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Siffatta affermazione è vera se si ha riguardo all’esercizio, da parte dell’amministrazione, del potere discrezionale di disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, in presenza di motivi di interesse pubblico che rendano anche solo inopportuna la prosecuzione del procedimento: in tale eventualità, non è prospettabile alcun affidamento dell’aggiudicatario provvisorio nell’aggiudicazione definitiva e quindi nella stipulazione del contratto, tutelabile a mezzo di risarcimento del danno, poiché l’agire dell’amministrazione è legittimo; né tutelabile anche solo col riconoscimento dell’indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, poiché l’aggiudicazione provvisoria non è atto amministrativo “ad effetti durevoli” come previsto da questa norma (cfr. Cons. Stato, V, 9 luglio 2015, 3453). Gran parte della giurisprudenza richiamata dall’appellante sull’instabilità del provvedimento di aggiudicazione provvisoria attiene ai profili anzidetti, nonché a quello connesso del rispetto delle garanzie partecipative (cfr. Cons. Stato, V, 9 luglio 2015, n. 3453; id., III, 28 febbraio 2014, n. 942; id., VI, 19 gennaio 2012, n. 195), che va escluso per la mancanza, appunto, di un legittimo affidamento dell’aggiudicatario provvisorio nella favorevole conclusione del procedimento amministrativo.
E però qui non si sta discorrendo del procedimento amministrativo nel quale si compendia la fase di scelta del contraente, sul versante pubblicistico, né è in discussione il risarcimento del danno direttamente derivato dal provvedimento di revoca assunto come illegittimo (già escluso dal primo giudice, e non più in contestazione). Trattasi piuttosto del risarcimento del danno derivato da (modalità e tempi di) conduzione della fase di formazione della volontà negoziale, secondo il contestuale procedimento negoziale regolato da norme di diritto privato.
In riferimento a questa fattispecie di responsabilità le posizioni dell’aggiudicatario provvisorio e dell’aggiudicatario definitivo si equivalgono quanto alla legittimazione attiva, potendo tutt’al più rilevare lo stadio di sviluppo del procedimento al fine di verificare la sussistenza del legittimo affidamento del privato nell’esito, a lui favorevole, della stipulazione del contratto.
3.4. Consegue a quanto sin qui detto che la sentenza impugnata non è viziata per aver riconosciuto tutela risarcitoria a soggetto non legittimato né per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Quanto a quest’ultimo profilo giova aggiungere che risulta dal ricorso proposto in primo grado che il Consorzio ha agito (in via subordinata al risarcimento in forma specifica) espressamente per il risarcimento del danno per equivalente ovvero, in alternativa, per il risarcimento del danno precontrattuale per violazione delle regole di correttezza e buona fede ex art. 1337 cod. civ. <>.
Sussistendo siffatta responsabilità precontrattuale del Comune di (omissis), non vizia certo la sentenza la non corretta qualificazione dell’azione data dal Tribunale, cui si è posto rimedio nella presente sede d’appello.
Né il vizio di extra-petizione sussiste perché il primo giudice ha ritenuto che l’aggiudicazione fosse provvisoria, anziché definitiva. Dato che ciò che rileva, ai fini della qualificazione dell’azione, sono i fatti posti a fondamento della domanda (causa petendi) e l’idoneità di questi fatti a determinare il riconoscimento del petitum risarcitorio, sussiste, per quanto detto sopra, la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante e il dispositivo di condanna è corretto in punto di an debeatur.
Vanno perciò rigettati i motivi dell’appello principale fin qui esaminati.
3.5. L’appello principale è, invece, fondato per la parte riferita al quantum debeatur.
Va precisato che, malgrado il danno da lucro cessante avrebbe potuto essere liquidato soltanto se l’aggiudicatario provvisorio avesse dimostrato di aver perso occasioni di guadagno alternative, la censura dell’appellante non si occupa specificamente della spettanza di tale voce di danno né della prova relativa, sicché sul punto si è formato un giudicato implicito.
Piuttosto, l’appellante critica il quantum del risarcimento, riferito dal T.A.R. al <> e stimato nella misura del 3% della base d’asta, oltre rivalutazione ed interessi.
Sebbene si tratti di liquidazione necessariamente equitativa e sebbene non risultino addotte specifiche ragioni di incongruità della percentuale del 3% individuata dal primo giudice, la liquidazione si presenta irragionevolmente eccessiva laddove commisura questa percentuale alla base d’asta, e non alla base d’asta ribassata (alla quale, d’altronde, ha fatto riferimento il Consorzio, in via principale, con la domanda introduttiva, pur nel presupposto di una maggiore percentuale di danno).
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