Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 18 ottobre 2017, n. 4824. Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati

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6. Sotto il terzo profilo, oggetto del secondo motivo di appello, è senz’altro vero che la possibilità di condannare l’amministrazione al rilascio di un provvedimento è prevista in modo espresso dall’art. 34 comma 1 lettera c) c.p.a. La stessa norma però prevede che ciò avvenga soltanto “nei limiti di cui all’articolo 31, comma 3”, ovvero “solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione”, fermo il limite di carattere generale dell’art. 34 comma 2, per cui “In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.

Nel caso di specie, la pronuncia adottata dal Giudice di primo grado, che è consistita in un annullamento, essenzialmente, per difetto di motivazione, supera i limiti indicati, se non altro perché è stata adottata senza un’esplicita considerazione del progetto presentato, dalla quale non si potrebbe secondo logica prescindere per dire se residuano o no margini per l’esercizio della discrezionalità in materia.

7. L’accoglimento dell’appello principale comporta che si debba esaminare l’appello incidentale, che è a sua volta fondato.

L’appellante incidentale, infatti, invoca a proprio favore l’applicabilità della l. 13/1989, recante “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, e in particolare dell’art. 4 di essa, che come si vedrà stabilisce un regime di favore per le opere come quella per cui è causa.

8. La normativa descritta è effettivamente applicabile al caso di specie.

Sotto il profilo oggettivo, l’opera per cui è causa è un ascensore, che rientra fra i “meccanismi per l’accesso ai piani superiori” considerati in modo espresso dall’art. 1 comma 3 lettera a) della legge fra gli interventi volti ad eliminare le barriere in questione.

Sotto il profilo soggettivo, come chiarito di recente da Cass. civ. sez. II 28 marzo 2017 n. 7938, la normativa di favore di cui alla l. 13/1989 si applica anche quando si tratti di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie. La legge in questione infatti, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, esprime il principio secondo il quale i problemi delle persone affette da una qualche specie invalidità devono essere assunti dall’intera collettività, e in tal senso ha imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili, trattandosi comunque di garantire diritti fondamentali – così C. cost. 10 maggio 1999 n. 167 e Cass. civ. sez. II 25 ottobre 2012 n. 18334- e non di accordare diritti personali ed intrasmissibili a titolo di concessione alla persona disabile in quanto tale, come affermato da Cass. civ. sez. II 26 febbraio 2016 n. 3858.

Di conseguenza, delle norme stesse si impone un’interpretazione estensiva, nel senso appena visto, e quindi risulta applicabile il regime di favore previsto dalla legge in esame

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