Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 18 ottobre 2017, n. 4824. Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati

[….segue pagina antecedente]

Con il provvedimento 17 ottobre 2012 meglio indicato in epigrafe (doc. 1 in I grado ricorrente appellata, copia di esso), motivato con riferimento al preavviso di diniego, la Soprintendenza ha respinto il progetto, ritenendo che “le opere progettate non siano compatibili con i criteri della tutela monumentale dell’edificio in quanto l’inserimento della progettata torre di elevazione nel cortile anche se temporaneo, verrebbe ad alterare gravemente le valenze storiche, artistiche, architettoniche e tipologiche di un cortile che, contrariamente a quanto ritenuto nella relazione tecnica storica allegata, presenta caratteri stilistici e di pregio dell’ambiente edilizio romano” (doc. 2 in I grado, copia prediniego).

Contro tale diniego, la ricorrente appellata ha proposto ricorso in primo grado, e ne ha sostenuto l’illegittimità, chiedendo che esso fosse annullato e che “il Giudice amministrativo, ove ritenuto opportuno” volesse “ammettere CTU per accertare se la realizzazione dell’ascensore possa comportare un serio pregiudizio per l’immobile sottoposto a tutela” (ricorso di primo grado, p. 13 in fine).

Con la sentenza meglio indicata in premesse, il TAR ha accolto il ricorso; in motivazione ha in particolare sostenuto che il diniego sarebbe stato immotivato per contrasto con un precedente diniego pressoché identico, anche se riferito ad un progetto di maggiore impatto, nonché per contrasto con una nota 18 giugno 1976 prot. n. 8960 (doc. 19 ricorrente in I grado, copia di essa) della Soprintendenza, che avrebbe escluso uno specifico interesse architettonico del cortile e per l’inerzia della Soprintendenza di fronte a sette unità di condizionamento aria ivi già collocate, e di ben maggiore impatto visivo. Ciò posto, il TAR ha condannato la Soprintendenza a rilasciare “senza ulteriore indugio” il provvedimento di autorizzazione.

Contro tale sentenza, il Ministero per i beni e le attività culturali – MIBAC ha proposto impugnazione, con appello contenente due motivi, il secondo subordinato alla reiezione del primo:

– con il primo motivo, deduce difetto di motivazione della sentenza impugnata sotto ciascuno dei tre profili da essa valorizzati per annullare il diniego. Sotto il profilo delle vicende del precedente diniego, deduce che esse si sarebbero svolte diversamente. Infatti, il defunto marito della ricorrente appellata ebbe ad ottenere due sentenze del TAR Lazio, la prima del 21 gennaio 2009 n. 478, che aveva annullato per difetto di motivazione il diniego opposto ad un primo progetto; la seconda del 23 novembre 2009 n. 11154, che aveva imposto di provvedere a fronte di un silenzio rifiuto. Peraltro, il ricorso contro il nuovo diniego successivamente emesso era stato respinto con sentenza dello stesso TAR 4 febbraio 2011 n. 1045. Sotto il profilo della nota 8960/1976, deduce che l’amministrazione ben avrebbe potuto mutare opinione, e sotto il profilo dell’esistenza di impianti di condizionamento altrettanto lesivi del bene, ma tollerati, deduce in sintesi che l’eventuale tolleranza non darebbe diritto a commettere un ulteriore abuso;

– con il secondo motivo, deduce eccesso di potere giurisdizionale, quanto alla parte della decisione che ha imposto l’emanazione del provvedimento, potere al giudice non spettante.

Ha resistito la ricorrente con memoria 23 luglio 2013, in cui:

– in via preliminare, deduce la inammissibilità del ricorso in quanto proposto dal Ministero e non dal suo organo periferico autore del provvedimento;

– nel merito, chiede che il ricorso sia respinto, difendendo la motivazione della sentenza di primo grado. In particolare, quanto al secondo motivo di appello, sostiene di avere in sostanza chiesto con il proprio ricorso anche la condanna all’emanazione del provvedimento;

– in via incidentale, ripropone il secondo motivo di primo grado, dichiarato assorbito, e deduce illegittimità per violazione dell’art. 4 della l. 9 gennaio 1989 n. 13, che consente di denegare l’autorizzazione in esame solo in caso di “serio pregiudizio” del bene tutelato, che nella specie non sussisterebbe.

Con ordinanza 31 luglio 2013 n. 2371, la Sezione ha accolto la domanda cautelare, ritenendo di dover dar prevalenza all’interesse a non alterare lo stato dei luoghi fino alla decisione di merito.

[…segue pagina successiva]

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *