Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 6 novembre 2017, n. 5108. Sono da considerare interventi di nuova costruzione anche le installazioni di prefabbricati che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee.

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17. Il prefabbricato, inoltre, non sarebbe stato suscettibile di alcuna sanatoria in quanto realizzato in una zona rurale, sottozona E3, in superamento dei limiti consentiti per i fabbricati residenziali dagli artt. 3, 4, e 5 della legge regionale del Veneto n. 24 del 1985 ed in un’area gravata da un valido vincolo di rispetto fluviale.

18. E neppure le osservazioni dell’appellante alla Variante sopra richiamata avrebbero consentito la sanatoria posto che le stesse sono state solo presentate e non approvate e che una sanatoria (anche in un mutato quadro urbanistico) non sarebbe stata possibile mancando il requisito della doppia conformità imposto dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 e sussistendo il vincolo ambientale di rispetto fluviale.

19. Con riferimento a quest’ultimo aspetto va poi rilevata la palese infondatezza del quarto motivo di gravame, tenuto conto che anche un prefabbricato provvisorio necessita, come sopra evidenziato, di un titolo edilizio e dell’autorizzazione ambientale connessa all’esistente vincolo; del pari irrilevante, ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione, è che lo stesso non sia stato preceduto da una contestazione specifica in ordine alla presenza di vincoli, tanto in ragione della sua natura interamente vincolata nell’ottica di una tutela reale pienamente ripristinatoria dell’ordinato assetto del territorio (cfr. da ultimo Cons. Stato, Ad. plen., n. 9 del 2017).

20. Di conseguenza, va anche ritenuta infondata la domanda di risarcimento del danno (introdotta con l’ultimo mezzo di gravame), a prescindere dalla sua inammissibilità in quanto non proposta in primo grado.

21. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e per l’effetto va confermata la sentenza impugnata.

22. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.

23. Il Collegio rileva, inoltre, che la reiezione dell’appello si fonda, come dianzi illustrato, su ragioni manifeste in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 1, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, n. 2200 del 2016, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria).

24. La condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, nr. 208.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore del comune di (omissis) nella misura complessiva di euro 5.000,00(cinquemila/00), oltre gli oneri accessori come per legge.

Condanna altresì l’appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 1, c.p.a., al pagamento dell’ulteriore somma di euro 1.000,00 (mille/00) in favore del comune di (omissis).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli – Presidente

Giuseppe Castiglia – Consigliere

Luca Lamberti – Consigliere

Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore

Giuseppa Carluccio – Consigliere

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