Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 27 marzo 2018, n. 1915. La dichiarata esistenza di precedenti condanne penali passate in giudicato non determina automaticamente la esclusione dalla gara

La dichiarata esistenza di precedenti condanne penali passate in giudicato non determina automaticamente la esclusione dalla gara, essendo invece imprescindibile una puntuale valutazione da parte della stazione appaltante proprio della gravità del reato e della sua influenza sulla moralità professionale: tale valutazione è affidata alla più ampia discrezionalità tecnico – amministrativa della stazione appaltante, non richiedendosi un particolare onere motivazionale, essendo sufficiente che la stazione appaltante abbia acquisito tutti i dati utili, seguendo lo schema tracciato dalla legge per la verifica del requisito della moralità professionale.
La gravità del reato, cui si riferisce la condanna penale passata in giudicato dichiarata dal concorrente, deve essere valutata in relazione alla moralità professionale ed a tal fine assume importanza fondamentale l’oggetto stesso del contratto cui si riferisce la gara.
In definitiva la valutazione non va effettuata in astratto e relativamente al titolo del reato, ma tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, ivi compresi gli elementi tutti (soggettivi e oggettivi) della fattispecie che ha dato luogo al reato e dei fatti successivi, in relazione alla prestazione da affidare in gara.

Sentenza 27 marzo 2018, n. 1915
Data udienza 25 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 6106 del 2017, proposto da:
Tw. Co. Group S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. St., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo (…);
contro
Inail e Consip Spa, in persona dei legali rappresentanti pro-tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Lu. An. Ri. So. e Ri. D’Al., con domicilio eletto presso l’avvocato Lu. An. Ri. So. in Roma, via (…);
nei confronti
Er. & Yo. Fi. Bu. Ad. S.p.a. e Ansa – Agenzia Nazionale St. As. Soc. Coop., nelle persone dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Ra. Ti. e Fr. Sc., con domicilio eletto presso l’avvocato Ra. Ti. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II n. 7587/2017, resa tra le parti, concernente l’affidamento dei servizi web publishing redazionale e di supporto all’attività di media relation – risarcimento dei danni;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Inail, della Consip S.p.a., di Er. & Yo. Fi. Bu. Ad. S.p.a. e dell’Ansa – Agenzia Nazionale St. As. Soc. Coop.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2018 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Ru. in dichiarata delega dell’avvocato Fr. St., Lu. An. Ri. So. e Ra. Ti.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.La Tw. Co. Group S.p.A., in raggruppamento con Pr. Co. Ad. S.p.A., ha partecipato alla procedura aperta indetta da Consip per l’acquisizione di servizi web publishing redazionale e di supporto all’attività di media relation per l’Inail, all’esito della quale è risultato aggiudicatario definitivo il R.T.I. formato da Er. & Yo. Fi. Bu. Ad. S.p.A. ed Ansa – Agenzia Nazionale St. As., giusta comunicazione della Consip del 2 febbraio 2017.
Dopo l’aggiudicazione provvisoria, ed in particolare nello svolgimento dei controlli d’ufficio sulle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006, dalla visura storica del certificato della CCCIA della società Er. & Yo. Fi. Bu. Ad. S.p.A., l’amministrazione appaltante ha riscontrato l’acquisizione da parte di quest’ultima in data 16 dicembre 2015 l’acquisizione di un ramo d’azienda dalla Ke. St. S.r.l., non dichiarata, omissione in relazione alla quale Consip ha consentito il c.d. soccorso istruttorio “postumo”.
2. Il R.T.I. Tw. Co. Group S.p.A. con Pr. Co. Ad. S.p.A. ha impugnato tale aggiudicazione dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, lamentando: a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, co. 1, lett. c) del d.lgs. n 163 del 2006, della lex specialis di gara (paragrafo 2 lett. A) e dei principi di buon andamento e proporzionalità. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di diritto e di fatto; b) Violazione della lex specialis del disciplinare di gara: art. 2 (documenti e dichiarazioni da presentare) e allegato 1 (schema di dichiarazione). Violazione e falsa applicazione degli art. 38 co. 1 lett. c) e 46 del d.lgs. n 163 del 2006 e dei principi di buon andamento e proporzionalità. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di diritto e di fatto.
