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Pertanto, benché il “diritto” di accesso sia un’autonoma posizione giuridica soggettiva, il suo esercizio non è consentito per finalità di mero controllo della legalità dell’attività amministrativa. L’istanza di accesso deve essere sorretta da un interesse giuridicamente rilevante, così inteso come un qualsiasi interesse che sia serio, effettivo, autonomo, non emulativo, non riducibile a mera curiosità e ricollegabile all’istante da uno specifico nesso (cfr. da ultimo Cons. St., Sez. IV, 11 aprile 2014, n. 1768; Id., 29 gennaio 2014, n. 461)”.
Con riferimento alla fattispecie odierna, occorre convenire con le appellanti laddove esse deducono di avere presentato motivata istanza per conoscere la documentazione tecnico -istruttoria idonea a far comprendere le ragioni che hanno condotto a una sì elevata violazione di PDV: quale percorso tecnico-istruttorio ha cioè portato al risultato finale di esclusione dalla procedura.
Il punto di partenza dal quale prendono le mosse le appellanti, e che il Collegio, ai circoscritti fini di cui al citato art. 116, comma 2, del c.p.a. indicati sopra, condivide, attiene alla mancata conoscenza dei criteri tecnici, e della applicazione degli stessi che, se conosciuti, nella prospettazione delle società in epigrafe avrebbero consentito di predisporre un progetto tecnico rispettoso dei PDV. Dalla comunicazione del solo esito delle risultanze tecniche, ovvero dalla comunicazione del solo numero di violazioni di PDV (nella specie, 96, come emerge dal verbale della Commissione del 16 settembre 2016, e dall’allegata analisi elaborata dalla FU.), non è dato comprendere – argomenta parte appellante – come si sia giunti a un tale risultato negativo, apparendo impedita ogni conoscenza della fase istruttoria del procedimento.
Il Collegio recepisce e fa proprie, ai fini di cui al citato art. 116, comma 2, le deduzioni dell’appellante: diversamente da quanto ritengono le società appellate, e ferma l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse a un bene della vita distinto che legittima alla impugnazione dell’atto amministrativo lesivo, sussiste un collegamento diretto, concreto e attuale, tra la documentazione tecnico – istruttoria richiesta, con riferimento in particolare ai passaggi tecnici e di calcolo che hanno portato il MISE a concludere nel senso del mancato rispetto di un numero elevatissimo di PDV, e una situazione giuridicamente tutelata e specifica fatta valere dalla parte appellante nella istanza di accesso con riguardo alla azione di annullamento proposta; vi è correlazione tra le esigenze conoscitive e le necessità difensive, tra la documentazione richiesta e l’interesse da tutelare in giudizio; vi è inerenza, almeno in astratto, fatte salve ovviamente le decisioni del TAR in sede di cognizione, tra i documenti richiesti, la posizione soggettiva della parte istante e le finalità che quest’ultima intende perseguire con l’accesso.
Non può essere condivisa l’ordinanza impugnata, nella parte in cui ha considerato le esigenze di acquisizione documentale di Tr., soddisfatte con l’avvenuta consegna del verbale della Commissione del 16 settembre 2016, e dell’allegato, contenente i risultati delle analisi effettuate dalla Fondazione ai fini della verifica del rispetto dei PDV.
Al contrario, non si ravvisano ragioni ostative, nemmeno sotto l’aspetto della genericità della istanza e della asserita finalità, meramente esplorativa, e di controllo generalizzato dell’operato della P. A., per negare l’esibizione della documentazione di calcolo richiesta ai punti da 2) a 6), dovendosi convenire con l’affermazione di parte appellante sulla insufficienza dei documenti consegnati dal MISE al fine di poter conoscere tutti i dati, in astratto, rilevanti, ai fini della decisione del ricorso proposto ai sensi dell’art. 29 del c.p.a..
5.2. Per quanto concerne in particolare la questione relativa all’accesso ai documenti utilizzati per elaborare i criteri di calcolo diretti a verificare il rispetto dei PDV, il fatto che il software di calcolo utilizzato allo scopo di eseguire i passaggi e i calcoli tecnici necessari e individuare il numero di PDV non rispettati sia in possesso della Fondazione Bo., organismo di diritto pubblico delegato dal MISE a effettuare tali calcoli, e non sia stato trasmesso alla Commissione di selezione (alla quale, a quanto consta, sono stati inviati unicamente i risultati delle misurazioni eseguite in sede istruttoria), e quindi non sia propriamente “detenuto” dal MISE (arg. ex art. 22, comma 1, lett. d), della l. n. 241 del 1990), non è ostativo alla riconducibilità di software di calcolo come quello suddetto nell’ambito della documentazione tecnico – istruttoria attinente a una procedura di pubblico interesse, con conseguente qualificazione del documento tra quelli “accessibili”.
Peraltro, e in ogni caso, tenuto anche conto della obiezione per cui il software utilizzato dalla FU. è di “tipo proprietario”, l’esibizione del documento in parola ben potrà essere circoscritta a quanto risulti assolutamente indispensabile a far conoscere criteri di calcolo e passaggi tecnici seguiti per la verifica del rispetto dei PDV, anche mediante la riproduzione dei calcoli effettuati con la indicazione dei parametri inseriti.
5.3. Quanto al diniego di accesso, opposto dal MISE e ritenuto legittimo dal TAR, riguardante gli elaborati tecnici della “intesa” appellata, in via preliminare e in termini generali va ribadito, con la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (v. sotto), il rilievo preminente attribuito al c. d. “accesso difensivo” dall’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, secondo cui “Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”, fatte salve le limitazioni indicate dalla norma stessa – e che qui non rilevano, come si dirà anche più avanti – nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari.
Il problema del bilanciamento delle contrapposte esigenze delle parti interessate – diritto di accesso, e di difesa e cura dei propri interessi, da parte del richiedente, da un lato, e diritto di riservatezza dei terzi, dall’altro – è stato quindi risolto dal legislatore dando prevalenza al diritto di accesso ex art. 24, comma 7, cit., ferme le limitazioni sopra accennate.
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