorrente”.
Quindi, va ribadito: che la domanda risarcitoria è stata in concreto ritualmente proposta fin dal primo grado del presente giudizio, senza che in contrario rilevi che alla stessa non si facesse riferimento nell’epigrafe e nelle conclusioni del ricorso di primo grado; che una volta proposta la domanda risarcitoria, dovesse corrispondere in sentenza uno specifico capo decisorio.
3.1 Passando all’esame del merito delle domande risarcitorie respinte dalle sentenze appellate, assume rilievo preminente la conclusione che il Tar ha raggiunto in termini di inammissibilità di uno dei due gravami a fronte della rilevata violazione del principio del ne bis in idem.
In relazione alla declaratoria di inammissibilità resa dal Tar, in accoglimento di un’eccezione preliminare formulata sin dall’origine dalle difese resistenti, solo in seguito all’inutile espletamento della consulenza tecnica d’ufficio sugli elementi di merito della domanda, appaiono fondati i vizi dedotti sul punto in sede di appello.
In linea generale, costituisce jus receptum, affermato in relazione al processo amministrativo di appello (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. IV 23 giugno 2015 n. 3158 e sez. V 16 febbraio 2015 n. 806) il principio a mente del quale ai sensi degli artt. 2929 c.c. e 324 c.p.c., applicabile anche al processo amministrativo, la regola del ne bis in idem presuppone l’identità nei due giudizi delle parti in causa e degli elementi identificativi dell’azione proposta, e quindi che nei suddetti giudizi sia chiesto l’annullamento degli stessi provvedimenti, o al più di provvedimenti diversi ma legati da uno stretto vincolo di consequenzialità in quanto inerenti ad un medesimo rapporto, sulla base di identici motivi di impugnazione.

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