In prossimità della camera di consiglio del 22 marzo 2017 fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il R.T.I. ricorrente ha depositato una memoria, dolendosi della valutazione positiva dell’incidenza sulla moralità professionale del RTI aggiudicatario delle numerose condanne penali riportate dal rappresentante legale dell’ANSA (già oggetto del primo motivo), in relazione ad un ulteriore documento prodotto dall’amministrazione, ma non esibito in sede di accesso: tali argomentazioni sono state poi trasfuse nell’atto di motivi aggiunti, notificato via pec il 26 marzo 2017 e depositato lo stesso giorno.
3. Si sono costituiti in giudizio il raggruppamento aggiudicatario e le amministrazioni intimate, sostenendo l’infondatezza del ricorso e l’irricevibilità dei motivi aggiunti, al riguardo sottolineando che il provvedimento con questi ultimi impugnato era già noto, in quanto richiamato nei verbali relativi ai documenti ai quali aveva avuto accesso.
4. Con la sentenza segnata in epigrafe l’adito Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato.
Quanto al primo motivo ha rilevato che dagli atti prodotti in giudizio risultava che la commissione di gara aveva effettivamente valutato l’incidenza sulla “moralità professionale” del R.T.I. EY – ANSA delle numerose condanne penale passate in giudicato, relative agli anni 1997 – 2007 a carico del Presidente e legale rappresentante della mandante ANSA, considerandole irrilevanti ai fini della valutazione di moralità professionale del concorrente.
Quanto al secondo motivo, concernente l’omessa dichiarazione da parte del R.T.I. aggiudicatario dell’intervenuta acquisizione di un ramo d’azienda (omissione che secondo il R.T.I. ricorrente non avrebbe il soccorso istruttorio, ma avrebbe dovuto determinare l’esclusione dalla gara), il tribunale ha osservato che proprio gli articoli 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ter, del d.lgs. 163 del 2006, introdotti dal DL n. 90/2014 (art. 39), convertito con legge n. 114 del 2014, consentono la regolarizzazione in ogni ipotesi di «mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando, al disciplinare di gara», aggiungendo peraltro che tale sanatoria è pertanto applicabile a qualsiasi carenza, omissione o irregolarità, in relazione ai requisiti e condizioni di partecipazione, purché sussistenti alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta (non essendovi possibilità di acquisirli successivamente), con il solo limite intrinseco dell’inalterabilità del contenuto dell’offerta. Di qui, secondo il tribunale, la correttezza dell’operato dell’amministrazione appaltante non potendo ritenersi (in considerazione della finalità dell’istituto) precluso il soccorso istruttorio.
Quanto ai motivi aggiunti essi sono stati ritenuti irricevibili, in quanto notificati oltre il termine prescritto dall’art. 120, comma 5, del codice del processo amministrativo decorrente «dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto».
5. Con rituale atto di appello notificato il 18 agosto 2017 la Tw. Co. ha chiesto la riforma di tale sentenza, deducendo:
1.Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, co. 1, lett. c) del d.lgs. n. 163 del 2006, della lex specialis di gara (paragrafo 2 lett. A) e dei principi di buon andamento e proporzionalità. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di diritto e di fatto: a suo avviso l’elevato numero di condanne penali di cui era stato destinatario il Presidente dell’Ansa, precedenti che andavano valutati singolarmente quanto ai fatti contestati stante lo stesso oggetto della gara in questione riguardante proprio servizi di giornalismo, non ammetteva la valutazione positiva della moralità professionale del R.T.I. operata dall’amministrazione appaltante; ciò senza contare che quella inopinata valutazione era contenuta in un atto inammissibilmente sottratto all’accesso ai documenti, pur ritualmente esperito, così che erroneamente i motivi aggiunti, con cui tale atto, originariamente tenuto nascosto, era stato impugnato, erano stati dichiarati irricevibili; peraltro i motivi aggiunti proposti sulla valutazione di moralità non riguardavano neppure un provvedimento autonomo, ma solo una motivazione di un atto del procedimento indicato negli atti oggetto di ostensione nei suoi soli estremi, che non necessitava di un’impugnazione autonoma;
2.Violazione della lex specialis del disciplinare di gara: art. 2 (documenti e dichiarazioni da presentare) e allegato 1 (schema di dichiarazione). Violazione e falsa applicazione degli art. 38, co. 1, lett. c), e 46 del d.lgs. n 163 del 2006 e dei principi di buon andamento e proporzionalità. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di diritto e di fatto: secondo l’appellante, l’omessa dichiarazione da parte di E&Y dell’acquisizione nel 2015 del ramo di azienda della Ke. St. S.r.l. non poteva essere in alcun modo sanata con il soccorso istruttorio.
