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2.2. L’altra eccezione, proposta dall’appellante principale, concerne un’asserita inammissibilità del ricorso in primo grado per difetto di legittimazione attiva dell’aggiudicataria provvisoria. A prescindere dal profilo di inammissibilità prospettato dal Consorzio appellato, per novità dell’eccezione (non avanzata in primo grado in questi stessi termini), essa è palesemente infondata sia per quanto appena detto a proposito della posizione di parte del rapporto sostanziale in capo all’aggiudicataria provvisoria -che, all’evidenza, è il soggetto legittimato a dolersi della revoca appunto del provvedimento di aggiudicazione, del quale è stata destinataria- sia per quanto si dirà a proposito della tutela risarcitoria accordata alla stessa aggiudicataria, pur se provvisoria.
3. Nel merito, l’appello principale è solo parzialmente fondato.
Va, in primo luogo, sgomberato il campo dal motivo col quale si sostiene la pregiudizialità necessaria della dichiarazione di illegittimità dell’atto amministrativo rispetto al riconoscimento della sussistenza di un danno risarcibile. L’assunto è infondato poiché nel caso di specie non è (più) in discussione il risarcimento del danno per l’atto di revoca della procedura di gara e dell’aggiudicazione provvisoria: accertata la legittimità della revoca, ne è seguito l’implicito rigetto dell’azione risarcitoria avanzata per il danno corrispondente, senza che il Consorzio abbia impugnato la statuizione esplicita di rigetto dell’azione impugnatoria e quella (implicita) di rigetto dell’azione risarcitoria per il danno che si assumeva essere derivato direttamente dalla revoca.
Piuttosto, è in discussione la domanda risarcitoria -pure avanzata dal Consorzio in primo grado, nei termini di cui si dirà- per il comportamento illecito tenuto dall’amministrazione nella conduzione del procedimento di gara per l’affidamento dei lavori pubblici. Trattasi di azione proponibile anche in via autonoma (arg. ex art. 30 e 133, lett. e), n. 1 c.p.a.), per la quale non rileva l’atto amministrativo -sia esso o meno contestualmente impugnato- bensì il comportamento tenuto dall’amministrazione, che si assume lesivo di posizioni di diritto soggettivo dei privati.
E’ oramai ripetuta, nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l’affermazione che anche in caso di revoca legittima degli atti di aggiudicazione di gara per sopravvenuta indisponibilità di risorse finanziarie può sussistere la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione che abbia tenuto un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza, inducendo le imprese concorrenti o aggiudicatarie a confidare nell’esito positivo del procedimento di gara (Cons. Stato, V, 1 febbraio 2013, n. 633; id., V, 6 maggio 2015, n. 2270; id., V, 5 maggio 2016, n. 1797).
3.1. Pure infondato, in punto di fatto, è il motivo col quale il Comune censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto colposa la condotta tenuta dalla stazione appaltante nella gestione del procedimento di gara.
Va premesso che, come meglio si dirà nel prosieguo, la responsabilità ascrivibile all’amministrazione è di natura precontrattuale, riconducibile perciò al disposto dell’art. 1337 cod. civ., sicché la valutazione della condotta va effettuata secondo il parametro normativo della buona fede.
In punto di fatto, non è nemmeno contestato dall’appellante che si sia registrato un considerevole ritardo nella fase della pubblicazione della lex specialis, dal momento che il Comune, pur avendo reso noto il bando sul sito web in data 8 aprile 2015, lo pubblicò sulla GURI solo in data 17 luglio 2015, senza che risulti alcuna ragione, non imputabile all’ente committente, di tale considerevole ritardo. Questo ritardo -che comportò il differimento del termine per la presentazione delle offerte al 31 agosto 2015- è rilevante perché era ben noto alla committenza che, in forza della convenzione stipulata con la Regione Campania in data 13 marzo 2015, i finanziamenti regionali sarebbero andati perduti se i lavori non fossero stati consegnati entro il 31 dicembre 2015 (in quanto erano ammesse a finanziamento solo le spese effettuate dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015). Ancora, era ovviamente nota al Comune la situazione dell’organico degli uffici comunali, quindi era conosciuto il numero dei dipendenti da adibire allo svolgimento delle operazioni di gara; perciò, l’asserita carenza di organico, anche ove esistente, non potrebbe costituire fatto idoneo ad escludere la responsabilità del Comune per aver completato le operazioni di gara in ritardo rispetto al termine utile per beneficiare dei finanziamenti regionali, essendo del tutto mancata anche solo la deduzione che detta carenza d’organico (nel provvedimento di revoca qualificata, anzi, come “perdurante”) fosse dovuta a fatti sopravvenuti ed imprevedibili. Nemmeno può rilevare che -così come assume l’appellante- non sarebbe, in astratto, patologico il tempo, di poco più di cinque mesi, impiegato per l’esame dei progetti e l’esame delle offerte economiche presentate da sei concorrenti: in presenza di un ritardo imputabile all’amministrazione nella fase iniziale del procedimento e del rischio elevato di perdere per scadenza dei termini finanziamenti regionali indispensabili (tanto che, una volta perduti, l’amministrazione è stata costretta al ritiro del progetto), un comportamento improntato a correttezza e buona fede nella fase di scelta del contraente avrebbe richiesto, quanto meno, l’adozione di misure organizzative interne, anche a carattere straordinario, idonee a completare per tempo il procedimento, rispettando l’affidamento riposto dai partecipanti nella tempestiva conclusione della gara.
A maggior ragione, il comportamento contrario a buona fede dell’amministrazione rileva se si considera l’altra ragione emersa dagli elementi documentali acquisiti al processo e posta a fondamento della revoca degli atti di gara (pur se non esplicitata nel provvedimento), riconducibile a carenze del progetto per anomalie e calcoli errati, comunque imputabili all’amministrazione appaltante.
Va perciò confermata la sentenza impugnata nella parte in cui ha accertato un comportamento scorretto del Comune nella gestione del procedimento di gara, conclusosi con la nota prot. n. 34220 del 28 dicembre 2015 di comunicazione dell’aggiudicazione al Consorzio qui appellato, confermata con determina del 31 dicembre 2015 di approvazione degli atti di gara, poi revocati con determina n. 289 del 7 marzo 2016, comunicata con la nota prot. 6356 dell’8 marzo 2016 (quindi a distanza di oltre due mesi dalla conferma dell’aggiudicazione provvisoria, come non manca di notare l’appellata).
3.2. Il Comune appellante sostiene che la sentenza sarebbe viziata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto il Consorzio avrebbe agito nel presupposto che detta aggiudicazione fosse definitiva e che la sua revoca avrebbe comportato responsabilità ex art. 1337 cod. civ. per la mancata stipulazione del contratto, mentre il Tribunale ha ritenuto che si sia trattato di aggiudicazione soltanto provvisoria e che la responsabilità della stazione appaltante sia da qualificarsi come responsabilità da “contatto qualificato” e sia riconducibile al disposto dell’art. 2043 cod. civ.
La censura di ultrapetizione è infondata, anche se la motivazione della sentenza va corretta, nei termini che seguono.
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