Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 4 dicembre 2017, n. 5707. È legittimo l’annullamento dell’aggiudicazione ad una società che non aveva dichiarato che il socio di maggioranza aveva avuto una condanna penale

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Ne è logico corollario che non può utilmente opporsi la considerazione per cui la dichiarazione riguarda il fatto del terzo, ed in particolare una sentenza di condanna emessa nei confronti del terzo non evincibile dal certificato del casellario giudiziale a richiesta dei privati. Invero l’art. 47, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000, in tema di dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà, precisa che la stessa può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui il dichiarante abbia diretta conoscenza (dichiarazione c.d. indiretta, per conto terzi). Tale dichiarazione “di quanto a diretta conoscenza” non costituisce una esclusione della responsabilità del dichiarante, il quale, al contrario, si assume le conseguenze ad essa riconnesse (Cons. Stato, III, 2 luglio 2014, n. 3325). Del resto, diversamente opinando, e dunque ponendo un limite di conoscibilità ritraibile dal solo certificato del casellario (di cui all’art. 24 del d.P.R. n. 313 del 2002), si determinerebbe un insanabile conflitto sistematico con la norma di cui all’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, la quale precisa che la dichiarazione sostitutiva deve indicare tutte le condanne penali, ivi comprese quelle per le quali si sia beneficiato della non menzione.
Si aggiunga ancora che, come evidenziato dalla sentenza appellata, l’omessa dichiarazione della condanna penale ha riguardato un soggetto, il socio di maggioranza, che continua a fare parte della società, e che, per di più, è legato al dichiarante da un vincolo di parentela, circostanze, queste, che indubbiamente rilevano ai fini della concreta conoscenza dei requisiti di ordine generale.
2. – Le considerazioni che precedono inducono a disattendere il secondo motivo di appello, con cui si deduce che, come ritenuto dalla stazione appaltante nel provvedimento in primo grado gravato, non sia ravvisabile una falsità della dichiarazione, quanto piuttosto un’omissione commessa in buona fede, incompatibile con l’applicazione del provvedimento di esclusione.
A parte il fatto che non può ritenersi vincolante la qualificazione della fattispecie effettuata dall’Amministrazione nel corredo motivazionale del provvedimento (che comunque ha ravvisato la violazione dell’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 38, comma 2), si è già rilevato come l’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006 attribuisca rilievo, ai fini dell’esclusione del concorrente, al mancato adempimento delle prescrizioni previste dal corpus normativo, senza guardare all’elemento soggettivo del concorrente, con la conseguenza che non occorre indugiare sulla configurabilità dell’omissione contenuta nella dichiarazione in termini anche di non veridicità.
3. – Il quarto ed il quinto motivo, da esaminare congiuntamente in quanto costituenti sviluppo argomentativo di un unico tema, deducono poi la violazione dell’art. 45, par. 2, lett. g, della direttiva 2004/17/UE, che condiziona l’effetto espulsivo dalla gara derivante dal rilascio di false dichiarazioni, anche relative a condanne per reati incidenti sulla moralità professionale, alla sola ipotesi di grave colpevolezza; il rilievo dell’elemento soggettivo del dichiarante si desumerebbe altresì dall’art. 38, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163 del 2006 ai fini dell’iscrizione nel casellario informatico detenuto dall’A.N.A.C.
I motivi, non propriamente “nuovi”, in quanto non introducenti una nuova causa petendi, sebbene non siano stati articolati in tali termini in primo grado, in ogni caso sono infondati, in quanto l’esclusione dalla gara come effetto della revoca dell’aggiudicazione è stata ritenuta legittima dalla sentenza appellata in ragione della specificità della fattispecie, in cui l’omessa dichiarazione riguardava un socio di maggioranza ancora attivo nella società, sì da potersi ritenere proporzionato il provvedimento.
Quanto all’omesso esercizio del potere di soccorso istruttorio, occorre rilevare che lo stesso non può operare a fronte di una dichiarazione mendace. Anche peraltro a voler prescindere da tale configurazione, occorre considerare che il soccorso istruttorio, di cui all’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, attiene alla fase della verifica delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti generali e speciali, e non anche alla fase della comprova della loro sussistenza a mente dell’art. 11, comma 8, dello stesso corpus legislativo.
4. – Il sesto motivo di appello allega poi che il giudice penale avrebbe avuto (ai sensi dell’art. 178 del r.d. n. 1398 del 1930) l’obbligo di procedere d’ufficio alla declaratoria di estinzione del reato alla scadenza del quinquennio dalla sentenza di condanna, e dunque dal 9 aprile 1979, circostanza, questa, che avrebbe fatto venire meno ogni obbligo dichiarativo ai fini della gara oggetto di controversia.
Il motivo è inammissibile, in quanto, ai sensi dell’art. 104, comma 1, Cod. proc. amm., non è ammessa la proposizione in appello di motivi nuovi di ricorso contro il provvedimento impugnato in primo grado. La disposizione in questione preclude di ampliare in appello l’oggetto della domanda giudiziale proposta in prima istanza sia quanto alla causa petendi (mediante la formulazione, come nel caso in esame, di censure nuove in appello) che al petitum (mediante la proposizione di richieste ulteriori rispetto a quelle cristallizzate nel gravame originario: in termini, tra le tante, Cons. Stato, III, 21 ottobre 2015, n. 4807; V, 6 novembre 2015, n. 5073).
5. – In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.
Sussistono peraltro, in relazione alla peculiarità della vicenda, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere, Estensore

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