6. Si è costituita in giudizio la Consip S.p.A., contestando nel merito il contenuto dell’appello e chiedendone il rigetto.
Si è costituita altresì, con sola memoria formale, la Ernst & Young S.p.A.
Alla pubblica udienza del 25 gennaio 2018 la causa è passata in decisione.
7. L’appello è infondato e va respinto.
7.1. Con il primo motivo di gravame l’appellante, riproponendo sostanzialmente l’analoga censura formulata in primo grado, lamenta la violazione dell’art. 38, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 163 del 2006, sostenendo l’illegittimità della valutazione positiva della moralità professionale del RTI aggiudicatario, malgrado le numerose sentenze (34) penali di condanna del Presidente dell’Ansa, 33 delle quali 33 concernenti l’art. 596 bisdel codice penale, nella qualità di direttore responsabile di varie testate giornalistiche nazionali.
Il motivo è infondato.
7.1.1. Posto che non è contestata né la sussistenza delle 34 condanne penali a carico del Presidente dell’ANSA, né la loro effettiva e completa dichiarazione ai fini della partecipazione alla gara di cui si discute, giusta l’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, deve ricordarsi che tale norma stabilisce che non possono partecipare alle procedure di affidamento e stipulare contratti con la P.A. i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso un decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, “per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”: l’espressione “moralità” va riferita – per giurisprudenza costante – ad ogni reato commesso nell’esercizio di una attività professionale, da chiunque esercitata, con il solo limite della sua riconducibilità eziologica ad una attività in senso lato professionale, senza circoscriverne l’ambito al settore degli appalti pubblici.
La ricordata norma va considerata come presidio dell’interesse dell’Amministrazione a non contrarre obbligazioni con soggetti che non garantiscano adeguata moralità professionale: condizioni perché l’esclusione da un gara consegua alla condanna sono la gravità del reato e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale.
7.1.2. Come costantemente osservato dalla giurisprudenza, la dichiarata esistenza di precedenti condanne penali passate in giudicato non determina automaticamente la esclusione dalla gara, essendo invece imprescindibile una puntuale valutazione da parte della stazione appaltante proprio della gravità del reato e della sua influenza sulla moralità professionale: tale valutazione è affidata alla più ampia discrezionalità tecnico – amministrativa della stazione appaltante, non richiedendosi un particolare onere motivazionale, essendo sufficiente che la stazione appaltante abbia acquisito tutti i dati utili, seguendo lo schema tracciato dalla legge per la verifica del requisito della moralità professionale (Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 2017, n. 2727; 25 febbraio 2015, n. 927).
La gravità del reato, cui si riferisce la condanna penale passata in giudicato dichiarata dal concorrente, deve essere valutata in relazione alla moralità professionale ed a tal fine assume importanza fondamentale l’oggetto stesso del contratto cui si riferisce la gara (cfr. per tutte Cons. Stato, VI, 4 giugno 2010 n. 3560).
In definitiva la valutazione non va effettuata in astratto e relativamente al titolo del reato, ma tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, ivi compresi gli elementi tutti (soggettivi e oggettivi) della fattispecie che ha dato luogo al reato e dei fatti successivi, in relazione alla prestazione da affidare in gara.
