Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 30 ottobre 2017, n. 4981. Non è motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell’esaminare la domanda, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste a sostegno delle conclusioni

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– il terzo motivo di appello (relativo alla domanda impugnatoria), quale conseguenza della ritenuta infondatezza dal secondo.

La ricorrente ha formulato istanza rescindente per omesso esame di un motivo di appello, costituente errore di fatto.

Secondo la ricorrente, con il primo motivo d’appello la decisione di primo grado era stata censurata nella parte in cui aveva esteso l’esame alle domande di merito formulate con il ricorso, senza attribuire adeguato rilievo alla circostanza che durante il giudizio le pretese sostanziali dei ricorrenti, sul riconoscimento ai fini retributivi assistenziali e previdenziali del servizio prestato per l’amministrazione comunale, erano state da questa soddisfatte con le deliberazioni Giunta comunale nn. 1011, 1429 e 2354 del 1996, così da determinare una cessazione della materia del contendere, da cui restava esclusa la pretesa di veder riconosciuto, ai fini assistenziali e previdenziali, il servizio prestato anteriormente al 1990 e soltanto per i periodi non formalmente coperti da convenzione.

La sentenza impugnata, pur dando atto di questa censura, avrebbe omesso di provvedere incorrendo in infrapetizione.

Si costituiva il Comune appellato chiedendo la reiezione del ricorso.

All’udienza pubblica del 28 settembre 2017 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile.

In primo luogo si deve rilevare che non tutta l’illustrazione svolta dal ricorrente in un giudizio di impugnazione costituisce motivo di ricorso.

Occorre, infatti, distinguere tra motivo di ricorso e argomentazione a sostegno del medesimo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 21).

Il motivo di ricorso identifica e delimita la domanda giudiziale: in relazione ad esso si pone l’obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, per cui il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi.

A spiegazione e sostegno del motivo, la parte può addurre le sue argomentazioni, vale a dire il ragionamento logico e giuridico che illustra le ragioni della censura. Ma siffatti ragionamenti non sono di loro idonei ad ampliare o restringere la censura, dunque la domanda.

Rispetto alle argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia del giudice, che è tenuto a motivare la decisione assunta con riferimento ai soli motivi di ricorso.

Pertanto, non è motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell’esaminare la domanda, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste a sostegno delle conclusioni.

Nel caso di specie, la sentenza di cui si chiede la revocazione non ha omesso l’esame di un motivo di ricorso: invece lo ha esaminato e respinto.

Infatti, con l’atto di appello iscritto al n. di RG 1714 del 2009, gli attuali ricorrenti affermano: “il ricorso di primo grado è stato proposto dai deducenti al fine di ottenere: – la declaratoria del diritto al trattamento economico loro dovuto quali dipendenti di fatto a tempo indeterminato dell’A.C. di Lecce per il periodo in cui lo stesso è stato sospeso con deliberazione G.M. n. 1352/92; – nonché per la declaratoria del loro diritto al trattamento assistenziale e previdenziale con riferimento al rapporto di pubblico impiego di fatto intercorso tra gli stessi e l’A.C. di Lecce anteriormente al 01/01/90; – quindi per l’annullamento delle deliberazioni commissariali del 1995 con cui all’atto della immissione in ruolo conseguente al superamento delle procedura indetta ex art. 16 DL n. 8/93 non erano stati riconosciuti tali emolumenti retributivi e previdenziali”.

“Da ciò”, proseguono gli attuali ricorrenti nell’atto di appello, “la evidente erroneità della sentenza gravata nella parte in cui limita la statuizione di improcedibilità del ricorso per intervenuta cessazione della materia del contendere alla data del 2/10/95 e non invece alla data del 5/10/95 e comunque nella parte in cui i primi giudici si spingono a valutare nel merito la domanda di accertamento, e quindi l’azione impugnatoria, relativa al periodo del rapporto di lavoro oggetto della sospensione di cui alla deliberazione GM n. 1352/92”.

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