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La norma in questione dispone l’acquisizione alla mano pubblica delle opere abusive in alternativa alla demolizione a patto che le stesse siano utilizzate a fini pubblici.
Un simile utilizzo è accertato dalla sentenza n. n. 307/1989, che, nel respingere la censura di sviamento di potere, si è pronunciata in concreto sul vizio dedotto dai ricorrenti e non, invece, come sostiene il primo giudice, in astratto, ossia sulla mera fattispecie giuridica.
Infatti, la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. IV, 16-02-1987, n. 89) ha, da sempre, chiarito che nel procedimento inteso all’acquisizione gratuita di opere edilizie abusive al patrimonio indisponibile del comune, ai sensi dell’art. 15 l. 28 gennaio 1977, n. 10, la verifica della mancanza di contrasto dell’opera con gli interessi urbanistici o ambientali e della utilizzabilità per fini pubblici dell’opera abusiva costituisce momento prioritario rispetto all’acquisizione e, in mancanza di tale condizione, dovrà procedersi alla demolizione del manufatto a spese del suo costruttore.
Il carattere prioritario dell’accertamento dell’utilizzo per fini pubblici rispetto all’adozione dell’ordinanza sindacale di acquisizione del bene e l’inoppugnabilità della stessa in ragione della pronuncia definitiva adottata dal TAR sullo specifico vizio in questione escludono la possibilità di sindacare ulteriormente che il bene sia stato utilizzato per fini pubblici.
Sotto questo profilo risulta del tutto irrilevante la contestazione degli originari ricorrenti in ordine all’assenza di una destinazione a fini pubblici del bene da parte dell’amministrazione, dal momento che il profilo dell’utilizzo per fini pubblici si è consolidato una volta per tutte a seguito del detto accertamento giurisdizionale e non può essere a distanza di quasi trent’anni essere rimesso in discussione dagli odierni appellati.
A ciò deve aggiungersi in ogni caso che le opere in questione sono stata effettivamente destinate a fini pubblici, dal momento che le dette abitazioni sono rimaste nella disponibilità degli inquilini che le abitavano, ossia hanno mantenuto quella destinazione ad edilizia residenziale pubblica che era già stata individuata quale utilizzo delle stesse da parte del TAR per la Campania con la pronuncia del 1989.
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