7.1.3. Ciò posto con riferimento alla valutazione operata nel caso concreto dalla stazione appaltante si rileva che, come si ricava dalla nota di Consip prot. 695/SAD/S/2016 del 28 giugno 2016 (contenuta nei verbali di gara e conosciuta nei suoi contenuti dall’appellante tramite accesso), la non incidenza sulla moralità professionale delle dichiarate sentenze penali di condanne è stata ritenuta: a) in quanto «la maggioranza delle 34 condanne riguardano il reato di “omesso controllo” (punito, infatti, a titolo di colpa secondo l’art. 57 c.p.), ovverosia il non aver esercitato sul contenuto del periodico diretto dal responsabile il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione fossero commessi reati, mentre altre «riguardano la commissione del reato di diffamazione a mezzo stampa ex art. 595 bis c.p. ed una è relativa al reato di pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento penale ex art. 684 c.p.» ovvero illeciti che « non rientrano tra le fattispecie di reato in danno dello Stato tipizzate dall’art. 38, comma 1, lett. c), del D.lgs. n. 163/2006»; b) in quanto “i reati predetti rientrano nella categoria dei delitti contro l’onore disciplinati dal Capo II del titolo XII “Dei delitti contro la persona” del libro II del Codice penale e dunque non rientrano tra le fattispecie di reato in danno dello Stato tipizzate dall’art. 38 comma 1 lett. c) del D. Lgs. n. 163/06″, né “…risultano inclusi nell’elenco di quelli per i quali gli artt. 32 ter e quater c.p. prevedono la pena dell’incapacità a contrarre con la Pubblica Amministrazione”.
Nella predetta nota la stazione appaltante ha anche evidenziato che 33 delle condanne irrogate al direttore responsabile costituivano una sorta di “responsabilità oggettiva” secondo parte della dottrina, perché non vi sarebbe stato il coinvolgimento soggettivo del direttore con conseguente assenza di una concreta volontà di offendere; inoltre per le predette condanne, che peraltro si riferivano ad un lungo arco temporale, erano state irrogate sanzioni minime; infine le funzioni attualmente ricoperte all’interno dell’ANSA non erano direttamente ricollegabile o equiparabili a quelle di direttore responsabile, avendo l’interessato funzioni di Presidente del consiglio di amministrazione, non coinvolte direttamente nell’attività oggetto della gara.
7.1.4. Da tanto consegue l’infondatezza della censura in esame, non potendosi negare che le precedenti condanne penali passate in giudicato sono state tutte dichiarate e che le stesse sono state valutate e considerate non rilevanti ai fini della moralità professionali, all’esito di un motivato apprezzamento che costituisce espressione di ampia discrezionalità, come tale insindacabile dal giudice amministrativo, salva l’ipotesi di manifesta illogicità, irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento di fatto che non è dato ravvisare nel caso di specie.
7.1.5. L’infondatezza di tale censura rende poi irrilevante anche ogni questione in ordine alla pretesa erroneità della irricevibilità dei motivi aggiunti, che concernevano proprio la valutazione negativa dei precedenti penali sulla moralità professionali,
7.2. Altrettanto infondata è la seconda censura riguardante l’omessa dichiarazione dell’acquisizione nel 2015 da parte della E&Y della Ke. St. S.r.l., omissione che, secondo l’appellante, avrebbe dovuto comportare l’esclusione dalla gara del RTI aggiudicatario, non essendo ammissibile il soccorso istruttorio consentito invece dalla stazione appaltante.
In realtà il giudice di primo grado ha correttamente fatto menzione del bando di gara che al paragrafo 17.1 stabiliva espressamente l’applicabilità alla procedura dell’art. 38, comma 2 bis, del d.lgs 163 del 2006, cosi come introdotto dal d. l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, per cui la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale concernente gli elementi e le dichiarazioni di cui all’art. 38 comma 2, nonché gli elementi e le dichiarazioni anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla normative ed alla legge di gara non avrebbe comportato l’esclusione dalla gara, ma l’obbligo di pagamento, nei confronti della Consip, da parte del concorrente che vi aveva dato causa, della sanzione pecuniaria pari a €. 50.000,00; nonché le conseguenze previste dal medesimo art. 38 comma 2 bis e l’assegnazione al concorrente di un termine non superiore a dieci giorni, per integrare o regolarizzare le dichiarazioni suddette, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere, con la sanzione espulsiva nel caso di perdurante omissione.
Orbene tale previsione è contenuta e ribadita anche dal disciplinare di gara, con la specificazione delle modalità di applicazione.
Alla stregua di tali incontestate prescrizioni il comportamento della stazione appaltante, che ha ammesso al soccorso istruttorio il RTI aggiudicatario provvisorio del quale era stata accertata la mancata dichiarazione dell’acquisizione di un ramo d’azienda (con conseguenziale omessa dichiarazioni ex art. 38 dei soggetti titolari di cariche dell’azienda ceduta), risulta corretto e puntualmente applicativo dell’art. 38, comma 2 bis, del d.lgs. 163 del 2006, ossia della modificazione normativa risultante dalla legge n. 114 del 2014 prima richiamata, la quale consente la regolarizzazione in ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge ed alle norme di gara: ne discende che l’esclusione dalla procedura ad evidenza pubblica è consentita solo nel caso di inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, dell’obbligo di integrazione documentale ovvero nel caso di difetto sostanziale del requisito richiesta dalla lex specialis.
