Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 8 novembre 2017, n. 5146. In ordine alla responsabilità precontrattuale

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Affinché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale è necessario che:

i) le trattative siano giunte ad uno stadio avanzato ed idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto;

ii) la controparte pubblica, cui si addebita la responsabilità, le abbia interrotte senza un giustificato motivo e infine

iii) pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.

Ebbene, tanto premesso dal punto di vista generale, occorre domandarsi se nel caso in esame la revoca dell’affidamento disposta dall’amministrazione nel luglio del 2016 sia ingiustificata in assoluto o – quantomeno – immotivatamente tardiva.

5.1. A tale quesito, ad avviso della Sezione, occorre dare risposta in senso negativo, atteso che:

– all’atto dell’aggiudicazione (8 ottobre 2012) la Hy. (già Sl. Se. s.r.l.) non aveva maturato alcuna certezza sulla realizzazione dell’intervento e sulla possibilità di gestirlo proficuamente: ciò in quanto in sede di aggiudicazione l’amministrazione aveva prudentemente subordinato la stipula dell’atto di concessione “all’acquisizione di tutti i pareri favorevoli previsti dalla vigente normativa, sulla soluzione presentata dall’aggiudicatario in sede di gara, all’esito della conferenza di servizi”;

– la disposta immissione anticipata nella gestione non valeva a radicare un interesse ulteriormente qualificato in capo all’aggiudicataria, atteso che la stessa era stata disposta unicamente al fine di consentire alla Hy. di continuare a gestire l’impianto secondo le modalità della pregressa gestione (demandata ad altro soggetto);

– pertanto il fatto che l’aggiudicataria fosse stata chiamata in via sostanzialmente provvisoria a proseguire (per ragioni di mera continuità operativa inerenti un servizio essenziale) la pregressa gestione – e senza in alcun modo dare corso agli interventi progettati e messi a gara – conferma che, in quella fase della procedura, la stessa non potesse vantare un radicato interesse alla realizzazione dell’intervento progettato, il quale risultava ancora soggetto a un complesso iter di esame (comprendente, fra l’altro, il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale);

– solo sul finire del 2014 la Regione Campania aveva dato esito positivo alla Conferenza di servizi e aveva quindi approvato il progetto della Hy. (già Slem Servizi s.r.l.) rilasciando la richiesta A.I.A.; pertanto solo da tale momento potevano dirsi attualizzati gli effetti dell’atto di aggiudicazione e potevano essere effettuate consapevolmente le valutazioni di convenienza riferite alle condizioni contrattuali emerse all’esito della gara (da parametrare evidentemente al momento in cui il contratto avrebbe potuto essere in concreto stipulato e non certo a un momento anteriore);

– non può essere quindi condivisa la tesi della Hy., secondo cui già dal 2013 la S.A.P.NA. avrebbe potuto – e dovuto – effettuare la valutazioni di convenienza relative alla differenza fra il corrispettivo unitario emerso all’esito della gara e quello rinvenibile dalla media delle condizioni di mercato. Non avrebbe avuto invero senso che la stazione appaltante procedesse a un’analisi di convenienza in un momento in cui (nel corso del 2013) la realizzazione dell’impianto non era ancora sicura e non era ancora certo che sulla soluzione prospettata sarebbero stati resi tutti i necessari atti di assenso. A tacer d’altro, se l’amministrazione avesse operato in tale fase le proprie valutazioni, le avrebbe incongruamente impostate su dati non consolidati e suscettibili di modificazioni successive; al contrario è invece del tutto ragionevole che la S.A.P.NA. abbia svolto le proprie analisi comparative di congruità del corrispettivo soltanto a partire dal momento in cui (sul finire del 2014) sul progetto erano stati espressi tutti i necessari atti di assenso e il contratto poteva quindi essere concluso;

– l’esame degli atti di causa dimostra che, a partire da quel momento, la S.A.P.NA. non abbia serbato quel contegno affidante e ingiustificatamente inerte che fonderebbe una condanna a titolo di responsabilità precontrattuale. Al contrario, risulta che la S.A.P.NA. si sia attivata già dagli inizi di aprile del 2015 (i.e.: all’esito di un breve e congruo periodo di valutazione) al fine di verificare la possibilità in termini giuridici e operativi di addivenire a una rideterminazione del corrispettivo emerso all’esito della gara e che abbia avviato interlocuzioni in tal senso con l’aggiudicataria;

– al fine (anch’esso ragionevole) di verificare la possibilità di rideterminare consensualmente il corrispettivo emerso all’esito della gara, la S.A.P.NA. ha rivolto all’ANAC una richiesta di parere (dicembre del 2015) e che solo a seguito del riscontro sostanzialmente negativo da parte dell’ANAC (marzo del 2016) si sia infine risolta ad avviare il procedimento finalizzato alla revoca dell’aggiudicazione (medio tempore era emerso con chiarezza il notevolissimo differenziale fra il corrispettivo di gara e quello rinvenibile alle normali condizioni di mercato).

5.2. Risultano in definitiva carenti nel caso di specie i presupposti e le condizioni perché possa affermarsi a carico della S.A.P.NA. una responsabilità di stampo precontrattuale nella gestione della complessiva vicenda.

In definitiva lo stato delle “trattative” può dirsi giunto a un sostanziale ‘punto di non ritornò solo sul finire del 2014 e che a partire da tale momento l’amministrazione non ha tenuto affatto un comportamento inerte o ingiustificatamente affidante: al contrario, al momento in cui l’iter amministrativo di esame sul progetto si era concluso e la condizione apposta in sede di aggiudicazione si era realizzata, la stazione appaltante si è ragionevolmente attivata:

i) in primo luogo, per stabilire se il corrispettivo di aggiudicazione fosse congruo in relazione alle sopraggiunte condizioni di mercato;

ii) in secondo luogo (e dopo aver fornito risposta negativa al quesito) per stabilire se fosse percorribile la via della rinegoziazione del corrispettivo;

iii) in terzo luogo (e dopo aver ricevuto risposta negativa anche a tale quesito) al fine di avviare le procedure di revoca dell’aggiudicazione.

5.3. Non sussistono in definitiva i presupposti per affermare una responsabilità di stampo precontrattuale in capo alla S.A.P.NA. e non possono quindi essere tenuti in considerazione i criteri di quantificazione indicati alle pagine da 14 a 21 dell’appello principale.

6. Con un ulteriore motivo di appello la Hy. chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui il T.A.R. ha respinto la domanda finalizzata al pagamento dell’indennizzo di cui all’articolo 158 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (pari a circa 11,61 milioni di euro), comprensivo di rivalutazione e interessi.

6.1. Il motivo è infondato, dovendo trovare puntuale conferma la statuizione del primo giudice il quale ha rilevato che l’articolo 158 del previgente ‘Codice dei contratti pubblicì (al pari dell’articolo 176 del nuovo ‘Codicé) consente il rimborso degli oneri ivi contemplati soltanto nell’ipotesi – che non ricorre nel caso di specie – in cui un contratto di concessione effettivamente stipulato sia stato in seguito risolto per inadempimento del concedente ovvero nell’ipotesi – che parimenti non ricorre – in cui la concessione sia stata ‘revocatà per motivi di pubblico interesse.

Si osserva al riguardo che l’immissione in via anticipata nella gestione del sito non equivale alla stipula della concessione (in realtà, mai conclusa) e ciò perché l’immissione anticipata era limitata alla sola prosecuzione delle attività già svolte dal precedente gestore e non aveva ad oggetto le attività di realizzazione e gestione del nuovo impianto dedotte nella concessione (mai stipulata).

Né a conclusioni diverse può giungersi sul rilievo per cui, all’indomani del rilascio dell’A.I.A. da parte della Regione “[poteva] procedersi alla stipula della Convenzione di Concessione e darsi corso ai lavori di ampliamento progettati (?)” (ricorso in appello, pag. 22).

Non spetta alla Sezione stabilire se, a seguito del rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale regionale, potesse senz’altro procedersi alla stipula della concessione; ciò che è certo – tuttavia – è che la convenzione di concessione non sia stata in concreto stipulata, ragione per cui non può trovare accoglimento la pretesa alla corresponsione delle somme di cui all’articolo 158 del previgente ‘Codice dei contrattì, in assenza dei relativi presupposti legittimanti.

Per ragioni in tutto connesse a quelle appena esposte (mancata stipula della convenzione di concessione) neppure può essere accolto l’argomento secondo cui, a seguito della stipula del contratto, l’amministrazione non avrebbe potuto più esercitare il potere di revoca, potendo soltanto esercitare il diverso potere di recesso di cui all’articolo 134 del richiamato ‘Codicé.

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