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Il Tar, infatti, dopo aver accolto, con statuizione passata in giudicato, la domanda di annullamento del parere in quanto reso fuori dalla deputata sede della conferenza di servizi, invece respingeva nel merito, con il capo di sentenza qui impugnato, la consequenziale richiesta di risarcimento dei danni, in ragione della genericità della sua prospettazione nonché della carenza di sufficienti allegazioni probatorie.
In sede di appello la società appellante deduceva che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente tratto dai contenuti del ricorso introduttivo gli estremi per ritenere incardinata una domanda di risarcimento del danno: domanda che, per converso, come desumibile dall’esplicito contenuto delle conclusioni prese nel ricorso introduttivo e della sua epigrafe, avrebbe dovuto ritenersi come non mai ritualmente proposta.
Di qui la richiesta di riforma dell’impugnata sentenza per quanto concerne la statuizione relativa alla domanda risarcitoria; ovvero, in subordine, di declaratoria di inammissibilità della domanda di danno in quanto, ove mai ritenuta introdotta nel petitum di lite, irritualmente proposta.
In via ancor più gradata, la società appellante insisteva affinché quella domanda, ove ritenuta correttamente introdotta, venisse piuttosto accolta, dato che sarebbero stati ben indicati gli elementi costitutivi della pretesa risarcitoria (ritardo, mancato guadagno, maggiori costi dei macchinari, ecc.) sulla base dei quali la società ha chiesto di essere tenuta indenne dalle conseguenze pregiudizievoli correlate al ritardo nell’ottenimento del titolo abilitativo per la realizzazione dell’impianto.
La società ricorrente pertanto concludeva per l’accoglimento dell’appello e per la declaratoria di inammissibilità o, in subordine, per l’accoglimento della domanda risarcitoria in primo grado proposta, in riforma della impugnata sentenza.
Si costituivano in giudizio le appellate Amministrazioni per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.
All’udienza pubblica del 6 ottobre 2015 la causa veniva trattenuta in decisione. Tuttavia, con ordinanza n. 5066 del 2015 la sezione disponeva un approfondimento istruttorio, in particolare al fine di acquisire, fermo restando il principio generale dell’onere della prova, elementi istruttori concernenti i dati circostanziali (sui luoghi del figurato insediamento produttivo) del fatto dedotto come produttivo dei danni di cui in questo processo si domanda il risarcimento. In tale ottica si chiedeva a MiBACT (Segretariato regionale dei beni e delle attività culturali e del turismo del Molise) e Regione Molise di riportare con apposita distinta relazione dettagliati chiarimenti, corredati da documentazione fotografica e da planimetrie, concernente i suddetti luoghi e gli insediamenti di altro genere (abitativi, agricoli, ecc.) rispetto a quello per cui è causa esistenti in loco all’epoca dei fatti di causa.
Alla pubblica udienza del 13\10\2016 parte appellante formulava istanza di rinvio al fine di riunire la controversia ad altra pendente fra le medesime parti.
Nell’ambito di quest’ultima causa (r.g. 7832\2016) era stata appellata la sentenza n. 110 del 2016 con cui il Tar Molise aveva dichiarato il gravame proposto inammissibile per violazione del principio del ne bis in idem, rispetto alla domanda risarcitoria di cui al precedente ricorso e pur dopo aver disposto lo svolgimento di ctu sulla domanda risarcitoria.
In particolare, con il ricorso respinto dal Tar nel 2016 la stessa società chiedeva il risarcimento dei danni derivanti dall’illegittima condotta tenuta dalle Amministrazioni resistenti, nell’ambito dello stesso procedimento di autorizzazione del parco fotovoltaico predetto; oltre a dolersi delle conseguenze pregiudizievoli del ritardo nel procedimento amministrativo, causato dalla mancata partecipazione della Soprintendenza alle Conferenze di servizi 16.12.2012, deduceva la colpa grave dell’Amministrazione statale intimata, per aver disertato la Conferenza e per aver inviato tardivamente un parere negativo.
Avverso la sentenza declaratoria di inammissibilità parte ricorrente deduceva l’erroneità della decisione, sia in termini di ammissibilità della domanda che di fondatezza della stessa nel merito, indicando i relativi presupposti e censurando le conclusioni di cui alla ctu di primo grado.
Le parti appellate si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza del 12\12\2017 entrambe le cause passavano in decisione.

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