Del resto non può sottacersi che, avendo il RTI concorrente e già dichiarato aggiudicatario provvisorio provveduto puntualmente e tempestivamente ad effettuare tutte le altre dichiarazioni ex art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006, l’omissione riscontrata deve essere qualificata alla stregua di una dichiarazione incompleta e non mancante o inesistente, ben potendo essere la stessa regolarizzata proprio nell’ambito dell’attuazione della ratio del comma 2 bis dell’art. 38; va poi aggiunto che nessun impedimento è emerso a carico del raggruppamento a seguito dell’integrazione della dichiarazione per effetto del soccorso istruttorio, essendo così pienamente realizzato lo spirito della modifica legislativo cioè evitare l’esclusione dalla gara di soggetti o concorrente, in questo caso addirittura aggiudicatari provvisori, per effetto di meri vizi formali.
Nel caso di specie Consip ha agito legittimamente, consentendo a Ernst & Young di regolarizzare le dichiarazioni carenti, regolarizzazione che, con l’acquisizione dei certificati del casellario giudiziale dei soggetti indicati nella dichiarazione integrativa della mandataria E&Y quali cessati per effetto della detta operazione societaria, ne ha accertato l’assenza di condanne penali o di altri pregiudizi.
Infine deve essere ribadita l’infondatezza del rilievo concernente l’illegittimità dell’esercizio del soccorso istruttorio successivamente all’aggiudicazione provvisoria.
In sede di gara pubblica, se è vero che le irregolarità formali sono sempre sanabili, non può nondimeno sostenersi che l’art. 38, comma 2 bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 sia espressione di un principio per il quale la sostanza prevale sempre sulla forma, atteso che i difetti di forma (quelli essenziali) devono essere sempre emendati prima dell’aggiudicazione; ed invero, si tratta di irregolarità che pretendono e necessitano di una sanatoria obbligatoria, in ciò differenziandosi dalle mere irregolarità contemplate dall’art. 21 octies l. 7 agosto 1990, n. 241, con la conseguente inapplicabilità nei giudizi sulle procedure di appalto della regola della « non annullabilità » del provvedimento irregolare, sulla quale si fonda il citato art. 21-octies.
Le procedure concorsuali, seppure finalizzate alla scelta della migliore offerta o del miglior candidato, operano all’interno di un quadro di regole poste a garanzia della leale e trasparente competizione, che devono essere rispettate nei limiti in cui ragionevolmente assolvano alla funzione di dirigere la competizione verso il risultato finale, e non si risolvano piuttosto in mere prescrizioni formali prive di aggancio funzionale o in meri ostacoli burocratici da superare. È la competizione il discrimenrispetto alla generale ipotesi di cui all’art. 21 octies, ed essa giustifica l’esigenza del rispetto di regole di ingaggio certe e ragionevoli, pur se formali, ossia concernenti la produzione di documenti entro un certo termine a prescindere dai contenuti degli stessi.
Ora l’art. 38-bis, finalizzato all’obiettivo di consentire la scelta della migliore offerta, ha attenuato il rigore sanzionatorio delle regole formali di gara, imponendo all’amministrazione, ove sia rilevato una irregolarità comunque “essenziale”, di accettare la regolarizzazione in luogo dell’esclusione, sempre che ciò avvenga in un termine dato ed inderogabile, poiché tali irregolarità necessitano di un’obbligatoria sanatoria, in ciò differenziandosi dalle mere irregolarità contemplate dall’art. 21-octies della legge generale sul procedimento ed impedendo così la traslazione totale nei giudizi sulle procedure d’appalto, della regola della “non annullabilità” del provvedimento irregolare, sulla quale pacificamente poggia l’art. 21-octies (Cons. St., sez. III, 2 marzo 2017, n. 975).
8. Per le considerazioni finora esposte l’appello deve essere respinto.
Le spese di giudizio possono essere compensate, alla luce della peculiarità della fattispecie.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere

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